martedì 11 novembre 2014

#unamoredilibro Semplicità e passione, così si insegna a leggere davvero


di Paolo Di Stefano


Si dice che bisognerebbe far di tutto per innalzare il tasso della lettura in Italia. Si fa pochissimo, ma qualcosa si fa: per esempio, le Giornate della lettura (Libriamoci) volute dal ministero dei Beni culturali e dal ministero dell’Istruzione, per comunicare il piacere del leggere. Un’iniziativa cui il Canale Scuola del Corriere ha dato il suo contributo, aprendo l’hashtag #unamoredilibro per chi volesse segnalare il suo libro preferito. 
Si trattava semplicemente di leggere ai giovani dei brani ad alta voce, senza immagini, senza schermi, senza musiche, in silenzio, affidati solo alle corde vocali di scrittori, insegnanti, giornalisti, attori, cantanti, persino ministri. Il commento, eventualmente, veniva dopo. Ma non un commento scolastico: un commento sentimentale, perché si voleva trasmettere un’emozione, semplicemente , l’emozione che ispira un’opera amata, e dire le ragioni di questo amore. 

Mi è capitato di leggere in due aule magne di Milano stracolme una celebre pagina della Cognizione del dolore di Carlo Emilio Gadda, non un autore facile. Una vecchia madre vaga in solitudine nella casa ripensando al figlio morto e cercando i resti di una vita negli oggetti, nei muri. Non una lettura allegra. Poi qualche poesia (Montale, Saba...) e magari un paio di pagine da Pinocchio: la fuga del burattino dal Gatto e dalla Volpe, che sembra la sequenza rocambolesca di un film d’azione. Insomma, cose semplici , niente di speciale si direbbe, se non fosse stata invece la scoperta banale di un meccanismo-base, la parola detta e l’ascolto, senza mediazioni. 

Noi adulti spesso, pensando ai più giovani, immaginiamo masse ottuse distratte da tutto, con le cuffie nelle orecchie e gli occhi fissi sui tablet. Ma alla fine, davanti a quei ragazzi pensavo: com’è facile, in fondo, richiamarli all’attenzione, all’ascolto, senza esercizi ermeneutici, scomposizioni strutturali, analisi, comunicando una passione autentica, se c’è, che si incrocia con la vita. 
Certo, questa passione deve esserci: nella comunicazione con i ragazzi la passione è (quasi) tutto, purtroppo. Dico purtroppo perché la passione non te la puoi inventare. Gli insegnanti, a differenza di altri professionisti, sono pressoché obbligati ad averla, la passione, un sentimento contagioso come il suo contrario, la noia e l’obbligo. Ma la domanda è: gli insegnanti sono a loro volta lettori entusiasti, al punto da riuscire ad accendere il desiderio irresistibile di leggere? Per non dire dei genitori... 

Si sarà notato che ho usato spesso l’aggettivo «semplice» e l’avverbio «semplicemente». Forse, per restituire ai ragazzi il piacere di leggere, bisognerebbe tornare, sin dall’infanzia, a questa azione primitiva, originaria, che è stata per secoli una delle pratiche più intense e più affascinanti per l’essere umano: il racconto a voce alta, i genitori ai figli, gli insegnanti (e non solo loro) agli studenti. È veramente impossibile che qualcuno (padre, madre, docente) imponga il piacere del leggere senza provarne piacere egli stesso. E ci si chiede, guardando negli occhi questi ragazzi, come faccia una società a promuovere la lettura se gli adulti la considerano l’ultima delle attività degne di attenzione. Basti pensare che non esiste in Italia una politica di promozione del libro e che in un mondo dominato dalla pubblicità non è mai stato elaborato un messaggio in grado di trasmettere l’idea del leggere come piacere profondo, ricco, indispensabile per la vita. 


Mi diceva un’insegnante di italiano: «Sa, questi ragazzi anche volendo non hanno tempo di leggere, perché tornano a casa e devono mettersi a studiare per il giorno dopo». Verrebbe voglia di invitare gli studenti alla ribellione. Al motto: studiare meno, leggere di più. 

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.