lunedì 30 dicembre 2013

Una famiglia numerosa o bastano due figli per essere felici?

Pubblichiamo oggi un articolo molto interessante, tradotto da Mara Celani, una mamma blogger, tutto fare in realtà!  Mara Celani, nata a Roma l’11 agosto 1959, infatti è laureata in Architettura nel 1985, è sposata dal 1987 e madre 5 volte dal 1989 al 1999. Architetto e fotografa free-lance, le sue pagine web professionali sono qui: www.quiddivinum.it
Un post che rappresenta cosa riserva la famiglia e la famiglia numerosa in quanto a felicità e difficoltà

"La dimensione della famiglia americana media è di 2,5 persone, con una media di 0,9 bambini per nucleo familiare.  WOW! Quando ho visto questa statistica, oggi, sono rimasta impressionata dai numeri.  Il numero di figli per famiglia è drasticamente diminuito dall’ultima volta che ci avevo fatto caso.
Non avevo mai capito perché le persone hanno due figli finché non ho avuti figli a mia volta. Nella mia testa sono cresciuta immaginando di avere centinaia di figli.  Veramente.  Sognavo una casa piena di bambini.  Non capivo affatto la realtà della maternità.  Non sapevo cosa significasse avere le nausee di mattina.  Non capivo quanto la gravidanza possa essere difficile e a volte spaventosa per la maggior parte delle persone. Non sapevo cosa significasse restare svegli tutta la notte per varie settimane di seguito per poi essere svegliata la mattina da un bambino di due o tre anni molto riposato.  Non avevo mai pensato a tutte queste cose. Non conoscevo la pena di chinarsi preoccupata a morte su un figlio malato.  Non sapevo come ci si sente a preoccuparsi continuamente per il futuro e la formazione di un figlio. Ecco, ero sicura di me e ignorante. Poi ho avuto un figlio.  Ho avuto il mio primo figlio e me ne  sono innamorata perdutamente. Come la maggior parte delle madri con i loro primi figli ero meticolosa su tutto.
Mi assicuravo di leggere per lui 40 ore al giorno, gli insegnavo il linguaggio dei segni, preparavo tutte le sue pappe, lo portavo fuori ogni giorno, e leggevo ogni libro sull’essere genitori, per assicurarmi di non rovinarlo a vita.  Ma guardando indietro ero davvero sopraffatta.  Vedete, quando una donna si sposa ed ha un figlio, la vita che prima conosceva cambia completamente.  La tua vita non è più solo tua, per sempre. Sei interamente responsabile per un altro essere umano. Mi ricordo di aver pensato, la prima volta che si ammalò:  “Se non lo porto io dal dottore non lo farà nessun altro.”  Devi prendere decisioni importanti su cose come vaccini, scelta della scuola, parto naturale o pilotato,  allergie, strategie parentali (sculacciare o non sculacciare), problemi a dormire, capricci, problemi alimentari,, ecc. ecc.  Non c’è un barometro nella maternità.  Non ricevi una medaglia alla fine della giornata che ti dice: “Brava, hai gestito bene quella crisi!” oppure: “Bene! ottima scelta per la vaccinazione!” oppure: “Gran bel cambio di pannolino!”.  Quindi per la prima volta, nella vita di molte donne ci si trova davanti a uno scenario da primo giorno di scuola solo che i libri di testo sono al livello del tuo post-dottorato. Sembra che intorno alla scadenza del secondo anno, la maggior parte delle persone si arrischi ad avere un altro figlio.
Ci sono: ecco perché la maggior parte delle persone non va oltre il limite dei due figli.  Si lo so, alcuni dicono che è per altre ragioni tipo: finanze, gravidanze difficili o addirittura pericolose.  Però, quando parli seriamente con una donna scorgi in lei la solitudine e il desiderio di avere altri figli.  Probabilmente lei neanche lo sa.  Quanto a me, ho avuto il mio primo figlio al quale ho dato TUTTA LA MIA ATTENZIONE.  Poi ne ho avuto un altro al quale SENTIVO CHE AVREI DOVUTO DARE TUTTA LA MIA ATTENZIONE.  Questo era davvero un compito impossibile.  Chi può farcela?  Mi ricordo quando dovevo andare da qualche parte e facevo in modo di avere un esercito di persone ad aiutarmi. Veramente.  Ammiravo le madri di famiglie numerose e mi sentivo inadeguata accanto a loro.  Ero allo zoo con i miei due bambini e sei delle mie sorelle ognuna a reggere qualche gamba e braccio e possibilmente anche respirare per loro se ce ne fosse stato bisogno.  Poi vedevo madri di dieci figli…. SENTI QUESTA: DA SOLE ALLO ZOO!… e anche sorridenti.
Quando vivevamo in Oklahoma mettevo nel bagaglio abbastanza giocattoli perché nelle otto ore di viaggio avessero qualcosa di nuovo da guardare ogni 2,3 minuti.  Era ridicolo.  A messa ci portavamo un buffet, così che non passasse un attimo in quell’ora senza che potessero mangiare o guardare qualcosa.  Non guidavo MAI per più di un’ora da sola perché:POTREBBE PIANGERE O QUALCOSA DEL GENERE, cosa che non doveva succedere.  E’ la prima volta da quando sei madre che ne hai uno che gattona e in più un neonato.  Mia madre dice sempre che la maggior parte dei bambini diventa normale al loro primo compleanno.  Il che significa: questa cosa l’ho vista e rivista.  Tu hai questo bambino dolce bello innocente che fa tutto ciò che dovrebbe per il suo primo anno di vita e poi… qualcosa succede. Comincia ad avere le sue opinioni.  Come osa pensare da sé? Improvvisamente fa capricci in pubblico, inarca la schiena, si sdraia per terra, si arrampica su qualsiasi cosa, va a pescare nel water, diventa un mangiatore schizzinoso.  Loro sono un disastro e tu sei un disastro.  Mi ricordo una mia cara amica che piangeva sulle foto del suo bambino da piccolo per la metamorfosi subita nel suo secondo anno di vita. Mai prima di allora ti eri trovata davanti a continue decisioni su come gestire quel polipo che ti ritrovi in casa. In più hai un neonato per il quale il cuore della notte è il momento di massima attività. Nota bene: il gattonatore che ha dormito nella stanza accanto per 13 ore di fila non essendo informato si sveglia comunque per far festa alle sei di mattina.  Come faceva a non sapere che tu hai preso sonno solo alle 5 e mezzo?  Davvero, chi continuerebbe a fare una cosa del genere? Sei così stanco e sopraffatto che tu sai che Dio non può volere che uno viva in in quel modo.
E tu ti trovi a dire: “Non sono in grado di essere una buona madre per i due che ho, perché dovrei farne altri?”  “Non riesco a immaginare di sentirmi così per i resto della mia vita.”  “Posso usare i miei talenti in modi più produttivi che non siano avere altri bambini”. “Ero molto più paziente prima di avere dei figli” “Non sono utile a nessuno in questo stato”.
Questa vocina nella tua testa non viene da Dio. E’ il demonio che prova a scoraggiarti dal fare IL PIÙ IMPORTANTE LAVORO che tu possa mai fare. Vedi, come ogni nuovo lavoro, qualcosa comincia a cambiare dopo due bambini, (alcuni dicono dopo tre, ma la maggior parte due). Cominci a abituarti al tuo nuovo lavoro.  Tutte le tue piccole paure e domande non sono più costantemente presenti.  Cominci a vedere fasi nei tuoi bambini e sai che che normalmente “anche questo passerà”. Cominci ad avere una pacifica accettazione della tua “promozione” e cominci a vederla in questo modo.  Come facevo a sentirmi più stanca con un bambino di quanto non lo sia adesso con sei?  Perchè non è più un problema guidare per otto ore da sola con tutti i miei figli ma fino a pochi anni fa non avrei guidato per 30 minuti con uno solo?  Come mai adesso riecco a fare tre ore di viaggio per andare a trovare mia madre e ogni figlio si accontenta di un solo libro per tutto il viaggio quando in passato avevano un giocattolo per ogni 5 minuti e i viaggi erano così faticosi e snervanti?  TU COMINCI A CAMBIARE.  Cominci a vedere ogni figlio molto diversamente.  Cominci a guardare il più grande non come a uno di cinque anni, ma con la prospettiva, del tutto nuova, di uno che vivrà a casa ancora solo per altri 13 anni.  Ti godi la loro infanzia, e sei consapevole che la maggior parte delle cose che fanno sono fasi. Ti accorgi di quanto vola il tempo, e cerchi di rallentare. Tu sai che possono dormire o non dormire, e anche se non dormono, improvvisamente e stranamente diventa: “Va bene uguale”.  Perché succede questo?  Quando avevo solo Dominic mi dovevo alzare nel mezzo della notte, io ero veramente la persona più stanca di tutta l’America. Davvero. Avevo bisogno di due sonnellini durante la giornata perché mi sentivo davvero molto stanca. Ma poi ti adatti.  Ora non mi sento più così stanca come quando avevo solo un bambino. Tu vai avanti e Dio ti fa andare avanti. Una madre di nove figli molto saggia mi disse una volta: "I giorni sono lunghi, ma gli anni sono brevi."
Vorrei cambiarlo in: “Alcuni giorni sono lunghi, ma gli anni sono davvero troppo brevi.” Cominci a vedere come le cose cambiano da una stagione all’altra. Ti ritrovi a dire: “Solo l’estate scorsa gli piaceva correre in bici fuori, ora è più tranquillo e vuole stare dentro mentre noi usciamo.”  Vedi, queste sono  le lezioni alla scuola della maternità.  Con ogni nuovo figlio hai una promozione.  Dio ci cesella e ci rifinisce e ci fa belle.  Perché le madri di famiglie numerose sono edificanti? Perché ci piace star loro vicino? Non fraintendetemi, non voglio dire che le madri due figli non hanno niente da insegnarci.  Non è questo che voglio dire.  Quello che voglio dire è che in ogni lavoro la persona che è stata lì più a lungo e ha più esperienza è piuttosto saggia.  Ci sono persone che vorrebbero dei figli ma non possono avere.  Le persone forse non sono sagge a meno che non abbiano figli e specialmente molti  figli? No, niente affatto. Tutti hanno qualcosa da insegnare.  Non sono qui a darmi pacche sulla spalla (sono ancora in mezzo al guado).  Sono qui solo per incoraggiare e semplicemente per dire: ”Vai avanti.”  Il mondo ti dice di fermarti. Ma il mio punto è semplicemente: se se sei stata benedetta con il dono della fertilità per favore, mostralo al mondo.  Se per qualche ragione Dio decidesse di non mandarci più figli, io prego che noi sappiamo spendere le nostre vite per glorificarlo in qualunque strada ci voglia portare. Ho molti amici e parenti che ancora non hanno figli e che danno gloria a Dio magnificamente con le loro vite e e la loro apertura all’adozione e e altre grandi cose.  Io scrivo per incoraggiare madri giovani e meno giovani ad andare avanti. 
Una vita in più. Un'anima in più. Una nuova persona in più.
Le possibilità di una nuova persona incredibili.  Incontro così tante donne che vorrebbero aver avuto più figli, ma non ne ho mai conosciuta nessuna che rimpianga di averne avuti troppi.   Dio ha dato alle donne il dono della fertilità per pochi anni della vita con la prospettiva dell’eternità. Io prego di far tesoro di questo dono e di usarlo saggiamente. Mio fratello Dominic era il settimo nella nostra famiglia. Come facevano i miei a sapere, quando è nato, che diciotto anni dopo lui si sarebbe occupato di mio padre durante i sui ultimi giorni di vita su questa terra? Le scene che ho visto di Dominic e mio padre ancora mi fanno piangere.  Vedere un giovanotto robusto di 18 anni sollevare suo padre invalido dalla sua sedia a rotelle dandogli una così bella dignità.  Vedevo Dominic voltarsi e piangere così spesso.  Era commovente.  Quale dono e privilegio ha avuto Dominic nel prendersi cura di lui.  Lo zio di John, Fran è il decimo di dodici figli.  E’ un  medico e ha passato molti anni lavorando come volontario in Australia tra i più poveri dei poveri. Ha risanato le vite delle persone con il dono della medicina. Ha ridato la vista e l’udito a centinaia di persone, ha cambiato così tante vite. Io credo che ogni lavoro è importante, ma niente è più importante che portare anime in questa terra con la possibilità di un’esistenza eterna con Dio per sempre. Io ti prego, donna,  di renderti conto di quanto sei privilegiata a poter mettere al mondo dei figli. Doniamo a Dio il nostro essere senza riserve e lasciamo che sia Lui a scrivere la storia della nostra vita e delle vite che Lui sceglie di donare.   Per qualche ragione Dio non ci rivela il finale della nostra storia.  Perciò ci dobbiamo fidare.  Come diceva Madre Teresa: “Voglio essere una matita nella Sua mano.”

L’originale si trova a questo link: My Child, I Love You: Why most families have 2 children.."

venerdì 20 dicembre 2013

La generazione che non sa stare in compagnia?

Di recente girava per i social network una breve considerazione sulla generazione in cui siamo, sulle caratteristiche di a-socialità...una breve invettiva quasi. 
Eccola.

"Siamo nella generazione in cui si esce con gli amici mentre si chatta con altri su whatsapp. 
Siamo nella generazione in cui si va a cenare fuori e invece di catapultarsi sul piatto, si fa la foto della pietanza per caricarla su instagram.
Siamo nella generazione in cui se si incontra una persona interessante la si cerca il giorno dopo su facebook, invece di parlarle immediatamente.
Siamo nella generazione in cui ci si innamora con un cuoricino rosa in chat e non davanti ad un tramonto.
Siamo in una generazione che non mi appartiene e non so come uscirne, dove sono finiti gli abbracci?"


Condivido. In pieno. E ho iniziato seriamente a preoccuparmi quando l'altro giorno in un ristorante spagnolo (il fatto che sia un fenomeno internazionale non mi tranquillizza, non è mal comune mezzo gaudio) ho visto una ragazzina, di 10-11 anni, che cenava con la famiglia e a tavola insieme a loro c'era un tablet, i cui veniva riprodotto un cartone animato.



Bene, molto bene. Se anche i bambini, non sanno più stare in compagnia di altre persone senza un aiutino hi-tech, se non si riesce a fare una cena di famiglia comunicando face to face, siamo messi bene!
Forse ogni tanto dovremmo imparare a spegnere i telefoni, i computer e via dicendo e goderci un po' di sane relazioni umane...che dite?

  

mercoledì 18 dicembre 2013

La scuola italiana è in ritardo? Sì, ma è quella che recupera di più! - fonte Corriere della Sera



Cosa si dice della scuola Italiana? Ogni tre anni l'OCSE  (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo) presenta le pagelle alla scuola italiana, pagella che calcola il rendimento degli investimenti in educazione, confrontando i costi dell'istruzione e l'assenza di un guadagno durante il corso di studi, con le prospettive salariali. Pochi giorni fa sono state rese pubbliche queste pagelle. Beh cosa è emerso? Ecco qui!


"Le pagelle dell'Ocse:  oggi avete più autonomia e creatività Avete ridotto le risorse ma siete riusciti a farle fruttare al meglio Un buon esempio,  La tendenza è avere meno docenti ma molto più capaci e professionali


Bocciati e promossi non sono gli allievi, ma i governi. Da quando l'Ocse ha introdotto i test PISA (Program for International Student Assessment ), nel 2001, ogni tre anni i risultati sono attesi con fiducia dai Paesi asiatici e scandinavi (quelli con i migliori sistemi educativi al mondo) e con apprensione da Usa e resto d'Europa, spesso in ritardo. Oggi verranno resi noti i dati relativi alla ricerca condotta nel 2012 per valutare le capacità di 510 mila quindicenni di 65 Paesi, e poche ore prima, nel suo ufficio all'Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) di Parigi, Andreas Schleicher si occupa delle ultime correzioni. 
Cinquantenne, tedesco, statistico di formazione, Schleicher è il coordinatore del programma PISA, e consulente del colosso editoriale ed educativo Pearson (partner dell'Ocse), con il quale ha sviluppato il concetto di efficacy framework dell'apprendimento: di un sistema scolastico si valutano non gli stanziamenti, le risorse, i fondi, ma le capacità e non solo i saperi che realmente riesce a trasmettere ai ragazzi. Schleicher spiega come i suoi test sono diventati lo spauracchio di tanti ministri dell'Istruzione (anche nel suo Paese, la Germania), e perché l'Italia non va poi così male.  
«Nei primi anni è stato difficile fare accettare una cultura di responsabilità e di trasparenza, in Italia ci sono state molte critiche, oggi invece il programma PISA è bene accetto». 
Qual è la particolarità della situazione italiana? «Resistono molte differenze nelle performance tra Nord e Sud, ma io trovo il comportamento dell'Italia davvero incoraggiante. I primi risultati dei test Pisa erano deludenti, e non solo quanto al divario tra Settentrione e Mezzogiorno.  L'Italia ha attraversato tempi difficili, molte risorse sono state tagliate, eppure è stata capace di migliorare. Anzi, l'Italia mostra uno dei progressi più rapidi, per esempio nel campo della matematica. Nel 2009 i risultati erano ancora di due punti sotto la media, ma in netto miglioramento. Voi italiani dimostrate che si può fare molto, che i buoni risultati non sono solo questione di più soldi. L'Italia è stata capace di fare quadrare il cerchio, ha ridotto le risorse, ma è riuscita a farle fruttare meglio». 
Quali sono stati i comportamenti virtuosi, secondo lei? «Il primo passo è stato accettare la realtà. Avevate tanti professori, ma pagati e formati piuttosto male. Le cose sono cambiate, la tendenza è avere meno docenti ma più capaci e professionali. E poi l'istruzione italiana era una grossa macchina centralizzata, oggi c'è più autonomia e creatività». 
Che cosa possiamo imparare da Paesi come Cina, Giappone, Corea del Sud, che sono in cima alla classifica? «In Asia ogni genitore, ogni nonno investe nei suoi bambini, vuole che i figli e nipoti abbiamo successo. E ogni insegnante pretende il massimo da tutti, nessuno è lasciato indietro». 
È questo che rende le scuole di Shanghai tra le migliori del mondo? «Sono state capaci di attrarre gli insegnanti più capaci, mettendoli nelle classi più problematiche. Se sei un vicepreside in Italia non devi fare altro che aspettare, invecchiare, e un giorno avrai il posto da preside. Se sei un vicepreside a Shanghai e vuoi fare carriera, il governo ti dirà ok, forse ti promuoviamo, ma prima facci vedere cosa sai fare in una delle scuole più difficili?». 
Non dipende anche dal sistema culturale, dai valori radicati nella società? Non giocano un ruolo anche le «madri tigri» asiatiche?«Non nego che la cultura abbia un impatto profondo, ma dobbiamo chiederci: la cultura è ereditata, ci arriva da fuori, dagli antenati, o è creata da noi, da quel che facciamo ogni giorno? La cultura o le tradizioni spesso sono usate come una scusa per rassegnarsi. Pensiamo alla Polonia: negli anni 2000 era sotto la media. Nel 2009, veloce progresso. La Polonia non ha cambiato cultura, ha cambiato il suo sistema educativo». 
«Torniamo all'Italia: nel primo test PISA, mediocre. Da allora, rapido miglioramento. E potremmo ottenere ancora di più se accettassimo di essere più responsabili: genitori, insegnanti, allievi, presidi. Dovremmo tutti sentirci attori, più che oggetti passivi, della cultura». 
Quale consiglio dà ai Paesi europei in marcia ma ancora indietro, come l'Italia? «La scuola non può più essere una specie di lotteria... Una grande ruota della fortuna che ha il compito di tirare fuori dal mucchio i più dotati. Dobbiamo pensare a migliorare i risultati di tutti. Pretendere successi straordinari da alunni ordinari». 
Montefiori Stefano

domenica 15 dicembre 2013

Gospel che parlano all'anima: il concerto di Natale delle scuole Faes






In questo bel video si coglie la magia del gospel. Si tratta di un flash mob messa in scena all’interno di un supermercato della catena Woolworths in collaborazione con il coro gospel di Soweto per onorare la memoria di Nelson Mandela.
La canzone scelta per la celebrazione è Asimbonanga, cioè “non abbiamo visto”, un testo scritto per sollecitare la liberazione di Mandela durante i suoi 27 anni di carcere.
Il gospel è capace di evocare una magia speciale, richiamando valori che si nascondono nel profondo del nostro cuore.
E che potremo ritrovare nel concerto che le scuole Faes propongono per venerdì 20 dicembre presso il Teatro di via Visconti d’Aragona. Il coro gospel UnaVoce, diretto dal maestro Alexander Zielinski accompagnato al pianoforte dal maestro Roberto Binetti si esibirà nelle più belle canzoni di Natale.

Vi aspettiamo.

venerdì 13 dicembre 2013

Le letterina di Natale è anche un modo per crescere...e qualcuno vuole abolirla!!

La letterina di Babbo Natale, un classico di questo periodo. Ci sono bambini che iniziano a Novembre a ritagliare immagini su cataloghi di giochi, fare l'elenco delle cose. La letterina diventa anche stimolo per la creatività quasi: che ci incolla le immagini, chi utilizza il pc, chi fa lista della spesa, chi scrive pagine e pagine di parole destinate a quel nonno con la barba bianca lunga e vestito di rosso. Insomma, una sicurezza e una tradizione certa. Per lo meno fino a qualche giorno fa: ho infatti letto sul Corriere un articolo in cui si dice che alcuni genitori ritengono che far mettere su carta le speranze (con in pole position le novità martellate senza tregua dalla tv) abbia un valore diseducativo e che, in tempi di crisi, sia importante (e necessario) non incentivare il consumismo. Ma questo è giusto o sbagliato? 

L'articolo continua proponendo un'intervento che viene direttamente dall'Università Cattolica di Milano: Manuela Cantoia, docente della Spae, Servizio di Psicologia Apprendimento ed Educazione, : «Che errore abolirla. Non è vero che non abbia valore, semmai è proprio il contrario».La dottoressa Cantoia afferma infatti che la lettera insegna il valore dell’attesa, aiuta a coltivare i desideri e a compiere scelte, ma è chiaro che il bambino va guidato, a tutte le età.
Per far capire ai più piccoli questa attesa, dal momento che non hanno il senso del tempo, una bella idea è quella di evitare di proporla tanto tempo prima, ma aspettare che si avvicini il giorno di Natale e creargli un conto alla rovescia, un calendario dell'avvento che scandisca il tempo e che lo aiuti a capire che scopo ha fare la letterina. 
Un altro punto importante citato dalla dottoressa è la lunghezza. «La lettera non è la lista della spesa dove si segnano tutte le cose che mancano in dispensa - sottolinea. - Uno, due, tre regali importanti, a seconda delle proprie possibilità, e poi una serie di piccole richieste». La dottoressa aggiunge che la lettera non va necessariamente chiusa subito: a volte c’è proprio bisogno di tempo per riflettere sulle scelte, far emergere i desideri, le priorità. Può quindi rimanere appesa al frigorifero anche per giorni e modificata seguendo i nuovi impulsi. «E, una volta spedita inizia il tempo dell’attesa: è una tappa importante, forse la prima vera occasione per imparare ad attendere».
E voi che ne pensate? Com'è la letterina dei vostri figli?

mercoledì 11 dicembre 2013

L'importanza di conoscere il primo soccorso

Spulciando il sabato mattina tra le riviste in casa, abbiamo trovato un articolo su Vanity Fair, molto interessante e che tocca un tema delicato che troppo poco spessi si sente in giro . In un'intervista di Iree Soave, Paoletta di Radio Italia ci spiega come mai sia importante conoscere le manovre di primo soccorso in caso di soffocamento dei bambini. Ci racconta la sua esperienza e cosa sta facendo per aiutare gli altri genitori come lei.
manovra heimlich
«Pensi che imparare le manovre non serva, che nel panico non le ricorderesti. E invece è lì che sei più lucida. E conti: cinque colpi alla schiena, cinque allo stomaco, di nuovo schiena, e ancora stomaco. Sperando che tuo figlio sputi quel boccone che lo strozza. E alla fine lo sputa». A Paoletta, 44 anni, storica dj di Radio Italia, e al suo Samuele, 2 anni, è andata bene.
Un bimbo a settimana, invece, soffoca per un boccone o un piccolo oggetto inghiottito per sbaglio: la prima causa di morte improvvisa tra i bambini italiani. «Perché nessuno sa come soccorrerli», continua Paoletta. Che grazie a una sola lezione di pronto soccorso pediatrico, seguita per caso, ha evitato il peggio, e ora ha lanciato una petizione (su paolettablog.com«per chiedere che il governo inserisca queste lezioni nelle materne e nei corsi preparto». 
Servono davvero?
«Eccome. Basta un’ora a memorizzare le manovre che servono. Non solo quelle anti-ostruzione: anche il massaggio cardiaco. Ogni anno muoiono 700 bambini per arresto cardiaco, saperli rianimare ne salva il 50%».
A lei che cosa è successo?
«Era agosto, con Samuele giocavamo al guidatore: auto spenta, lui al volante, io dietro. Apre la mia borsa e prende un biscottino. Se lo mette in bocca. E subito strabuzza gli occhi, cerca l’aria. Non dimenticherò quell’espressione. Mi fondo davanti, in lacrime. Agisco col pilota automatico: aferro la mandibola, lo giro e inizio a colpirgli la schiena. Eseguo le manovre per 40 secondi e lui, fnalmente, sputa». 
Il corso quando l’aveva seguito?
«A febbraio, controvoglia. Mi dicevo: inutile, me ne dimenticherò subito. E invece 6 mesi dopo sapevo ancora tutto. Per questo lo Stato ci deve obbligare a farli. È così facile salvare una vita: se sai muoverti il panico non vince».
Che reazioni ha avuto, alla petizione?
«Mi hanno scritto in tanti con la mia stessa esperienza, ma è solo l’inizio: finora ho raccolto 600 firme, ne vorrei 10 mila».

lunedì 9 dicembre 2013

Allarme sport: chi troppo chi troppo poco! Adolescenti vs bambini!


Lo sport, che da sempre ha contraddistinto i pomeriggi dei bambini, arrivando anche a impegnarli quasi 7 giorni su 7, sta passando in secondo piano quando si parla di adolescenti. Lo afferma la Società italiana di Pediatria, SIP, sottolineando come il fenomeno del drop-out, l'abbandono precoce dell'attività sportiva, cominci già a 11 anni, e a 15 anni meno di un adolescente su 2 pratica sport in modo continuativo. Questi dati sono stati presentati in occasione degli Stati Generali della Pediatria, evento organizzato dalla SIP per parlare e confrontarsi sulle tematiche importanti per pediatri e bambini, e svoltosi a fine Ottobre 2013.

La conseguenza di questo divorzio tra sport e adolescenti italiani è che l'Italia presenta tassi di sedentarietà tripli rispetto agli altri Paesi europei e la SIP lancia l'allarme: la prossima sarà una generazione che rischia di diventare malata.

In controtendenza si registra però il dato relativo allo sport praticato dai più piccoli: tra i 6 e i 10 anni la pratica sportiva nei passati 10 anni (2001-2011) è aumentata passando dal 48.8% al 54,3%. I più piccoli dunque sono chiaramente impegnati 7 giorni su 7 in una qualche attività sportiva! 
Questa abitudine non continua però quando diventano adolescenti. Già dopo la scuola primaria i bambini italiani cominciano ad allontanarsi dagli sport, e l'età si abbandono si sta abbassando: dai 14/15 anni dello scorso anno stiamo lentamente andando verso gli 11 anni.  Infatti tra il 2011-2012 la quota di praticanti sportivi nella fascia di età 11-14 anni è scesa dal 56% al 53%.

Questi dati non sono i soli a preoccupare i pediatri della SIP; maggiormente suscita allarme il dato relativo all'elevato numero di giovani 'sedentari assoluti': ragazzi, ma soprattutto ragazze, che non praticano alcuna attività fisica, in una percentuale che va dal 24% (tra 15 e 17 anni) al 30% (tra 18 e 19 anni). 

Il Presidente della SIP, Giovanni Corsello, mette in guardia genitori e adolescenti: ''Così non va. Una regolare attività fisica e motoria in età evolutiva - ha affermato - insieme alle corrette abitudini alimentari sono uno strumento decisivo di prevenzione contro le malattie per le future generazioni''.


Analizzando questo fenomeno in base a ciò che la nostra esperienza a contatto con le famiglie, sembra di capire che i genitori delle scuole primarie siano preoccupati di far fare attività extra scolastiche di qualunque genere ai propri figli: si passa dal nuoto, al calcio, alla danza e allo studio di uno strumento, occupando così il bambino davvero 7 pomeriggi su 7. Quando i figli sono più grandi la preoccupazione è quella che non ce la faccia a stare dietro allo studio, quante volte si sente dire "No non lo mando a fare attività extra scolastiche se no non riesce a studiare" e magari il figlio è in 1 media...! 


Noi tutti che siamo ormai adulti abbiamo fatto sport in adolescenza, alcuni anche a livello agonistico, e abbiamo tutti superato le scuole dell'obbligo senza alcun problema, qualcuno si sarà anche laureato nonostante giocasse a calcio o praticasse ginnastica artistica. Allora perchè pensiamo che i nostri figli non siano in grado di fare ciò che abbiamo fatto noi? Sono più ignoranti di noi? Sono meno intelligenti e meno capaci di organizzare lo studio e lo sport? Non credo, quindi diamo anche a loro la possibilità di sfogarsi un paio di pomeriggi a settimana, troveranno sicuramente meno noioso lo studio degli altri tre pomeriggi! 

venerdì 6 dicembre 2013

Lo inferno - Dante come non lo avete MaiSentito!


La compagnia teatrale MaiSentiti, associazione e atelier di teatro diretta da Leonardo Gazzola, vanta numerosi spettacoli e molti attori sono ex studenti Faes. E di questo siamo orgogliosi.
Come ogni anno,  propone nuovi e divertenti spettacoli! Quest'anno è Dante a farla da padrone, con un inedito spettacolo che trae spunto dalla famosissima Divina Commedia: 
“LO INFERNO” di DANTE ALIGHIERI - Regia e adattamento di Leonardo Gazzola.



I ragazzi dei MaiSentiti non si limitano a recitare su un palco, hanno realizzato un trailer, che potete vedere cliccando QUI molto intrigante e creativo!

Quest’anno ampia scelta di date, infatti le recite avranno luogo il 10-11-12-e 13 dicembre alle ore 21.00 presso il teatro Alfredo Chiesa, in Via San Cristoforo,1 (vicino alla famosa Chiesa sul Naviglio).
Tutti gli attori, il regista e la troupe vi aspettano numerosi!!
E se volete saperne di più li trovate anche sulla loro pagina Facebook

mercoledì 4 dicembre 2013

Concorso "Una Clip per Natale" - fai un video e vinci una Nikon

Crediamo nella creatività dei ragazzi, crediamo nel mettersi alla prova, crediamo nell'osare. Ecco perché vi segnaliamo un concorso, in cui c'è in palio una fotocamera Nikon.

Il concorso è stato organizzato dalla redazione del blog/rivista online "Cogito et volo" che così si descrive "Cogitoetvolo è il portale dei teenagers ribelli, un sito rivolto a ragazzi e ragazze che non accettano luoghi comuni e che vogliono pensare con la propria testa".

Ecco le indicazioni per partecipare al concorso...cosa aspettate? Non volete mettere sulla letterina di BabboNatale una bella macchina fotografica nuova di zecca?



"Partecipa al concorso Una clip per Natale. Mandaci un video sul Natale entro domenica 22 dicembre. Venerdì 27 dicembre premieremo il video migliore con una fotocamera Nikon Coolpix S3300.
Il video deve essere liberamente ispirato al Natale e deve essere lungo non più di 60 secondi. Non c’è un limite minimo di tempo.
E’ possibile partecipare con un filmato o con una composizione di foto montate in un video. Il video deve essere comunque originale (cioè non già utilizzato per altri concorsi), personale (cioè realizzato dal partecipante) e mai pubblicato sinora, pena la sua invalidazione e quindi l’esclusione dal concorso.
La giuria valuterà il video sulla base di qualità tecnica, originalità e contenuto. Il giudizio della giuria è insindacabile.
Il 3 video più votati su Facebook (n. di “Mi piace” entro giovedì 26 dicembre alle 12,00), inoltre, vinceranno una tracolla Champion.
Per partecipare manda il tuo video a  info@cogitoetvolo.it , specificando nella mail il nome dell’autore del video e il titolo da dare al video stesso.
La Direzione si riserva di non pubblicare i video non rispondenti al regolamento del sito o al tema del concorso. La Direzione si riserva la possibilità di annullare il concorso se arriveranno meno di 10 candidature. In caso di annullamento del concorso, comunque, i ‘primi 5 partecipanti che avranno inviato il video potranno scegliere un libro o un CD dal catalogo di Cogitoetvolo."

lunedì 2 dicembre 2013

Salvare gli adolescenti da Internet e dalle attività pericolose e dal cyberbullismo

Siamo sicuri di conoscere ciò che fanno i nostri figli online? Ci sono attività e usi di cui non siamo al corrente? Beh secondo uno studio europeo commissionato da McAfee, compagnia americana di software per la security dei computer. Tale studio ha rivelato che esiste un preoccupante gap tra il comportamento degli adolescenti online e ciò di cui genitori sono al corrente. Sorprende questa dato anche perché la ricerca mostra che il 66% dei genitori ha aiutato i propri ragazzi a creare i loro profili online, i quali tra l'altro vengono aperti in età sempre più giovani, con il 4% a meno di 10 anni e il 31% tra i 10 e i 12 anni. Quindi, nonostante i genitori siano aperti alla presenza dei figli online, e tale apertura sia evidente ed esplicita, sono molti gli adolescenti che accedono volontariamente a contenuti non appropriati online, nonostante il 76% abbia dichiarato che i loro genitori confidano nella correttezza del loro comportamento online. Il 41 % dei genitori è convinto che il proprio figlio adolescente dica la verità su tutto ciò che fa su Internet e il 72% ha fiducia nel fatto che i propri ragazzi non accedano online a contenuti non appropriati, mentre solo il 9% è convinto del contrario.
Ulteriori dati approfonditi li potete trovare sul blog di Assodigitale, grazie al post di Nicole Garutti, e parlano del rischio del cyberbullismo.

E' importante andar a fondo a questa problematica, capire se sono solo dati allarmanti o un invito ad aprire gli occhi e non fidarsi ciecamente di ciò che ci dicono i nostri figli, che, pur avendo le migliori intenzioni, sono pur sempre bambini, adolescenti e che quindi a volte non fanno le cose secondo un pensiero critico adulto. 
“Il mondo online può essere pericoloso, non importa quanti anni abbia un bambino, o un adolescente, i genitori devono assumere un ruolo attivo, se vogliono proteggere i propri figli affinché non vedano o vivano qualcosa di non adatto alla loro età. Il fenomeno del cyberbullismo, ad esempio, ha subìto un’impennata molto preoccupante nel corso dell’ultimo anno e i ragazzi hanno bisogno di essere supportati e informati dai genitori per poter affrontare un qualsiasi tipo di abuso online” spiega Ombretta Comi, marketing manager per l’Italia di McAfee.
“Essendo cresciuti nel mondo online, gli adolescenti di oggi sono spesso più smaliziati dei loro genitori nella navigazione, andando ad alimentare quel gap di conoscenza che a volte rende difficile per i genitori fornire le indicazioni necessarie ai propri figli. Questo significa che, oggi più che mai, i genitori hanno bisogno di aiuto per affinare la loro consapevolezza delle minacce online e dei modi per mantenere le loro famiglie al sicuro anche quando non sono con loro”, conclude Ombretta Comi.

venerdì 29 novembre 2013

Un evento vestito di Gospel per una serata divertente e natalizia!

Le più belle canzoni di Natale risuoneranno venerdì 20 dicembre nel Teatro della Scuola Faes di via Visconti D'Aragona per un evento che vedrà sul palco Il Coro Gospel UnāVoce  diretto dal Maestro Alexander Zielinski e con l'accompagnamento al pianoforte dal Maestro Roberto Binetti.
Il Coro UnāVoce, nato ormai più di dieci anni fa a San donato Milanese, tra mura dell' Istituto Scolastico Maria Ausiliatrice, o  è composto da circa cinquanta elementi.
Gospel è la contrazione delle parole God spell: Parola di Dio e Spiritual, canti tradizionali degli schiavi e delle minoranze dei neri d’America che, ricordano nei loro testi episodi  dell’antico e del nuovo Testamento; il Gospel è nato  per divulgare ed infondere speranza e per alleviare, mediante la Fede, il dolore e la fatica quotidiani nelle piantagioni di cotone.
"ll nostro canto vuole essere una grande vibrazione d’amore che dalle corde vocali di bambini, ragazzi ed adulti passa attraverso il cuore di chi ascolta" questa l'atmosfera che ci promettono i coristi e questo lo spirito con cui noi li accoglieremo.
L'ingresso sarà ad offerta libera, quanto raccolto sarà devoluto al Fondo Rette Agevolate Faes.
Concerto Gospel "Note di Natale"
venerdì 20 dicembre 20.45
Teatro Faes via Visconti D'aragona - Milano

mercoledì 27 novembre 2013

Educare al bello attraverso i libri e l'arte

La mente dei bambini fino agli 8 anni circa è una vera e propria spugna. Raccolgono informazioni che serviranno loro nel breve e nel lungo periodo. Allora perché non iniziare fin da piccoli a conoscere le città italiane, la loro storia e soprattutto la loro architettura?
Ci ha pensato Matteo Migliorini che ha infatti prodotto “Attenti a quei due”la nuova collana di ARCHIVIA dedicata all’architettura per i bambini.
attenti a quei due

Il primo libro è dedicato alla scoperta di Milano e grazie ai testi di Claudia Minnella e alle illustrazioni di Barbara Parini i lettori, insieme ai protagonisti (due bimbi, un alieno, un cane: quattro amici e un ragnetto) visiteranno le città, scoprendone gli angoli più belli e le storie, spesso misteriose o bizzarre, che si celano dietro le famose architetture. Insieme infatti si muoveranno tra gli edifici che hanno reso famosa la città, conosceranno strani personaggi e verranno a conoscenza di tutti quegli aneddoti divertenti e particolari che caratterizzano la storia milanese.


Matteo Migliorini, ideatore del progetto, afferma che “Guardare alle architetture delle città con un punto di vista nuovo e differente è uno dei pensieri alla base di questa nuova serie di libri pensata per i bambini. ATTENTI A QUEI DUE è infatti un libro sulla città vista con gli occhi dei bambini, che spesso colgono dettagli invisibili al mondo degli adulti”.
Per maggiori informazioni: attentiaqueidue@archi-via.it
Per acquistarlo on line: clicca qui

lunedì 25 novembre 2013

Educare al bello, si ma come? Un programma tv serve o danneggia?

Forse qualcuno conosce già Carla Gozzi, la stylist modenese che dal 2008 è uno dei volti di punta di Real Time, insieme ad Enzo Miccio con programmi come ‘Ma come ti vesti’ e ‘Guardaroba perfetto’ .
Proprio per il lancio di questo programma è finita nei guai. Infatti il 9 settembre, su Real Time, è andato in onda il debutto della versione ’Kids & Teen’ di tale show. In tale programma, insieme  alla fidata sarta Enza, Carla riorganizza gli armadi delle concorrenti e dispensa consigli di moda aiutandole a scegliere gli outfit migliori con i capi che vi sono contenuti. In questa versione i clienti sono bambine e teenager, dagli 8 ai 14 anni, che, insieme alle loro mamme, cercano di trovare lo stile.
Roberta Zappalà, blogger, ha lanciato in rete una petizione e chiede il blocco della messa in onda del programma: “Il programma è contrario ad ogni principio volto a tutelare i minori nella loro formazione, informazione, crescita e libertà. E’ privo di utilità sociale e culturale e mette delle bambine sotto i fari di uno studio televisivo e sotto l’occhio vigile di una matrona che col dito puntato ordina loro come sia più appropriato vestirsi e per quali occasioni”. Prosegue la blogger ”Tutto ciò intratterrebbe, inoltre, altrettante bambine, menti facilmente influenzabili costrette a schemi di moda imposti da una società che troppo presto le omologherebbe, in un momento di prematura personalità e coscienza individuale e sociale”,
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Tale appello è stato rivolto a Laura Carafoli, vicepresidente di Discovery Italia, il network di cui fa parte Real Time. La petizione ha avuto molto riscontri in rete e ha già superato il migliaio di firme. Sul blog di Roberta Zappalà viene riportata anche la replica dei diretti interessati: “Mi chiedo come si possa criticare un programma senza averlo ancora visto e come si possa pensare che ci sia un intento diseducativo – ha detto la Carafoli al Fatto Quotidiano - Accanto alle ragazzine ci saranno sempre le madri e Carla Gozzi non insegnerà loro a diventare delle fashioniste consumiste ma a vestirsi al meglio usando i capi che hanno già nel loro guardaroba. Il modello di riferimento non sarà la velina, ma si insisterà sul fatto che non è necessario omologarsi per avere uno stile interessante”.
E voi cosa ne pensate? Può essere un modo interessante per avvicinare le bambine alla moda, alla scoperta del gusto estetico, capire le loro potenzialità e valorizzare la loro figura, oppure questi compiti sono specifici dei genitori che in maniera naturale aiutano le loro figlie?

venerdì 22 novembre 2013

Leggere per crescere, leggere per divertirsi, leggere per imparare...sia in cartaceo che in tablet ovviamente!

«Nati per leggere» è un’associazione destinata a promuovere la lettura e i libri presso i bambini piccoli e piccolissimi.
«Nati per leggere» sostiene che siamo nati per fare tante cose, tra queste leggere, ma che purtroppo, per lo meno in Italia si finisce a leggere sempre meno o per non leggere del tutto.
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«Nati per leggere» ha tre grandi vantaggi. Il primo è quello di legare la lettura alla nascita, o per meglio dire di proporla come la vera nascita, di trasformarla da un fatto culturale in un fatto naturale, quasi biologico. Il secondo di essere una sorta di rivendicazione e di protesta per un mancato riconoscimento e dunque per converso una specie di dichiarazione di intenti, un programma d’azione. Il terzo di essere, nella sostanza, vero. Siamo nati, come spiegò qualche tempo fa François Jacob, per trasmettere il messaggio genetico che abbiamo ricevuto. E sta bene. Ma è anche vero che questo non è un tratto specifico della specie umana, dell’Homo sapiens, bensì è comune a tutto il vivente, animale o vegetale che sia. Se vogliamo venire più vicino a noi e cercar di isolare ciò che davvero identifica e determina l’umanità e il suo destino, il che cosa ci stiamo a fare al mondo, finiamo obbligatoriamente per passare dalla scrittura e dunque dalla lettura. In un senso profondo ed essenziale noi siamo davvero nati per leggere.
Oggi le neuroscienze sono in grado di dare una risposta molto più accurata di quindici anni fa riguardo al momento in cui l’uomo inizia a capire che leggere è una fonte di benessere, quando iniziamo ad entrare nel mondo dei libri. E la risposta è: prestissimo. Non solo nei primissimi anni, ma nei primi mesi di vita: iniziamo con la visione di immagini e di colori che hanno un significato e portano con se una storia; e ancor prima quando vi sono solo suoni, ma tra questi suoni c’è una voce, e la voce – calda, affettuosa e materna – parla e racconta, e parla e racconta proprio a te, lì si è iniziata ad aprire la porta segreta che ha fatto dei neonati o dei bambini piccoli che siamo stati i lettori di oggi.
Se si vuole portare alla lettura quelli che oggi ne sono privati o esclusi bisogna cominciare presto, prestissimo. È vero, naturalmente, che non è mai troppo tardi. Ma questa è una verità individuale, vale per i singoli e sottintende un impegno, uno sforzo e una fatica immani. La verità dei grandi numeri è al contrario che il treno perduto nella primissima e prima infanzia non ripassa più, non lo si può più riprendere, che chi è rimasto escluso allora lo resterà per sempre.
Il primo e più immediato obiettivo di «Nati per leggere» e del suo stratega e presidente, il pediatra Giorgio Tamburlini – un italiano di frontiera (è triestino) asciutto e risoluto – è proprio diffondere il più possibile questa consapevolezza, far sì che mano mano divenga comprensibile a tutti i genitori che il destino dei loro bambini si gioca in gran parte lì, tra quei libretti colorati. Poi potrà venire tutto il resto. E alla fine anche questi bambini, come i grandi e forti lettori adulti di oggi, potranno dimenticare come hanno cominciato a leggere, crederanno di averlo sempre fatto e costruiranno su questo gli opportuni ricordi. Perché saranno non programmaticamente, ma nella realtà, nati per leggere. E cresciuti leggendo.
(Fonte Corriere della Sera – 7 Ottobre 2013, p.42 Gian Arturo Ferrari)

mercoledì 20 novembre 2013

Il padre infedele, Scurati racconta la figura del padre

La figura del padre, una figura fondamentale nella vita di ogni bambino, di ogni bambina, di ogni ragazzo e ragazza. Ma anche gli adulti hanno bisogno di un padre. Di questa figura ne abbiamo già parlato, di recente anche con Michael Dall'Agnello.
Il libro che proponiamo oggi è un libro toccante e profondo e approfondisce proprio al figura del padre nella vita di un bambino. Un’uscita recente, 2 Ottobre 2013, in cui si parla del rapporto difficile che può crearsi tra marito e moglie dopo la nascita di un figlio. Un rapporto a due che deve tramutarsi in un rapporto a tre. Difficoltà e emozioni vengono viste dall’autore con un occhio critico e che va a fondo, anche perchè tratta un tema vissuto realmente dallo scrittore.
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Il padre infedele è un romanzo in cui Antonio Scurati racconta le vicende di una famiglia, sul cui sfondo scorre lo scenario desolante di un’Italia travolta dalla crisi economica. Glauco e Giulia sono marito e moglie. Un giorno Giulia, mentre sono in cucina, dice a Glauco che qualcosa in lei è cambiato, che non ama più gli uomini. Questa, per Glauco Revelli, è l’occasione per cercare di fare un po’ di chiarezza nella sua vita. Lui è un uomo di circa quarant’anni, che ha conseguito una laurea in filosofia. Dal padre ha ereditato un ristorante storico di Milano, che nel tempo ha saputo crearsi un giro di clienti fissi. Dopo aver a lungo vagabondato negli affetti e nelle relazioni sessuali, un giorno Glauco ha conosciuto Giulia, una redattrice. Si innamora e con lei inizia a convivere. Tutto va per il meglio fino a quando non arriva Alice, la loro figlia. La nascita di Alice ha stravolto completamente i loro equilibri di coppia, e Giulia, entrata in una profonda crisi post parto, è diventata fredda e distante nei confronti di Glauco. Intanto Glauco inizia a vivere il rapporto con la figlia, a scoprire una nuova dimensione esistenziale, a sperimentare le gioie e le difficoltà dell’essere padre. Allo stesso tempo, però, Glauco diventa infedele nei confronti della moglie. Nel frattempo gli affari del ristorante non vanno per il meglio. Il crollo dei consumi e la crisi dei crediti delle banche mettono in serio pericolo la prosecuzione dell’attività lavorativa. Per Glauco è un momento difficile, sia dal punto di vista lavorativo, sia per quello sentimentale e degli affetti famigliari. Il padre infedele, di Antonio Scurati, racconta la storia di una famiglia milanese in crisi.

lunedì 18 novembre 2013

SAVE THE DATE: la famiglia a tavola, non una banale serata di educazione alimentare, ma suggerimenti per come fare diventare il momento del pasto una festa

SAVE the DATE: Giovedì 21 Novembre  ore 20.45
LA FAMIGLIA A TAVOLA: parlare, giocare, capirsi
dott.ssa Manuela Cantoia – docente di psicologia generale Univ. Cattolica di Milano
presso: Scuola Monforte FAES – via Visconti d’Aragona ang via Amadeo, 11 Milano
Uno dei temi importanti che stanno alla base della programmazione dei nidi delle scuole FAES quest’anno sarà la famiglia a tavola.
Vi proponiamo una conferenza della dott.ssa Manuela Cantoia, docente di psicologia generale alla Cattolica di Milano, che non ci terrà un incontro sulla nutrizione o sull’educazione alimentare, ma ci racconterà come far diventare il momento del pasto in famiglia un’occasione per crescere, come persone e come famiglia.
Attorno alla tavola la famiglia cresce e si trasforma; per i genitori il momento del pasto può diventare  un momento educativo. Manuela Cantoia ci illustrerà in maniera divertente e con un’infinità di spunti operativi, come utlizzare il momento del pasto per potenziare l’autonomia, la responsabilità, la condivisione delle regole, come trasferire il valore del cibo ai nostri bimbi e come a tavola si possa consolidare il senso  dell’identità familiare.
Non perdetevi questa occasione!!


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