lunedì 31 marzo 2014

Accanto a Giovanni Paolo II

Lunedì 14 aprile, alle ore 20.45, presso il Teatro Faes di via Amadeo 11, verrà presentato il libro "Accanto a Giovanni Paolo II" - Gli amici & i collaboratori raccontano.

Interverranno l'autore del libro Wlodzimierz Redzioch, Mons. Luigi Negri, arcivescovo di Ferrara e presidente della Fondazione Giovanni Paolo II, Aldo Maria Valli, vaticanista del TG1.
Modererà la serata Marco Tarquinio, direttore di Avvenire.


Il volume riunisce 22 contributi forniti da altrettanti amici e/o stretti collaboratori di Papa Wojtyla nell’occasione della sua canonizzazione fissata da Papa Francesco il prossimo 27 aprile. 

La vita, il pensiero, il programma e i sogni di Karol Wojtyla affiorano qui attraverso i ricordi partecipati e, spesso, commossi del vissuto quotidiano accanto al Pontefice. Il risultato è un ritratto a più mani, quanto mai vivo, variopinto e particolareggiato, assolutamente fedele e completo di Karol Wojtyla, l’uomo, il Papa, il Santo.

40 anni Faes... il nuovo logo!



Il logo vincitore del concorso indetto per il 40esimo anniversario del Faes è stato realizzato da educatrici, genitori e bimbi di una classe della scuola Aurora. Ecco di seguito il concept pensato da tutto il team!


Il lavoro, autonomamente intrapreso da un gruppo di genitori e condiviso con il resto della classe, evidenzia i concetti appresi dall’esperienza acquisita negli anni al Faes, e anche l’esperienza auspicata per il futuro.

Il punto di partenza è stato estrarre parole e concetti chiave in una seduta comune di brainstorming, dalla quale sono emerse non soltanto le ragioni di apprezzamento e fiducia per il percorso formativo e per il metodo, ma anche le ragioni di scelta e differenzianti dell’educazione Faes per le famiglie nel loro complesso.

L’unicità dell’esperienza formativa è stata la prima motivazione, che ha generato un confronto sul tema del rapporto tra individualismo e individualità, dove il primo risulta generato dall’eccesso di competitività mentre il secondo da un’educazione su misura e identitaria, che rispetta ed evolve le caratteristiche peculiari dell’individuo, orientandolo.

La seconda motivazione è stata la consapevolezza della reciprocità della relazione formativa, tra figli, genitori e scuola, in una triangolazione positiva e rispettosa dei ruoli.
Le famiglie del Faes, insieme con il Faes, crescono insieme da quarant’anni. E sommano talenti e individualità con la necessità di costruire percorsi comuni.

Il brainstorming ha portato a elaborare una mappa, che riportava i concetti primari discussi e condivisi, da cui è nata la proposta del logotipo.

Identità, unicità, e crescere insieme. Il Dna, le impronte digitali, le mani e i piedi, in un cammino comune. Nella discussione si è evoluto un concetto del “fare e del procedere insieme” che - simbolicamente - abbiamo pensato di rappresentare con impronte di mani. 


Per rendere davvero il lavoro di gruppo un percorso di condivisione, durante una riunione di famiglie della classe sono state raccolte impronte di mani e di piedi dei bimbi e dei genitori, insieme su una striscia di carta e con molti colori.

Oltre alle mani, l’albero è stato percepito da tutti come elemento di continuità dell’immagine del Faes, e al tempo stesso, come simbolo di innovazione e di “rinnovo” continuo.

Da questi due elementi, dal lavoro di “messa in comune” delle impronte e dall’idea di continuità proposta dall’albero, è nato il nuovo logo.

martedì 25 marzo 2014

La pallavolo ed il networking: un gioco da prendere sul serio


Le ragazze della Monforte sono iscritte con tre squadre al torneo di pallavolo dei Giochi sportivi interscolastici di Zona 3 che si stanno svolgendo presso il centro sportivo Crespi di via Valvassori Peroni.
La prima secondaria si è già qualificata con due squadre per le finali che si terranno venerdì 4 aprile, mentre la seconda secondaria "scenderà in campo" martedì 1 aprile per la prima fase.
Sono diversi gli aspetti educativi di questo splendido sport... La pallavolo racchiude infatti in se tutti gli elementi del perfetto networking: il passaggio (se vuoi vincere devi condividere), il campo stretto (il valore della condivisione) e il rimettersi sempre in gioco (vinto un set si ricomincia da capo).

Per tutti questi motivi pubblichiamo questa bellissima lettera scritta dal Commissario tecnico della Nazionale italiana di pallavolo ai genitori di giovani ragazzi e ragazze che amano questo sport.
"Cari genitori,
mi rivolgo a voi in quanto esseri adulti, razionali e con la testa ben piantata sulle spalle. Preferisco essere proprio io a dirvelo, con cognizione di causa e prima che lo scopriate sulla vostra pelle: la pallavolo è lo sport più pericoloso che esista.
Vi hanno ingannato per anni con la storia della rete, della mancanza di contatto fisico, del fair play. Ci siamo cascati tutti, io per primo, il rischio è molto più profondo subdolo. Prima di tutto questa cosa del passaggio…In un mondo dove il campione è colui che risolve le partite da solo, la pallavolo, cosa si inventa? Se uno ferma la palla o cerca di controllarla toccandola due volte consecutivamente, l’arbitro fischia il fallo e gliavversari fanno il punto. Diabolico ed antistorico: il passaggio come gesto obbligatorio per regolamento in un mondo che insegna a tenersi strette le proprie cose, i propri privilegi, i propri sogni, i propri obiettivi. Poi quella antipatica necessità di muoversi in tanti in uno spazio molto piccolo. Anzi lo spazio più piccolo di tutti gli sport di squadra! 81 metri quadrati appena… Accidenti, ci mettiamo tanto ad insegnare ai nostri figli di girare al largo da certa gentaglia, a cibarsi di individualismo (perché è risaputo che chi fa da sé fa per tre), a tenersi distanti da quelli un po’ troppo diversi e poi li vediamo tutti ammassati in pochi metri quadrati, a dover muoversi in maniera dannatamente sincronica, rispettando ruoli precisi, addirittura (orrore) scambiandosi ‘cinque’ in continuazione.
Non c’è nessuno che può schiacciare se non c’è un altro che alza, nessuno che può alzare se non c’è un altro che ha ricevuto la battuta avversaria. Una fastidiosa interdipendenza che tanto è fondamentale per lo sviluppo del gioco che rappresenta una perfetta antitesi del concetto con cui noi siamo cresciuti e che si fondava sulla legge: ‘La palla è mia e qui non gioca più nessuno’. Infine ci si mette anche il punteggio e il suo continuo riazzeramento alla fine di ogni set. Ovvero, pensateci: hai fatto tutto benissimo e hai vinto il primo set? Devi ricominciare da capo nel secondo. Devi ritrovare energia, motivazioni, qualità tecniche e morali. Quello che hai fatto prima (anche se era perfetto) non basta più, devi rimetterlo in gioco. Viceversa, hai perso il set precedente? Hai una nuova oggettiva opportunità di ricominciare da capo. Assolutamente inaccettabile per noi adulti che lottiamo per tutta la vita per costruire la nostra zona di comfort dalla quale, una volta che ci caschiamo dentro, guai al mondo di pensare di uscire. Insomma questa pallavolo dove la squadra conta cento volte più del singolo, dove i propri sogni individuali non possono che essere realizzati attraverso la squadra, dove sei chiamato a rimettere in gioco sempre ed inevitabilmente quello che hai fatto, diciamocelo chiaramente, è uno sport da sovversivi! Potrebbe far crescere migliaia di ragazzi e ragazze che credono nella forza e nella bellezza della squadra, del collettivo e della comunità. Non vorrete correre questo rischio, vero? Anche perché, vi avviso, se deciderete di farlo… non tornerete più indietro."

Mauro Berruto, Commissario Tecnico della nazionale maschile di pallavolo

lunedì 24 marzo 2014

Argonne e Monforte alla finale regionale dei giochi sportivi studenteschi di scacchi


di Francesco Carvelli



Il prossimo 10 aprile, presso l'Istituto Maria Consolatrice di Milano, si disputerà la fase regionale dei giochi sportivi studenteschi di scacchi.
Le scuole FAES si son qualificate, dopo aver superato la fase provinciale, con tre squadre di tre livelli scolastici diversi: le ragazze delle primarie Monforte, le ragazze delle secondarie Monforte, i ragazzi delle secondarie Argonne.

Si tratta di un risultato che ci rende orgogliosi, anche perché non si tratta di un episodio isolato: negli ultimi anni abbiamo partecipato, con le nostre ragazze e i nostri ragazzi a quattro finali nazionali, e per il presente anno scolastico abbiamo grandi aspettative.

Il fenomeno può apparire sorprendente se si pensa che nella nostra scuola non esiste un corso di scacchi frequentato da ragazzi ben motivati, che già sanno giocare e che vogliono specializzarsi per l'agonismo. Nella nostra scuola l'insegnamento degli scacchi è indirizzato a tutti i ragazzi, anche a quelli poco portati o per niente motivati. Si tratta di un atto di fiducia nelle potenzialità formative degli scacchi, che vengono quindi usati come strumento didattico, per raggiungere gli obiettivi culturali ed educativi propri della scuola.

Il nostro metodo d'insegnamento e i contenuti offerti ai ragazzi sono differenziati per livello di età e, parzialmente, per differenza di sesso. Si tratta di un metodo basato sul vedere, ripetere, capire, ricordare e applicare. Le lezioni e gli esercizi sono stati acquistati e adattati dalle migliori scuole di scacchi d'Europa e di America.

Usiamo parecchio la tecnologia del proiettore usato in modalità LIM, che permette ai ragazzini di eseguire gli esercizi direttamente sulla lavagna interattiva.

Un altro strumento fondamentale è costituito dai tornei interni (obbligatori)  e dai tornei mensili,  aperti a tutte le scuole di Milano e provincia. Questi tornei permettono agli alunni di fissare e rendere attive le conoscenze acquisite, di migliorare la capacità di reagire stando sotto stress, di apprezzare le doti dell'avversario, che, mentre ci sfida, ci insegna a pensare e a comportarci nel modo più giusto.

Chi abbiamo in mente mentre prepariamo le lezioni? Il nostro target sono ragazzini di capacità nella norma, incontrati una sola volta alla settimana nell'intero gruppo classe.
Il nostro obiettivo è agganciare l'interesse di tutti gli alunni, rendere tutti loro capaci di crescere nella disciplina degli scacchi e nella disciplina in generale.

Le ragazze e i ragazzi promossi  alla fase regionale sono i seguenti.

Primarie Monforte (migliori classificate della provincia di Milano):
  • Spagnol Alice
  • Bornia Cecilia
  • Tettamanti Giulia
  • Lagro Lidia
  • Visigalli Chiara
  • Kalinic Eleonora


Secondarie Monforte (classificate seconde nella provincia di Milano e per il secondo anno qualificate alla finale):
  • Arciello Chiara Luna
  • Tassan Alessandra
  • Restione Nicoletta
  • Alberti Cecilia
  • Dell'Avalle Ludovica
  • Alfaroli Liliana


Secondarie Argonne (da notare come siano tutti di prima media, quindi piccolini, pur avendo già partecipato alla fase nazionale lo scorso anno):
  • Fontana Marco
  • Consogno Marco
  • Giorgino Alessandro
  • Gola Marco
  • Montanelli Oleg
  • Zanardi Paolo







venerdì 21 marzo 2014

Per le giovani mamme: giovedì pomeriggio a tema in Aurora


La Scuola Aurora – Asilo nido e Scuola dell’Infanzia-  in occasione degli Open Day del giovedì pomeriggio dalle 16.00 alle 18.00, ha organizzato un ciclo di incontri a tema tenuti da esperti pediatri, pedagogisti, ostetriche, psicologi…

Si tratta di una doppia opportunità per i genitori:
ricevere informazioni e consigli condividendo esperienze con altri genitori
visitare una scuola dell’infanzia e un nido di eccellenza.

I primi  due incontri  programmati saranno tenuti dalla Dott. Maria Colombo Zanvit, pediatra:
giovedì 27 marzo: "Le più comuni malattie infettive"
giovedì 10 aprile: "La febbre  nel neonato e nel bambino"



giovedì 20 marzo 2014

Bambole per le bambine e trenini per i maschietti. O no?

In vista della serata di lunedì 31 marzo, in cui sarà relatore insieme a Lucia Calvo presso il Teatro Faes di via Visconti d'Aragona, proponiamo questa intervista allo psicologo e psicoterapeuta Marco Scicchitano, autore insieme a Tonino Cantelmi di “Educare al femminile e al maschile” (Ed. Paoline). In particolare gli si chiede: i giocattoli sono in grado di veicolare stereotipi sessisti tra maschi e femmine così da fomentare “discriminazioni di genere”?


di Chiara Santomiero

Cosa è maschile e femminile? quanto c'è di innato o di indotto dall'educazione?
Rispetto allo stabilire quanto ci sia di innato o indirizzato dall’educazione, è molto importante stare ai fatti. I dati semplici e riscontrabili da chiunque sono che i sessi sono due: maschile e femminile. Già intorno al secondo mese il bambino nella pancia della mamma vive percorsi di crescita e sviluppo neurofisiologico differenti in base al sesso. Nei maschi avviene un cambiamento radicale della struttura cerebrale mediante sostanze chimiche come il testosterone e un ormone detto MIS (sostanza di inibizione mulleriana). Tali mutamenti favoriscono la crescita e “mascolinizzazione” dei circuiti neurologici deputati al comportamento sessuale, al comportamento esplorativo ai movimenti muscolari per gli scontri fisici. Questo dato ci mostra come esista incontrovertibilmente una differenza preordinata a qualsiasi possibile influenza sociale o ambientale. Evidentemente nel corso dello sviluppo le interazioni ambientali assumono una importanza cruciale ed estremamente significativa ed un punto fondamentale da ricordare è che le variabilità individuali sono elevatissime all’interno di un insieme di persone, per cui non abbiamo nessun problema a riconoscere che ci possono essere maschi poco attratti dal sesso, caratterialmente miti e non aggressivi, così come donne competitive ed esplorative. La persona umana è sempre talmente ricca e profonda che deve essere riconosciuta anzitutto come individuo con risorse e caratteristiche proprie ed uniche. Tuttavia, essendoci delle costanti riconoscibili, documentate che caratterizzano il maschile e il femminile, è utile stabilire quali sono e come possono essere valorizzate. L’educazione ha un valore essenziale in questo processo e, secondo il nostro avviso, dovrebbe affermare che l’uguaglianza tra i sessi è possibile, anzi, auspicabile, all’interno di una concezione antropologica che affermi, apprezzi e valorizzi la differenza.

Regalare bambole o trenini è un modo per orientare all'essere maschio o femmina?
Sicuramente no. Maschi e femmine si è, non ci si orienta ad esserlo perché non si arriva ad esserlo: è come spiegavo prima, un punto di partenza. Si può esserlo in molti modi differenti, eterogenei e diversificati tra loro, ma sempre rimanendo o maschi o femmine. Il sesso è dato. Quello che è possibile orientare o condizionare in qualche modo è il genere. Per genere si intende indicare tutto ciò che è sovrapponibile al biologicamente dato, quindi l’esperienza psicologica, relazionale e culturale. Attraverso i regali, che sono una manifestazione concreta dell’affetto, è chiaramente possibile operare un “condizionamento”. La psicologia comportamentista chiama questo processo come “rinforzo positivo” intendendo descrivere l’attività di gratificazione e soddisfazione che si fa provare ad un soggetto in relazione ad un comportamento che si vuole in qualche modo premiare e rendere più stabile, duraturo e costitutivo. Vari aspetti e dimensioni della persona sono implicati nella definizione dell’identità di genere, come ad esempio personalità, carattere, inclinazioni e passioni, il modo di concepirsi ed emozionarsi, il ruolo che si aspetta di avere nelle relazioni. Tutti questi aspetti sono sensibili al rinforzo positivo rappresentato da un regalo. Esistono però inclinazioni e preferenze precedenti a qualsiasi condizionamento che sono state riscontrate già ad otto settimane dal concepimento. Questi studi hanno analizzato l’impatto che l’esposizione agli ormoni quali il testosterone ha sul cervello neonatale, mostrando che quando le cellule delle varie zone del cervello maschile vengono stimolate si attivano geni che daranno luogo allo sviluppo delle aree cerebrali implicate nell’impulso di individuare ed inseguire oggetti in movimento, colpire bersagli, mettere alla prova la propria forza e giocare a combattere nemici immaginari. Regalare ad un bambino che ha queste inclinazioni una pistola d’acqua o una palla con cui giocare non vuol dire forzare e direzionare in modo coercitivo e “illiberale” la sua natura, ma semplicemente assecondare e venire incontro a modi di giocare e divertirsi che gli vengono spontanei ed innati.

Ci può fare un esempio?
Nel libro scritto insieme al prof. Cantelmi, citiamo un esempio in cui un padre, a sua insaputa, ha cercato di falsificare questa assunzione. Inutilmente. In una mattina fredda e uggiosa, Isabella, particolarmente assonnata e stanca, non aveva alcuna intenzione di andare a scuola, e manifestava il suo diniego con una sorta di reticenza e ostruzionismo passivo che logorava il papà già di prima mattina. Tuttavia il papà non era totalmente nuovo e impreparato a queste «giornate no» e aveva già imparato una tecnica fondamentale: al di là dell’importanza di trasmettere il senso del dovere e della responsabilità, se vuoi che un bambino ti segua, devi attrarre la sua curiosità e stimolare la sua naturale propensione al gioco. Così recuperando le sue personali esperienze di gioco, propose alla piccola di andare con la bici, spiegandole che avrebbero fatto finta di essere guerrieri con archi e frecce. Avrebbero dovuto superare ostacoli, combattere contro i nemici, evitarli, correre ed inseguire. La cosa parve funzionare, ma solo dal letto fino al parcheggio della bici, dove nuovamente Isabella aveva cominciato a fare resistenza passiva. Il padre aveva avuto allora un’illuminazione: «La bici ha freddo!» Anzi no. «Il cavallo-bici ha freddo! Poverino… e si sente solo a stare li ad aspettare tutta la notte», «vedi Isabella?» Immediatamente i lineamenti della bimba avevano cominciato a distendersi improvvisamente e lo sguardo era divenuto un po’ complice con il padre, e un po’ preoccupato per il povero cavallo-bici infreddolito e triste. E così, nel nuovo gioco, la bici che prima era solo un mezzo di trasporto tutta salti e velocità, si riempiva istantaneamente di contenuti emotivi e relazionali. Allora Isabella, gli si era avvicinata sussurrando: «Povero cavallo-bici, adesso ti do la colazione calda calda eh?». E i problemi di accompagnamento a scuola, ci racconta il padre, finirono per un bel po’ di tempo. Evidentemente non si tratta di condizionamento sociale, il padre aveva provato in un primo momento a fare “giochi da maschi”, ma aveva desistito vedendo il disinteresse della figlia e cercando di cambiare strategia motivazionale ha centrato un punto fondamentale e vincente: l’interesse per gli aspetti relazionali e gli atteggiamenti di cura. Ci sono studi che dimostrano come le bambine facciano “a turno” durante i giochi venti volte più dei maschi, che si intrattengano volentieri con giochi di simulazione riguardanti rapporti di cura e protezione.

Proporre gli stessi giocattoli a tutti i bambini, maschi e femmine, è un modo di veicolare la teoria del gender e del sesso che "si sceglie"?
Non necessariamente. Il giocattolo spesso diviene uno strumento nella fervida mente del bambino, che sa utilizzarlo secondo il modo che gli viene più congeniale e interessante. L’esempio di “cavallo-bici” è un chiaro esempio di questo procedimento, nel quale un oggetto tipicamente deputato al movimento e ad essere un mezzo di trasporto era diventato per la bambina qualcuno di cui prendersi cura e di cui interessarsi. Similmente la Brinzendine nel suo libro sul cervello delle donne cita il caso di una sua collega che aveva sorpreso la figlia in atteggiamenti materni e rassicurativi “non preoccuparti, andrà tutto bene” a giocare con l’ultimo regalo fattole, il camioncino dei pompieri avvolto in una copertina e coccolato amorosamente. Ciò che va evitato è la forzatura, il cercare di piegare il dato di realtà ad esigenze ideologiche. Non ascoltare e non vedere il proprio bambino per chi è e per ciò che gli piace è una grave responsabilità. Spesso i giochi infantili rappresentano quelle che sono inclinazioni e primi passi nel mondo, timidi e ancora insicuri modi di entrarci in rapporto. Il bambino deve trovare una collocazione all’interno del suo ambiente di vita e le sue spontanee e innate caratteristiche non sempre bastano a sé stesse, ma necessitano della conferma e rassicurazione da parte degli adulti di riferimento, genitori parenti ed educatori. La validazione è un processo fondamentale nello sviluppo e aiuta i bambini a sviluppare un senso della propria identità integro e sicuro. Il rinforzo positivo, di cui si parlava prima, ha in questo un ruolo fondamentale e arricchente. Nella fase di età scolare è necessario che l’adulto si ponga come guida e fonte di riconoscimento delle caratteristiche del bambino e regalare macchinine ai maschi e bambole alle femmine si inscrive perfettamente in questa cornice di significato. È infinitamente più importante tutelare il ruolo di “validatore” dell’adulto rispetto all’assumere quell’atteggiamento di neutralità che avocano i sostenitori della teoria del “sesso che si sceglie” alla quale faceva riferimento nella domanda. Mancare questo ruolo per esigenze di aderenza a forme ideologiche è secondo il mio punto di vista una grave responsabilità. Al di là di queste considerazioni vorrei sottolineare che il valore di un regalo si apprezza soprattutto all’interno della relazione nella quale avviene e spesso, purtroppo quello che manca è proprio la relazione, il tempo, la condivisione. Il regalo più prezioso che possiamo fare ai nostri bambini, è il dono di sé.

lunedì 17 marzo 2014

Biologhe per un giorno alla Statale


Continuano le collaborazioni degli alunni e delle alunne di Argonne e Monforte con le principali università milanesi. 
Le ragazze di terza liceo classico della Monforte sono state recentemente ospiti presso il Cusmibio (centro universitario delle bioscienze) dell'università degli studi di Milano.

Nello specifico effettuano un'esercitazione guidata per riconoscere se il DNA di un campione di farina dichiarata di mais è di origine vegetale, ricercando un gene del cloroplasto, se è effettivamante di mais, ricercando il gene specie- specifico della zeina e se  il mais è di origine OGM, ricercando il gene Bt.
Stanno simulando l'attività che normalmente viene svolta nelle aziende o dai NAS come controllo qualità.
Il mais (Zea mais, detto anche granoturco) può essere geneticamente modificato affinché produca una sostanza velenosa per gli insetti nocivi. Il vantaggio derivante da questa modificazione consiste nel fatto che l’agricoltore non ha più bisogno di ricorrere agli insetticidi per debellare gli insetti infestanti. 
Il mais geneticamente modificato è chiamato Bt-mais, in quanto il gene che è stato inserito è il gene Bt del batterio Bacillus thuringiensis. Il gene Bt codifica per la proteina Cry, una proteina che, quando è ingerita, cristallizza nell’intestino di alcuni insetti e li uccide. La proteina Cry è tossica solo per alcune specie di insetti (quelli che hanno, sulle cellule intestinali, il recettore per la proteina Cry), e non è tossica per altri insetti, per gli uccelli e i mammiferi.

Dai campioni viene estratto il DNA, viene poi applicata la tecnica della PCR utilizzando primer specifici per il gene Bt e successivamente si effettua l’elettroforesi e si analizzano i risultati.

 

 

sabato 15 marzo 2014

Alla scoperta della geologia marina e della geobiologia

Giovedì 20 marzo, presso il Centro Scolastico Argonne, si terrà la visita guidata della mostra dedicata alla geologia marina e alla geobiologia. 

La visita prevede due turni, alle 18.30 e alle 19.45, e sarà guidata dal Prof. Visconti, docente di scienze della Scuola Superiore di primo e secondo grado Argonne, e da un gruppo di studenti e studentesse dei licei Argonne e Monforte.

Il progetto "In fondo al mare: esplorazioni e ricerche della geologia marina e della geobiologia", di cui vi avevamo già parlato in questo post,  finanziato dal MIUR in base alla legge 6/2000 sulla diffusione della cultura scientifica, coinvolge personale dell’Unità CoNiSMa dell'Università Milano-Bicocca e si propone di promuovere la conoscenza della geologia marina e della geobiologia attraverso attività di divulgazione. 

La geologia marina studia la natura, la struttura e le dinamiche dei fondali marini, mentre la geobiologia studia le interazioni tra biosfera e litosfera. 
Attraverso il racconto di come nasce e si sviluppa una ricerca geologica di questo genere e di quali risultati, a volta inaspettati, si possono raggiungere, intende stimolare negli studenti la spontanea curiosità verso argomenti che non godono di grande notorietà, nonostante si inseriscano nelle attività di ricerca prioritarie a livello strategico nazionale ed internazionale. Alcuni concetti fondamentali, propri delle discipline protagoniste di questo progetto, saranno veicolati in modo scientificamente rigoroso ma informale, attraverso casi concreti di studio. 

Gli studenti della secondaria di primo e secondo grado - sicuramente il “target” ideale in quanto in possesso di un bagaglio di competenze adeguate alla comprensione ed assimilazione delle conoscenze oggetto della divulgazione - cercheranno di far aumentare in loro la consapevolezza dell’importanza della ricerca geomarina di base ed applicata e dei suoi risvolti più concreti. 
Pertanto, l’attività sarà rivolta principalmente alla scuola secondaria attraverso interventi informali ed interattivi (utilizzo di pannelli e attività di laboratorio) che avvicinino e spingano gli studenti a maturare questi interessi. 
Nel nostro piccolo, desideriamo coniugare la valenza scientifica della mostra, con quell'aspetto di carattere divulgativo che i ragazzi, generalmente vettori di entusiasmo per ciò che e' bello, possono proporre.

Ed allora, coraggio, invertiamo le parti: genitori ascoltate i vostri figli!

venerdì 14 marzo 2014

Il Faes premiato dalla Provincia di Milano!




Dal 1953 la Provincia di Milano organizza la "Giornata della Riconoscenza" per conferire un riconoscimento a cittadini e associazioni del mondo culturale, sociale, artistico, economico, sportivo, legati al territorio del milanese e che si siano distinti nella propria attività a favore delle comunità. Dal 1999 al riconoscimento provinciale, che consiste in una medaglia d'oro, una targa e un diploma con la motivazione, è stato attribuita la denominazione di "PREMIO ISIMBARDI".

"Premio Isimbardi 2014" conferito al Faes per meriti culturali!


L’Associazione FAES “FAmiglia E Scuola” è sorta a Milano, nel 1974, per iniziativa di un gruppo di genitori e insegnanti, sulla base di consolidate esperienze internazionali.


Il modello si ispira alle intuizioni educative di san Josemaría Escrivá, fondatore dell’Opus Dei, e pone al centro del proprio metodo la condivisione del percorso educativo tra scuola e famiglia, che è e rimane la principale responsabile dell’educazione dei figli. 
Per fare ciò sono state adottate modalità originali e spesso in anticipo sui tempi, tra le quali:
  • la figura del docente-tutor personale, assegnato a ogni studente, che dialoga con la famiglia e la supporta nel suo primario e insostituibile compito educativo
  • l’educazione omogenea (single-sex), che consente di approfondire il concetto di educazione personalizzata e che nell’ultimo decennio sta vivendo, all’estero (e segnatamente nei Paesi di lingua anglosassone e spagnola), una fioritura assolutamente notevole, sostenuta da studi pedagogici d’avanguardia.

Questo modello di educazione, diffusosi, a partire dagli anni ’60, in varie nazioni europee e americane, è oggi, sotto varie denominazioni, presente in 25 Paesi dei 5 continenti. Negli anni questa esperienza si è estesa e si è diffusa in altre città italiane, dove enti gestori autonomi hanno istituito Centri Scolastici – abitualmente chiamati “scuole FAES” – che adottano questo sistema educativo. 



L’associazione FAES è Ente morale eretto su proposta del Ministero della Pubblica Istruzione, con DPR del 1975. È membro fin dalle origini del Forum delle Associazioni Familiari e, in ambito internazionale, dell'EASSE (European Association for Single-Sex Education) e dell'OIDEL (Organisation Internationale pour le Droit à l’Éducation et la Liberté d’Enseignement, con sede a Ginevra). Inoltre è membro fondatore dell'EPA (European Parents Association), riconosciuta come partner dall'Unione Europea

Il FAES è presente a Milano, ed in particolare in Zona 3, con un nido e una scuola dell’infanzia (scuola Aurora) in via Amadeo 11 con circa 300 bambini, con un centro scolastico femminile (scuola Monforte) in via Amadeo 11 composto da scuola Primaria, scuola Secondaria di 1° grado e Liceo Scientifico e Classico con circa 300 alunne e una struttura maschile (scuola Argonne) in via Fossati 2 composto da scuola Primaria, scuola Secondaria di 1° grado e Liceo Scientifico e Classico con circa 300 alunni.

Per festeggiare il 40° anno di attività, le scuole del FAES di Milano hanno battezzato un nuovo binario di liceo classico-scientifico in classi integrate, sia maschili sia femminili, che consente a entrambe le sezioni di coniugare il meglio dell’apprendimento derivante dalle radici classiche e proiettato verso le innovazioni scientifico-tecnologiche.

Il FAES nel corso degli anni si è distinto per molte iniziative didattiche e sociali che hanno avuto anche il riconoscimento delle Istituzioni locali e Nazionali. L’ultimo Studio Nazionale della Fondazione Giovanni Agnelli (2012) ha classificato il Liceo Classico FAES Monforte al primo posto tra i licei classici milanesi.

martedì 11 marzo 2014

Educare al maschile e al femminile: 210.000 scuole nel mondo, 40 milioni di alunni


Educare al maschile e al femminile
: 210.000 scuole nel mondo, 40 milioni di alunni

Teatro FAES via Visconti D’Aragona  Ore 20.45
Interverranno:
Marco Scicchitano e Luisa Calvo
Modera la serata Raffaella Frullone

Differenze e disuguaglianze non sono sinonimi: le prime sono ricchezze. Che vanno valorizzate ed educate. Questa evidenza sta diventando sempre più chiara e diffusa in tutto il mondo. E non solo per ciò che riguarda l’educazione scolastica omogenea.
Per questo abbiamo organizzato una serata per approfondire e per riflettere sulla forza di una educazione, che valorizza le differenti specificità maschili e femminile, per offrire a tutti pari opportunità di sviluppare la propria meravigliosa ed unica personalità.
Come si può farlo oggi? Che tipo di collaborazione può esistere tra scuola e famiglia? In che cosa si differenzia il modello educativo? E ancora più in profondità: che cos’è femminile e cos’è maschile, che cosa è dato e cosa è innato nell’essere femmina o maschio ? che tipo di approccio è richiesto alla famiglia e alla scuola?

Risponderanno a queste domande, intervistati dalla giornalista Raffaella Frullone, i due ospiti della serata:
Marco Scicchitano,  autore con Tonino Cantelmi del libro “Educare al Femminile e al  Maschile”, con tesi scientifiche e sociologiche, esposte in maniera accessibile, ma con rigore scientifico, dimostrerà la fondatezza e la necessità dell’educazione omogenea
Lucia Calvo, forte della sua esperienza vissuta in scuole omogeneee Europee ci aiuterà a comprendere la realtà delle scuole omogenee nel mondo.


Lucia Calvo: pedagogista, Direttrice del Colegio Alborada, scuola femminile di Madrid ; docente di lingua inglese. Componente del board di EASSE – European Association for Single-Sex Education – Autrice di numerosi articoli sull’Educazione Omogenea pubblicati sulla stampa spagnola e relatrice a convegni internazionali sul tema. 


Marco Scicchitano: Psicologo e psicoterapeuta, ricercatore clinico presso ITCI – Istituto di Terapia Cognitivo Interpersonale -  di Roma dove si occupa di adolescenti e di problematiche dello sviluppo. Docente di Psicologia. Autore con il prof. Tonino Cantelmi di “Educare al maschile e al femminile” Ed.Paoline 2013.

lunedì 10 marzo 2014

Studiare a memoria.


Il semiologo e scrittore Umberto Eco scrive al nipotino. Una riflessione sulla tecnologia e un consiglio per il futuro.Perché Internet non può sostituirsi alla conoscenza né il computer al nostro cervello.



Caro nipotino mio,
non vorrei che questa lettera natalizia suonasse troppo deamicisiana, ed esibisse consigli circa l’amore per i nostri simili, per la patria, per il mondo, e cose del genere. Non vi daresti ascolto e, al momento di metterla in pratica (tu adulto e io trapassato) il sistema di valori sarà così cambiato che probabilmente le mie raccomandazioni risulterebbero datate.

Quindi vorrei soffermarmi su una sola raccomandazione, che sarai in grado di mettere in pratica anche ora, mentre navighi sul tuo iPad, né commetterò l’errore di sconsigliartelo, non tanto perché sembrerei un nonno barbogio ma perché lo faccio anch’io. Al massimo posso raccomandarti, se per caso capiti sulle centinaia di siti porno che mostrano il rapporto tra due esseri umani, o tra un essere umano e un animale, in mille modi, cerca di non credere che il sesso sia quello, tra l’altro abbastanza monotono, perché si tratta di una messa in scena per costringerti a non uscire di casa e guardare le vere ragazze. Parto dal principio che tu sia eterosessuale, altrimenti adatta le mie raccomandazioni al tuo caso: ma guarda le ragazze, a scuola o dove vai a giocare, perché sono meglio quelle vere che quelle televisive e un giorno ti daranno soddisfazioni maggiori di quelle on line. Credi a chi ha più esperienza di te (e se avessi guardato solo il sesso al computer tuo padre non sarebbe mai nato, e tu chissà dove saresti, anzi non saresti per nulla).Ma non è di questo che volevo parlarti, bensì di una malattia che ha colpito la tua generazione e persino quella dei ragazzi più grandi di 
È vero che se ti viene il desiderio di sapere chi fosse Carlo Magno o dove stia Kuala Lumpur non hai che da premere qualche tasto e Internet te lo dice subito. Fallo quando serve, ma dopo che lo hai fatto cerca di ricordare quanto ti è stato detto per non essere obbligato a cercarlo una seconda volta se per caso te ne venisse il bisogno impellente, magari per una ricerca a scuola. Il rischio è che, siccome pensi che il tuo computer te lo possa dire a ogni istante, tu perda il gusto di mettertelo in testa. Sarebbe un poco come se, avendo imparato che per andare da via Tale a via Talaltra, ci sono l’autobus o il metro che ti permettono di spostarti senza fatica (il che è comodissimo e fallo pure ogni volta che hai fretta) tu pensi che così non hai più bisogno di camminare. Ma se non cammini abbastanza diventi poi “diversamente abile”, come si dice oggi per indicare chi è costretto a muoversi in carrozzella. Va bene, lo so che fai dello sport e quindi sai muovere il tuo corpo, ma torniamo al tuo cervello.

La memoria è un muscolo come quelli delle gambe, se non lo eserciti si avvizzisce e tu diventi (dal punto di vista mentale) diversamente abile e cioè (parliamoci chiaro) un idiota. E inoltre, siccome per tutti c’è il rischio che quando si diventa vecchi ci venga l’Alzheimer, uno dei modi di evitare questo spiacevole incidente è di esercitare sempre la memoria.

Quindi ecco la mia dieta. Ogni mattina impara qualche verso, una breve poesia, o come hanno fatto fare a noi, “La Cavallina Storna” o “Il sabato del villaggio”. E magari fai a gara con gli amici per sapere chi ricorda meglio. Se non piace la poesia fallo con le formazioni dei calciatori, ma attento che non devi solo sapere chi sono i giocatori della Roma di oggi, ma anche quelli di altre squadre, e magari di squadre del passato (figurati che io ricordo la formazione del Torino quando il loro aereo si era schiantato a Superga con tutti i giocatori a bordo: Bacigalupo, Ballarin, Maroso eccetera). Fai gare di memoria, magari sui libri che hai letto (chi era a bordo della Hispaniola alla ricerca dell’isola del tesoro? Lord Trelawney, il capitano Smollet, il dottor Livesey, Long John Silver, Jim…) Vedi se i tuoi amici ricorderanno chi erano i domestici dei tre moschettieri e di D’Artagnan (Grimaud, Bazin, Mousqueton e Planchet)… E se non vorrai leggere “I tre moschettieri” (e non sai che cosa avrai perso) fallo, che so, con una delle storie che hai letto.

Sembra un gioco (ed è un gioco) ma vedrai come la tua testa si popolerà di personaggi, storie, ricordi di ogni tipo. Ti sarai chiesto perché i computer si chiamavano un tempo cervelli elettronici: è perché sono stati concepiti sul modello del tuo (del nostro) cervello, ma il nostro cervello ha più connessioni di un computer, è una specie di computer che ti porti dietro e che cresce e s’irrobustisce con l’esercizio, mentre il computer che hai sul tavolo più lo usi e più perde velocità e dopo qualche anno lo devi cambiare. Invece il tuo cervello può oggi durare sino a novant’anni e a novant’anni (se lo avrai tenuto in esercizio) ricorderà più cose di quelle che ricordi adesso. E gratis.

C’è poi la memoria storica, quella che non riguarda i fatti della tua vita o le cose che hai letto, ma quello che è accaduto prima che tu nascessi.

Oggi se vai al cinema devi entrare a un’ora fissa, quando il film incomincia, e appena incomincia qualcuno ti prende per così dire per mano e ti dice cosa succede. Ai miei tempi si poteva entrare al cinema a ogni momento, voglio dire anche a metà dello spettacolo, si arrivava mentre stavano succedendo alcune cose e si cercava di capire che cosa era accaduto prima (poi, quando il film ricominciava dall’inizio, si vedeva se si era capito tutto bene - a parte il fatto che se il film ci era piaciuto si poteva restare e rivedere anche quello che si era già visto). Ecco, la vita è come un film dei tempi miei. Noi entriamo nella vita quando molte cose sono già successe, da centinaia di migliaia di anni, ed è importante apprendere quello che è accaduto prima che noi nascessimo; serve per capire meglio perché oggi succedono molte cose nuove.

Ora la scuola (oltre alle tue letture personali) dovrebbe insegnarti a memorizzare quello che è accaduto prima della tua nascita, ma si vede che non lo fa bene, perché varie inchieste ci dicono che i ragazzi di oggi, anche quelli grandi che vanno già all’università, se sono nati per caso nel 1990 non sanno (e forse non vogliono sapere) che cosa era accaduto nel 1980 (e non parliamo di quello che è accaduto cinquant’anni fa). Ci dicono le statistiche che se chiedi ad alcuni chi era Aldo Moro rispondono che era il capo delle Brigate Rosse - e invece è stato ucciso dalle Brigate Rosse.

Non parliamo delle Brigate Rosse, rimangono qualcosa di misterioso per molti, eppure erano il presente poco più di trent’anni fa. Io sono nato nel 1932, dieci anni dopo l’ascesa al potere del fascismo ma sapevo persino chi era il primo ministro ai tempi dalla Marcia su Roma (che cos’è?). Forse la scuola fascista me lo aveva insegnato per spiegarmi come era stupido e cattivo quel ministro (“l’imbelle Facta”) che i fascisti avevano sostituito. Va bene, ma almeno lo sapevo. E poi, scuola a parte, un ragazzo d’oggi non sa chi erano le attrici del cinema di venti anni fa mentre io sapevo chi era Francesca Bertini, che recitava nei film muti venti anni prima della mia nascita. Forse perché sfogliavo vecchie riviste ammassate nello sgabuzzino di casa nostra, ma appunto ti invito a sfogliare anche vecchie riviste perché è un modo di imparare che cosa accadeva prima che tu nascessi.

Ma perché è così importante sapere che cosa è accaduto prima? Perché molte volte quello che è accaduto prima ti spiega perché certe cose accadono oggi e in ogni caso, come per le formazioni dei calciatori, è un modo di arricchire la nostra memoria.

Bada bene che questo non lo puoi fare solo su libri e riviste, lo si fa benissimo anche su Internet. Che è da usare non solo per chattare con i tuoi amici ma anche per chattare (per così dire) con la storia del mondo. Chi erano gli ittiti? E i camisardi? E come si chiamavano le tre caravelle di Colombo? Quando sono scomparsi i dinosauri? L’arca di Noè poteva avere un timone? Come si chiamava l’antenato del bue? Esistevano più tigri cent’anni fa di oggi? Cos’era l’impero del Mali? E chi invece parlava dell’Impero del Male? Chi è stato il secondo papa della storia? Quando è apparso Topolino?

Potrei continuare all’infinito, e sarebbero tutte belle avventure di ricerca. E tutto da ricordare. Verrà il giorno in cui sarai anziano e ti sentirai come se avessi vissuto mille vite, perché sarà come se tu fossi stato presente alla battaglia di Waterloo, avessi assistito all’assassinio di Giulio Cesare e fossi a poca distanza dal luogo in cui Bertoldo il Nero, mescolando sostanze in un mortaio per trovare il modo di fabbricare l’oro, ha scoperto per sbaglio la polvere da sparo, ed è saltato in aria (e ben gli stava). Altri tuoi amici, che non avranno coltivato la loro memoria, avranno vissuto invece una sola vita, la loro, che dovrebbe essere stata assai malinconica e povera di grandi emozioni.

Coltiva la memoria, dunque, e da domani impara a memoria “La Vispa Teresa”. 

giovedì 6 marzo 2014

Gli adolescenti e la rete... i passi per renderla sicura


di Elvira Serra

  • I genitori devono accompagnare i figli, essere per loro interlocutori attivi. Non saranno mai al passo con generazioni che sono nate in Internet, ma possono dimostrarsi capaci di affrontare e condividere esperimenti/dubbi nelle situazioni più delicate.

  •  La scuola non può escludere dai propri spazi la cultura digitale. Anche gli insegnanti devono essere (in)formati.

  •  I provider e le aziende che operano nella Rete devono continuare a cercare modi di agire in modo responsabile. Stabilire una strategia di autoregolamentazione che venga costantemente aggiornata.

  •  La libertà nella Rete, di cui i nickname fanno parte, è una conquista e non va demolita a colpi di legge. Ma tutti, soprattutto i giovani, siano al corrente del fatto che l’anonimato – in caso di denunce – può essere smontato dalla polizia postale.

  • Denunciare un cyberbullo è possibile. Ma uno strumento poco conosciuto è l’ammonimento del questore: a lui il compito di chiamare l’interessato e avvertirlo che è sotto osservazione. Spesso questa strada, che esclude azioni penali, risulta efficace.

  •  Usare il gruppo come strumento per contrastare i cyberbulli. Aiutare i ragazzi a creare un contro movimento che dia sostengo a chi è stato preso di mira.

    •  Creare consapevolezza tra i ragazzi: portarli a chiedersi, prima di pubblicare una frase o una foto, se la vorrebbero leggere/vedere se fosse riferita a loro.

  •  Mostrare di condividere con i ragazzi le potenzialità positive della Rete. Di conoscenza, esperienza, vicinanza. Non cedere all’equazione della paura per cui rischio = danno.

  • Avanzare a piccoli passi, consapevoli che siamo davanti a un cambio di paradigma. Che vecchie parole come regole, leggi, codice si sono svuotate. I rischi nella Rete costituiscono un problema aperto che va affrontato senza ideologie.

Quanto incide la Rete sulle nuove generazioni? Moltissimo.
Ai nostri tempi per fare una ricerca andavamo in biblioteca o dalla compagna di classe che aveva l’enciclopedia universale; agli amici di penna scrivevamo sporadiche lettere in un corsivo incerto; e per incontrare qualcuno andavamo in parrocchia. Oggi tutte queste cose si possono fare restando nella propria cameretta con il computer o lo smartphone accesi.
È di sicuro una opportunità, con un potenziale sterminato. Ma bisogna mettere in conto i rischi. Un adolescente/bambino che naviga da solo su Internet può incorrere nel Gatto e la Volpe versione 2.0.«Adescamento online, gioco d’azzardo, furto della personalità, cyberbullismo, addiction»: il presidente di Telefono Azzurro Ernesto Caffo ha illustrato il peggio del Web per lanciare un appello in occasione del «Safer Internet Day 2014», la giornata voluta dieci anni fa dalla Commissione europea e da Inhope (International Association of Internet Hotlines) per promuovere un uso responsabile dei nuovi media.
Caffo ha anticipato l’appuntamento con un convegno che si è svolto nella Sala Montanelli del Corriere della Sera a Milano, dove docenti, esponenti delle istituzioni, insegnanti, tecnici si sono confrontati con degli interlocutori molto particolari: gli studenti delle medie e delle superiori. A loro è stato chiesto che cosa li spaventa di più della Rete e come possiamo aiutarli a sfruttarne le potenzialità. La risposta più forte è stata una: non lasciateci soli. Ed è stato questo il filo conduttore di tutti gli interventi improntati all’autocritica, che hanno portato a definire una sorta di decalogo per creare, davvero, #laretechecipiace.
Sul palco si sono avvicendati parlamentari italiani ed europei, esponenti di Prefettura e Questura, psicologi, pedagogisti, manager delle aziende che operano sul Web. Il viceministro allo Sviluppo economico Antonio Catricalà ha messo in evidenza che Internet non è «gratis» come si pensa: «Tutte le informazioni che digitiamo le paghiamo di persona, sono la nostra ricchezza e dobbiamo vigilare perché nessuno ce la sottragga».
L’ex ministro Michela Vittoria Brambilla ha proposto di rendere obbligatoria l’educazione digitale nella scuola dell’obbligo. Il procuratore aggiunto di Milano Pietro Forno ha ricordato che ci sono degli strumenti per liberarsi dei «molestatori» online, siano cyberbulli o altro, e sono la denuncia o, prima ancora, l’ammonimento del questore.«Bisogna procedere per gradi, e il vostro primo punto di riferimento devono essere i genitori e la scuola», ha detto.
Esistono anche modelli di Rete che funziona, ha evidenziato il direttore diWiredMassimo Russo, nelle vesti del moderatore. Un esperimento a tema è quello di Twigis, community per bimbi, di cui ha parlato Enrico Fili, direttore Rcs E-commerce New Digital Business.