lunedì 30 settembre 2013

Twigis, il social network per bambini: futuro possibile o un abbattimento della vita reale?

Nato in Israele, con un investimento di 7 milioni dollari, sta sbarcando in giro per il Mondo (è già attiva in Russia, Turchia, Egitto, Giordania, Argentina e Brasile) e conta già 4 milioni di utenti unici. Stiamo parlando di Twigis, il nuovo social network per bambini tra 6 e 12 anni. 

Questa piattaforma permette ai bambini di incontrarsi e svolgere varie attività: costruire fumetti animati e condividerli; frequentare mondi virtuali dove si comunica attraverso la chat; hanno a disposizione una posta elettronica personale che adoperano per scambiarsi messaggi soltanto all'interno della loro community e senza contatti con l'esterno. I bambini hanno anche la possibilità di partecipare al blog della piattaforma e hanno a disposizione giochi interattivi. Ogni utente ha un profilo personale che può condividere o meno con gli altri utenti.
L'idea nasce dalla considerazione che “I bambini ormai apprendono attraverso la rete. È necessario però che si muovano in un ambiente pensato per loro” (Giuliano Noci, docente di marketing al Politecnico di Milano.)
Per garantire divertimento senza problemi ai bambini e senza andare contro la privacy,  le news  sono selezionate, le chat sono controllate, i giochi sono adatti alla loro età e esiste una moderazione costante e filtrata sui forum, che si sviluppano attorno a temi adatti.  Su Twigis tutte le attività e i post sono costantemente moderati e controllati: ogni discussione o messaggio viene sottoposto ad approvazione prima di poter essere pubblicato, in modo da proteggere i ragazzi da contenuti inappropriati. La sicurezza viene garantita da un software ma anche da un team in carne e ossa che monitora i contenuti delle conversazioni. Ma non solo. Esiste pure un innovativo sistema anti bulli. Se infatti i moderatori si accorgono che un utente prende di mira qualcun altro, possono metterlo in quarantena, per un giorno, due settimane o un mese, bannandolo dal sito. Una sorta di punizione dunque, che può trasformarsi anche in un’espulsione definitiva e in un avviso ai genitori. Poi, niente fotografie. Solo avatar colorati e divertenti.
Oltre a garantire la riservatezza assoluta dei dati, Twigis dichiara anche guerra al target behavioural, lo stalking via banner che ormai imperversa su Internet: aderendo al Coppa (il Children’s Online Privacy Protection Act) e facendo della protezione degli utenti uno dei loro cavalli di battaglia”, spiega l'amministratore delegato di Tweegee Shay Bloch. Una bella differenza, dunque, rispetto ai social network “tradizionali” come Facebook e Twitter, dove gli utenti minorenni accedono a contenuti e funzioni pensate per un pubblico adulto.

Ricordiamoci però che la vita non è solo dentro ad un computer. 

mercoledì 25 settembre 2013

Creatività prima di tutto! OVs Kids e Guggenheim di Venezia

Creatività prima di tutto! Eh si, non è mai presto per insegnare ai bambini ad essere creativi.
Vogliamo presentarvi il nuovo progetto Kids Creative Lab di quest'anno, sempre in collaborazione con OVS Kids e Guggenheim.
Il nuovo progetto si chiama "Tessere" e come è facile immaginare girerà intorno all'argomento 'mosaico'.
Ai bambini partecipanti (la modalità è come nella prima edizione: singoli o con la propria classe) verrà fornito un Kit d'Artista che comprenderà un sacchetto di tessere di vetro riciclato.tessereLe tessere avranno colori diversi a seconda della regione, e tutti contribuiranno a costruire una mappa del nostro paese con le tonalità proprie di ciascuna area.
I bambini dovranno creare la propria opera che di nuovo verrà assemblata ed esposta al Guggenheim di Venezia dal 25 aprile al 4 maggio 2014.
Per informazioni e iscrizioni:

lunedì 23 settembre 2013

"I compiti? Inutili. Anzi: dannosi" - Sarà vero?

I compiti, tutti li abbiamo fatti, tutti li stiamo facendo e tutti li faremo. Odiati dagli studenti, e a volte anche dai loro genitori!

Secondo Maurizio Parodi, preside, autore di Basta compiti! Non è così che si impara (Sonda), sono una perdita di tempo. "Nessuno ha mai dimostrato che servano. Secondo alcuni studi, dopo tre mesi, i ragazzi hanno già dimenticato quello che hanno ripetuto. Di fatto, i prof delegano l’apprendimento ai genitori. Così, chi non ha una famiglia in grado di aiutare, resta indietro. E, con lo spauracchio del voto basso, si ottiene solo di annoiare mortalmente gli alunni. Il risultato? I nostri diplomati sono tra i più ignoranti del mondo".
I compiti? Inutili. Anzi: dannosiCorbis
Continua Parodi dicendo: "Un senso i compiti potevano averlo in passato «quando la scuola era l’unica fonte d’informazione. Oggi il problema non è acquisire le nozioni, ma fornire gli strumenti per gestirle".
Ma quindi le ore di lezione possono bastare? Secondo Parodi sì, purché si cambi la didattica: "Basterebbe mettere i ragazzi nelle condizioni di voler imparare, aiutarli a cooperare. Ho visto studenti di un istituto professionale che lavoravano in gruppo su progetti loro; si può fare. Purché i prof la smettano di fare i primi attori con la lezione frontale e diventino registi".
Cosa ne pensate? Genitori e professori, secondo voi compiti si o compiti no?

venerdì 20 settembre 2013

Flickr e Twitter entrano in classe

Grazie alle nuove tecnologie e alle nuove possibilità offerte da smartphone e compagnie telefoniche, tra i 9 e i 16 anni, sei ragazzi su dieci si connettono ogni giorno ad Internet. L'85% di questi ragazzi naviga in Rete per fare compiti. Questi dati arrivano dalla ricerca Eu Kids Online (finanziata dall’Ue e coordinata dalla London School of Economics and Political Science). 
Le  statistiche di Facebook rivelano invece che, su 24 milioni di italiani registrati sul social, il 13% ha tra i 13 ed i 18 anni ed il 19% tra i 19 ed i 24. Mettendo insieme i risultati dei due studi, appare chiaro che molti studenti italiani si connettono a internet e ai social e molti di loro usano la Rete anche come supporto per i compiti e lo studio. Ma allora, perché non tenerne conto, ora che è iniziato l'anno scolastico?
A dare dei suggerimenti al riguardo ci ha pensato la testata americana Mashable fornendo le “istruzioni per l’uso” dei social durante le lezioni. Ecco alcuni spunti per gli insegnanti:
Incoraggiare gli studenti a condividere il loro lavoro grazie ai social – per esempio, i lavori artistici si possono fotografare e pubblicare su Flickr con una tag comune, ma con i nuovi album condivisi su Facebook (che permettono a un gruppo di massimo 50 utenti di caricare un massimo di 10mila foto) anche le foto di una gita scolastica, il materiale per una ricerca o gli scatti che documentano le fasi di un progetto possono essere messi a disposizione di tutti;
Utilizzare gli hashtag per facilitare la discussione – un seminario, una conferenza, un ospite che interviene durante le lezioni? Creare un filo conduttore mediante un hashtag e ricreare l’evento mediante storify può essere una soluzione diversa dai soliti appunti;
Spronare gli studenti a creare un blog – da un lato, possono imparare a muovere i primi passi sul web occupandosi dei propri interessi. Dall’altro, può diventare un biglietto da visita da utilizzare per farsi conoscere anche dopo il diploma o la laurea;
Risalire alle fonti delle informazioni – una volta, per le ricerche, ci si incontrava in biblioteca e si spulciavano volumi su volumi. Ma se bisogna preparare un approfondimento su un argomento, non è meglio contattare direttamente l’esperto che se ne occupa? Tra Twitter, Facebook e LinkedIn (e, nel caso non funzionassero i social, anche la cara vecchia email) c’è solo l’imbarazzo della scelta su come contattare la fonte delle informazioni che possono essere utili agli studenti;
Usare Google Hangouts –  la videochat di Google che permette conversazioni allargate a gruppi di persone può essere utile in caso di conferenze con ospiti esterni, ma anche di colloqui con i professori o lezioni di recupero.

Genitori, insegnanti e studenti: che cosa ne pensate? Potrebbero essere suggerimenti utili e da prendere in considerazione? Fateci sapere la vostra opinione, e anche i vostri ulteriori consigli! 

mercoledì 18 settembre 2013

Parental Guidance, quando un film può insegnare!

Oggi vogliamo proporvi un bel film, da guardare con tutta la famiglia. Un film divertente e che sotto sotto fa riflettere. 




Parental Guidance, una lieve commedia che racconta le peripezie di due nonni alle prese con tre nipoti abituati ad una vita controllata da una serie infinita di regole dettate dalla guida dei “genitori perfetti”.
La “Guida per genitori” qui tirata in ballo non riguarda però l’accompagnamento adulto dei bambini nei confronti di un film o di un videogioco, quanto l’intero manuale educativo dei “parents”, intendendo per questi ultimi non soltanto i genitori ma anche, inevitabilmente, i nonni. E proprio dal confronto generazionale fra coppie di genitori, e rispettivi (nonché differenti) sistemi educativi, che nasce lo spunto comico alla base di tutto il film.
Coppia di nonni, lei (Bette Midler) casalinga briosa e un po’ svampita, lui (Billy Crystal) neo-licenziato cronista di baseball un po’ depresso ma dalla battuta salace, accettano di prendersi cura dei tre nipoti mentre mamma nevrotica (Marisa Tomei) e papà sono fuori per lavoro. I piccoli, figli della nuova corrente educativa più attenta ad assecondarne i bisogni e le nevrosi piuttosto che ad assestare loro qualche deciso “no”, ovviamente sbigottiti dal temporaneo cambio della “guidance” non potranno che mettere in piazza tutto il loro campionario di problematiche infantili che vanno dall’amico immaginario (un canguro) alla balbuzie, fino alla sindrome da efficientismo che affligge la più grande.
Due diverse scuole educative a confronto, l’una classica e ancorata a vecchi ma sempre efficaci sistemi, l’altra giovane e progressista ma al contempo incapace di relazionarsi seriamente ai ragazzi; inutile dire quale delle due avrà la meglio. A fare da sfondo a questo quadretto familiare c’è anche una casa iper-accessoriata gestita da un computer che pare Hal 9000 e al quale la giovane e ansiogena coppia ha delegato ulteriori compiti di vigilanza (tra cui proprio il divieto di visionare film “Restricted”, regola puntualmente violata dal nonno). Il tutto nel segno di quella prevedibilità leggera cui la commedia familiare americana ci ha abituato da tempo.

lunedì 16 settembre 2013

Il Wiki e le tecnologie digitali del web 2.0 nella didattica: l’utilizzo di un ambiente di apprendimento integrato per innovare i processi didattici nella scuola primaria.

Questa esperienza è stata presentata al III Convegno di Education 2.0. Una insegnante delle scuole primarie, si è posta alcune domande che hanno fatto partire un progetto di ricerca molto particolare. Come utilizzare le tecnologie nella mia didattica quotidiana per innovare le tecniche di insegnamento? Come ottimizzare l’apprendimento usando gli strumenti offerti dalla multimedialità e dal web 2.0 in modo da accorciare il divario tra scuola e le esperienze reali degli alunni? Come promuovere un uso più consapevole e critico delle tecnologie e del Web? 


L'obiettivo era quello di verificare se e in che modo le tecnologie e gli strumenti offerti dal web 2.0 potevano rispondere a queste esigenze, ormai ineludibili nella scuola del terzo millennio. Ha scelto quindi di sperimentare nella sua classe il Wiki, che dava la possibilità di creare un ambiente di apprendimento integrato, uno spazio virtuale dove la classe si può ritrovare anche oltre l’orario scolastico e lavorare in modo collaborativo su tematiche affrontate a scuola.






















In questo ambiente virtuale le tecnologie si intrecciano con i percorsi disciplinari e le attività quotidiane, promuovono e sostengono i processi collaborativi di costruzione di conoscenza della classe, danno un senso nuovo al lavoro in aula e ai compiti a casa.

La cultura partecipativa del Web 2.0 si ibrida con la didattica, immettendo “linfa nuova” nella prassi scolastica, spingendola inevitabilmente al rinnovamento.

Il Wiki è uno strumento semplice e duttile, non servono competenze informatiche avanzate, per realizzare le attività collaborative bastano pochi computer collegati alla rete e non servono software costosi perché ci si avvale di applicazioni web 2.0 a costo zero (o quasi): sono molti i servizi online che possiamo usare per editare prodotti multimediali da inserire nelle nostre pagine web (Voki, Calameo, Glogster, Mindomo, Google Documenti ecc.)

Le metodologie usate per realizzare questo progetto sono il Cooperative Learning e il Webquest, che si coniugano in modo da integrare “l’aula virtuale” con quella reale.

Il lavoro collaborativo di gruppo parte dal web con la tecnica della ricerca online chiamata Webquest, si sposta in classe sul cartaceo, con l’elaborazione della sintesi condivisa e infine ritorna sul web, attraverso l’inserimento nel wiki.

Il sito web è il punto di partenza dove raccogliere i link delle risorse online selezionate per la ricerca, il webquest strutturato con i compiti, i ruoli assegnati e la descrizione del procedimento che ogni gruppo deve affrontare, e il repository finale dove archiviare i testi e/o gli oggetti multimediali editati a più mani direttamente dagli alunni.

Il Wiki diviene una specie di quaderno digitale da organizzare e “riempire” pagina per pagina, con tutti i lavori realizzati in modo collaborativo dai bambini.
In questo modo gli alunni diventano autori e co-producono conoscenza e l’insegnante assume un ruolo di facilitatore-regista dell’apprendimento: predispone i materiali, guida gli alunni in classe a utilizzare questo nuovo strumento, compone i gruppi, assegna i compiti collaborativi, struttura i ruoli (che devono essere sperimentati tutti a turno da tutti i ragazzi), ma lascia largo margine di organizzazione al gruppo su come portare avanti il proprio lavoro. Monitora il lavoro ed è pronto ad aggiustare il tiro o a intervenire in aiuto.


Inoltre si risolve il problema della documentazione dei percorsi scolastici: il tracciamento crea una storia del lavoro scolastico ripercorribile anche a posteriori.

Le attività di navigazione e ricerca guidata avviano processi cognitivi di alto livello, come ad esempio selezionare, comparare e sintetizzare informazioni reperite da varie fonti in modo da giungere a un sapere autentico.

Con il nostro Wiki e il blog didattico abbiamo quindi usato le tecnologie come strumenti per amplificare la collaborazione, la condivisione, la rielaborazione delle informazioni e le relazioni interpersonali, ottenendo notevoli progressi in vari ambiti:
• un aumento della motivazione, della partecipazione attiva e del senso di autoefficacia negli alunni;
• una maggiore capacità di rielaborazione, autonomia e senso di responsabilità, per cui i contenuti sono stati appresi in modo più approfondito e significativo;
• un miglioramento del clima relazionale della classe.


La sola condizione essenziale è l’accesso al computer da scuola e da casa. Senza questo presupposto il progetto è destinato a incidere in minor parte sui processi di apprendimento degli alunni.

Questa insegnante racconta che ha dovuto affrontare piccole difficoltà: come per esempio la diffidenza iniziale di qualche genitore verso lo strumento e alcuni problemi nell’effettuare il login da casa. Nonostante questi piccoli problemi, il Wiki in questo caso ha rappresentato una soluzione semplice ed efficace, senza costi aggiuntivi, al problema dell’introduzione significativa delle tecnologie nella didattica quotidiana della classe.

Per innovare i percorsi educativi è necessario un uso “oculato e diffuso” delle nuove tecnologie digitali: il Wiki è lo strumento che risponde perfettamente ai nuovi bisogni formativi, consente agli alunni di divenire protagonisti attivi e responsabili del loro processo di apprendimento, cambia il setting didattico e crea un ambiente di apprendimento integrato in grado di favorire un apprendimento veramente significativo.

venerdì 13 settembre 2013

Promessi Lego al Milano Film Festival

Echeion, un giornale online che vanta nella redazione nomi di ex-alunni Faes, ci racconta la storia di altri ex-alunni Faes che stanno cercando di realizzare i loro sogni, mettendosi alla prova, utilizzando la loro creatività e le loro possibilità. In questo caso, i cari vecchi pezzi di Lego, sono stati spunto per una grande idea che sta girando in lungo e in largo per l'Italia, fino ad approdare al Milano Film Festival. Scopriamo insieme di cosa si tratta, in questo articolo di Lorenzo Ponte!
"Come far viaggiare un sogno dalle pareti della nostra camera da letto dritto sugli schermi di un Festival del cinema? Ce lo spiegano Marco Costa Letizia Pugni, studenti ventenni dell’università Cattolica di Milano, che un pomeriggio di un’estate afosa hanno deciso di dare ascolto a una simpatica idea, avuta magari tra un libro e una Cocacola.
Far incontrare un capolavoro della letteratura nostrana che ha purtroppo reso indigesta l’ora di italiano a molti adolescenti, con il gioco che ha segnato l’infanzia di tutti i bambini:Manzoni e i Lego. Tra interni di castelli e strade cittadine meticolosamente costruite con mattoncini, in pochi minuti riviviamo la storia di Renzo e Lucia. Le fattezze gialle e geometriche dei personaggi e un giovanissimo narratore danno un atmosfera fiabesca a una storia che oggi rischia di non comunicarci più nulla.
promesse milanesiRealizzato in stop motion, è l’esempio che con una buona idea si può cominciare a darsi da fare anche senza grandi finanziamenti alle spalle. L’ossimorica combinazione è vincente e in poco tempo iPromessi Lego raggiungono migliaia di visualizzazioni e vengono rimbalzati tra i social networks. L’entusiasmo non li fa adagiare sugli allori però e, in poco tempo, Marco si unisce con due amici Alberto Vignati e Michele Cardano per dare vita agli Iso, tre giovani filmakers milanesi squattrinati, ma con tanta fantasia e buona volontà nel portafoglio.
Per l’opera prima, It will never work, lasciano lo stop motion per lanciarsi in un cortometraggio dove una storia d’amore viene raccontata da un insolito punto di vista. Il messaggio è semplice e molto coraggioso, ma la vera forza di questo corto sono le luci fredde e intime e le inquadrature mai scontate.
Se sommassimo le loro età non riusciremmo a superare gli anni di Tornatore, eppure sbarcano con due opere alla sezione fuori concorso dell’edizione 2013 del Milano Film FestivalSalon des refusés, e noi ci godiamo lo spettacolo."

mercoledì 11 settembre 2013

Little Smiling Minds: giochi su iPad per insegnare ai più piccoli

LITTLE SMILING MINDS
L’intelligenza cresce giocando

E’ nato Little Smiling Minds, un progetto educativo estremamente innovativo, ideato dal mensile di divulgazione Focus, da Digital Accademia e dalla Dott.ssa Daniela Lucangeli, esperta di psicologia evolutiva e docente presso l’Università di Padova.
Little Smiling Minds ha lo scopo di unire il gioco all’apprendimento attraverso le app, strumenti semplici e sempre più diffusi anche tra i bambini. 


Le app Little Smiling Minds sono uniche e diverse dalle altre app di gioco per due ragioni: si fondano sui principi derivati dagli ultimi studi in materia di apprendimento e scienze cognitive e coinvolgono i genitori in maniera esclusiva. Mentre i bambini giocano infatti, i genitori accedono ad una area pensata per loro dove possono comprendere in modo semplice cosa il figlio ha appreso e in che modo far progredire la sua intelligenza. 





Come spiega Daniela Lucangeli, Professore Ordinario di Psicologia dello sviluppo e dell'educazione Università di Padova, “L’intelligenza numerica, la capacità di vedere il mondo in termini di quantità, è innata nell’uomo. Abbiamo ereditato questa capacità dai nostri progenitori che l’avevano sviluppata per la sua enorme utilità: riconoscere dove c’era più o meno cibo o dove c’erano più o meno pericoli significava spesso potere sopravvivere, non fosse altro perché era sempre meglio incontrare un leone piuttosto che tre! Per questo oggi il bambino è in grado di riconoscere le quantità ben prima di sapere dare loro un nome. E quindi di imparare le basi della matematica purché siano insegnate in modo giusto, naturale: assecondando le sue capacità”.

 “Contabosco” tiene conto del modo in cui apprendono i bambini e sfrutta le grandi potenzialità del gioco, che consentono di coinvolgerli fino dai tre anni, in modo divertente e facile.
All’avvio di ciascuna applicazione il bambino attraversa numerose aree di gioco, guidato dagli animali protagonisti dello scenario: ogni scena contiene 3 mini-giochi che propongono una competenza specifica e la consolidano; attraverso sette livelli di difficoltà.




I piccoli non sono mai lasciati soli nella loro esperienza di gioco; su tutte le app e sul sito http://littlesmilingminds.com/ c'è un'area dedicata ai genitori che permette di seguire passo dopo passo, senza essere invadenti, l'apprendimento del proprio bambino. Ogni volta che il bambino supera un livello di gioco, il genitore è raggiunto infatti da una mail che lo aggiorna sui progressi nell’apprendimento e gli dà consigli per potenziarne l'apprendimento, sempre giocando.







A breve saranno disponibili anche Contamare e Contasavana, dedicate alla stessa fascia d'età con giochi progressivamente più articolati. Little Smiling Minds proporrà nei prossimi mesi altre app, dedicate alla scoperta del linguaggio, le lingue straniere, e altre ancora.

lunedì 9 settembre 2013

Domande per ascoltarvi



Stabiliamo un contatto. Il nuovo sito Faes andrà in onda tra qualche giorno, verso fine settembre, e stiamo già pensando come arricchirlo per farlo diventare un luogo di contatto e discussione. 
E una delle strade migliori è quella di costruire insieme a voi la parte delle domande frequenti, le cossiddette FAQ. Che per la verità possono diventare anche domande infrequenti ma determinanti.
Per parafrasare il titolo di un vecchissimo film: "Tutto quello che avreste voluto sapere sul Faes ma non avete mai osato chiedere". 
Quali sono queste domande? Che cosa vorreste sapere? Quali risposte vorreste vedere nel sito?

Per darvi un aiuto e uno stimolo ecco le prime che abbiamo raccolto grazie all’attività sui social network.

Che insegnanti avranno i miei figli? Scelti da chi? Con che formazione?

Si può iniziare il percorso faes in qualsiasi momento (anche alle superiori) o ha senso solo se si parte dal primo ciclo?

Perché scegliere una scuola Faes?

Cosa hanno le scuole Faes di diverso rispetto alle
altre scuole (anche private)?

Che senso ha la scuola omogenea?

Posso usufruire della dote scuola? In che misura? Come si fa a chiederla?

Ho tre figli, pagherei la stessa quota per tutti o ci sono agevolazioni?

Perché spendere dei soldi in una scuola privata quando ci sono quelle pubbliche?

Che cosa è il tutor e che cosa fa?


E voi quali domande aggiungereste?

Le risposte ovviamente le troverete sul sito nuovo verso fine ottobre quando avremo inaugurato anche questa sezione.
Grazie! 

venerdì 6 settembre 2013

Educare al gusto estetico: può essere d'aiuto un programma o meglio far fare ai genitori?

Conoscerete tutti Carla Gozzi, la stylist modenese che dal 2008 è uno dei volti di punta di Real Time con programmi come 'Ma come ti vesti' e 'Guardaroba perfetto' .
Proprio per questo programma è finita nei guai. Infatti è previsto per il 9 settembre, su Real Time, il debutto della versione 'Kids & Teen' di tale show. In tale programma, insieme  alla fidata sarta Enza, Carla riorganizza gli armadi delle concorrenti e dispensa consigli di moda aiutandole a scegliere gli outfit migliori con i capi che vi sono contenuti. In questa versione i clienti sono bambine e teenager, dagli 8 ai 14 anni, che, insieme alle loro mamme, cercano di trovare lo stile.

Roberta Zappalà, blogger, ha lanciato in rete una petizione e chiede il blocco della messa in onda del programma: "Il programma è contrario ad ogni principio volto a tutelare i minori nella loro formazione, informazione, crescita e libertà. E' privo di utilità sociale e culturale e mette delle bambine sotto i fari di uno studio televisivo e sotto l'occhio vigile di una matrona che col dito puntato ordina loro come sia più appropriato vestirsi e per quali occasioni". Prosegue la blogger "Tutto ciò intratterrebbe, inoltre, altrettante bambine, menti facilmente influenzabili costrette a schemi di moda imposti da una società che troppo presto le omologherebbe, in un momento di prematura personalità e coscienza individuale e sociale",
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Tale appello è stato rivolto a Laura Carafoli, vicepresidente di Discovery Italia, il network di cui fa parte Real Time. La petizione ha avuto molto riscontri in rete e ha già superato il migliaio di firme. Sul blog di Roberta Zappalà viene riportata anche la replica dei diretti interessati: "Mi chiedo come si possa criticare un programma senza averlo ancora visto e come si possa pensare che ci sia un intento diseducativo - ha detto la Carafoli al Fatto Quotidiano - Accanto alle ragazzine ci saranno sempre le madri e Carla Gozzi non insegnerà loro a diventare delle fashioniste consumiste ma a vestirsi al meglio usando i capi che hanno già nel loro guardaroba. Il modello di riferimento non sarà la velina, ma si insisterà sul fatto che non è necessario omologarsi per avere uno stile interessante".
E voi cosa ne pensate? Può essere un modo interessante per avvicinare le bambine alla moda, alla scoperta del gusto estetico, capire le loro potenzialità e valorizzare la loro figura, oppure questi compiti sono specifici dei genitori che in maniera naturale aiutano le loro figlie? Ci sono anche implicazioni morali da tenere in considerazione?

mercoledì 4 settembre 2013

Far girare l'aria in classe per essere più reattivi e meno assenti

Può un semplice gesto, comune, quotidiano e davvero facile, aiutare i nostri bambini ad essere più attivi, attenti e studioso? Beh questo bellissimo articolo di Elena Meli ci aiuta a capire come può essere possibile tutto ciò soltanto aprendo la finestra al momento giusto!
A breve le scuole riapriranno i battenti. Così bambini e ragazzi, da ora e per i prossimi mesi, si ritroveranno a passare gran parte della giornata al chiuso, entro spazi che dovrebbero essere confortevoli e salutari: aule ben illuminate, con una buona ventilazione e senza sostanze dannose nell'aria. In realtà non è sempre così, anche se spesso basterebbe poco per migliorare la qualità degli ambienti dove si studia. Un recente studio del Berkeley Lab, in California, ad esempio, ha dimostrato che anche solo aprire spesso le finestre in classe migliora parecchio la ventilazione e riduce il numero di assenze per malattia degli studenti. Gli autori, raccogliendo dati in 162 aule di 28 scuole elementari, si sono accorti che se l'aria viene fatta circolare in misura adeguata (l'ideale sarebbe una ventilazione pari a 7 litri al secondo per studente) le assenze dei bambini si riducono di circa il 3,5% all'anno. Non poco, visto che ciò si tradurrebbe per le famiglie in un risparmio di 80 milioni di dollari in cure, babysitter e costi per i giorni di lavoro persi dai genitori.
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VENTILARE LE AULE - Danilo Cottica, responsabile del Centro ricerche ambientali dell'Area di Igiene Ambientale e Industriale dell'IRCCS Fondazione Maugeri di Pavia, conferma: «Se non c'è un sistema di trattamento dell'aria interna - che peraltro in caso sia presente va mantenuto in perfetto stato ed efficienza - è importante ventilare le aule aprendo le finestre al mattino presto, quando non c'è il traffico delle auto che portano i bimbi a scuola. Se l'aria viene cambiata quando fuori c'è il picco di inquinamento, infatti, l'effetto diventa negativo perché entra lo smog. Purtroppo nelle scuole, così come negli uffici e nelle abitazioni, non di rado l'aria è più inquinata rispetto a quella in strada: all'interno, gli inquinanti si concentrano se non c'è una ventilazione adeguata, se vengono usati materiali che emettono sostanze tossiche o per abitudine scorrette, quali il fumo».
IL PROGETTO - Cottica è fra i responsabili del «Progetto Scuole» a Pavia: dall'inizio del 2013 in 8 istituti della città (5 primarie, 1 secondaria di primo grado e 2 secondarie superiori per un totale di circa 400 ragazzi) i ricercatori hanno utilizzato ilRadiello, uno strumento brevettato dalla Fondazione Maugeri, per valutare con precisione la qualità dell'aria che respiriamo. Gli apparecchi hanno assorbito per tre giorni l'aria dentro e fuori le aule, mentre a bambini e ragazzi è stato chiesto di contare le auto che passavano fuori dalla scuola per valutare l'eventuale correlazione fra traffico e inquinanti indoor. I risultati, presentati nel maggio scorso al convegno «Progetto Scuole» da Elena Grignani, igienista industriale della Fondazione Maugeri, dimostrano che moltissime sostanze dannose sono più concentrate in classe che all’esterno: nelle aule e nei laboratori degli istituti tecnici, dove si fa uso di composti chimici, l'incremento degli inquinanti indoor è impressionante e i composti organici volatili ad esempio arrivano a essere fino a 40 volte di più, ma l'effetto è visibile anche all’interno delle scuole elementari e medie, dove si può arrivare a concentrazioni di inquinanti perfino 10 volte maggiori rispetto all’esterno.
LE CONSEGUENZE - Le conseguenze possibili vanno da un maggior rischio di allergie, riniti, irritazioni oculari, problemi respiratori, anche se, naturalmente, molto dipende dalla quantità di composti tossici presenti: più ce ne sono, più sale il rischio di effetti avversi sulla salute. Ma da dove vengono le sostanze chimiche di cui abbonda l'aria delle scuole? «Allo smog che entra dall'esterno si aggiungono le emissioni dai mobili e dai prodotti di pulizia, nonché i composti che provengono da colle, pennarelli, carta, profumi. Chiudere il bianchetto dopo averlo usato, ad esempio, è una buona abitudine da insegnare a tutti i bambini — osserva Cottica —. Purtroppo, non esistono regolamenti veri e propri per tutelare l'ambiente scolastico nel nostro Paese. In Francia sono state definite linee guida per classificare le scuole in base alla qualità dell'aria e identificare procedure per ridurre l'inquinamento interno; in Italia tutto è lasciato al buonsenso degli insegnanti, anche se il progetto GARD Italy (Global Alliance against Chronic Respiratory Diseases) per la prevenzione delle malattie respiratorie si sta in parte ispirando alle iniziative francesi».
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I RISCHI A SCUOLA - Che la scuola e i rischi sanitari per chi la frequenta nel nostro Paese siano un po' una «terra di nessuno» lo conferma Salvatore Tringali, dirigente medico dell'Unità operativa ospedaliera di Medicina del lavoro dell'IRCCS Fondazione Maugeri di Pavia: «La sorveglianza sanitaria costa e la scuola non ha soldi — sintetizza il medico —. Purtroppo, oggi non riusciamo quasi mai a prevenire i rischi sanitari nelle strutture scolastiche, come sarebbe nello spirito della legge 81/2008 sulla sicurezza sul lavoro, ma di fatto solo a intervenire quando è già emerso un problema. I funzionari Asl vanno nei cantieri e nelle aziende a più alto rischio, ma a controllare che tutto sia a posto nelle scuole non va nessuno». I pericoli per la sicurezza e la salute dei ragazzi e degli insegnanti infatti esistono, aria poco pulita a parte, nonostante in gran parte dei Documenti di Valutazione dei Rischi vengano minimizzati escludendo dalla scuola la presenza del medico competente: ad esempio, educatori e insegnanti di sostegno che devono gestire bambini e ragazzi con disabilità dovrebbero essere valutati per la movimentazione di carichi e dal punto di vista psicoattitudinale; nei laboratori esiste un rischio chimico che per alcuni, come gli allergici, potrebbe essere consistente (basterebbe far compilare agli studenti un piccolo questionario per individuare chi è più suscettibile alle sostanze che possono essere manipolate a scuola). «Le scuole dovrebbero avere spazi e strutture idonee alle attività che vengono svolte, con caratteristiche previste da norme UNI-EN — spiega Tringali —. Ad esempio, dovrebbero essere presenti luci regolabili così da assicurare che sulle lavagne vi sia una luminosità pari a 500 lux e nelle aule di disegno tecnico salga a 750 lux, mentre in palestra ne bastano 300, in mensa 200 e sulle scale 150. Perfino il colore delle pareti sarebbe utile per favorire la concentrazione o la socialità, scegliendo per i diversi ambienti tinte calde o fredde. Inoltre, bisognerebbe misurare la luminosità a 85 cm da terra, cioè dove si trova il piano di scrittura. Esistono, poi, otto tipi di banchi per altezza diverse (dagli 80 cm dei bimbi prima dei tre anni di età, ai due metri dei diciottenni)e con il piano inclinabile fino a 60 gradi, nonché sedie con schienali anch’essi inclinabili. Ma chi li ha mai visti nelle classi? Di rado la scuola garantisce la giusta postura: nelle aule di informatica spesso ci sono vecchi monitor profondi 50 cm piazzati sui banchi, che impediscono ai ragazzi di stare seduti come dovrebbero. Realisticamente, vista la scarsità di fondi, si può fare ben poco; però, aumentare le conoscenze e la sensibilizzazione di genitori e ragazzi potrà servire per far valere con più forza il diritto a scuole dove il benessere sia davvero una priorità».
fonte Corriere Salute 2 Settembre 2013

lunedì 2 settembre 2013

Costruire il proprio futuro: ecco come essere creativi




Si dice che non c’è lavoro e che il lavoro bisogna inventarselo. Vero. Sono personalmente convinto che oggi sia più facile lanciarsi in una avventura da soli, con partita iva o con una di queste srl a 1 € create apposta per i giovani, che non trovare una occupazione fissa, il vecchio posto in banca degli anni Cinquanta e Sessanta. Ma mi rendo conto che non tutti vogliono fare questa scelta. Che impone creatività. O che non tutti siano costretti a fare questa scelta perché così appetibili sul mercato del lavoro da poter scegliere cosa e dove farlo.
Certo che la concorrenza è spietata e oggi anche globale. Allora meglio cercare di farsi notare in tutti i modi. Anche in quello di cercare lavoro. Suggeriscono di inviare video CV alle aziende, una idea interessante, sapendo cosa metterci dentro. Evitare ciò che potrebbero dire tutti: sono pronto ad impegnarmi, sono creativo, sono capace di lavorare in gruppo e così via.
Meglio raccontarlo con immagini, con storie più che con parole confuse nel vento.
Oppure stupire tutti come hanno fatto questi due signori ormai assurti a geni della auto-promozione.
Philippe Dubost stupisce proponendo la propria professionalità come un prodotto in vendita su Amazon. E ottiene il lavoro subito, anche perché tutti i giornali del mondo e molti altri social, riprendono la sua pagina e la rilanciano su milioni di schermi. Oggi se cercate la pagina del suo curriculum trovate un “sold out”, per il momento indisponibile.
Ma per arrivare in rete e avere i numeri della pubblicità virale altrimenti impossibile da finanziare, si può partire anche dalla… strada, come ha fatto Adam Pacitti che è stato doppiamente geniale nel
ringraziare i suoi… mentori dopo aver trovato lavoro.
In che modo potreste farvi notare? Come stupire il pubblico che vi cerca?

Qual è la qualità più importante per il settore nel quale volete lavorare? Come potere mostrare di possederla in un modo innovativo, originale e capace di stupire?