venerdì 31 gennaio 2014

Homo ludens. Quando l’arte incontra il gioco

La nuova esposizione monografica di Cantieredel ’900
Homo ludens è una mostra costruita sul gioco e finalizzata a valorizzare la presenza del fattore ludico nell’arte contemporanea.

L’esposizione, curata da Francesco Tedeschi, presenta trentadue opere che in vario modo si rapportano con il tema del gioco, elemento fondamentale della creazione artistica, che permette anche di interpretare molti aspetti del comportamento e delle relazioni umane, secondo quanto storici, antropologi, filosofi, matematici ed economisti hanno dimostrato.

Le opere proposte, selezionate fra quelle conservate nelle collezioni Intesa Sanpaolo, spaziano da realizzazioni di Fortunato Depero e Max Ernst, a testimonianza del modo in cui il gioco è motivo pregnante delle ricerche di Futurismo e Surrealismo, a lavori di autori del secondo Novecento, comeEnrico Baj, Grazia Varisco, Ugo Nespolo, Aldo Spoldi, e della generazione di fine secolo, comeGrazia Toderi, Paola Pezzi, Liliana Moro, Maurizio Arcangeli. Sono raccolte con riferimento a modelli visivi e logici, che passano attraverso la manipolazione dei materiali, la definizione di “regole del gioco”, per toccare gli spostamenti generati dalle forme di ribaltamento visivo e di rapporto tra “piccolo” e “grande”, meccanismi propri della fiaba e del gioco.



Ospite d’onore della mostra sono gli scacchi di Enrico Baj, di collezione privata, realizzati nel 1987 e collocati su una scacchiera creata per l’occasione. Nelle figure ideate da Baj, una diversa dall’altra nella forma e nel colore, aleggia una strana anarchia, che non vuole riconoscere la disciplina delle regole e la strategia delle parti.

La Monographia è arricchita da un catalogo edito da Skira e da un percorso multimediale a cura di Francesca Pola con Zenit Arti Audiovisive che, attraverso una ricca documentazione iconografica, invita il visitatore a esplorare il tema del gioco nell’arte del Novecento, attraverso letture e approfondimenti trasversali, tra storia, filosofia, antropologia e pedagogia, con ampliamenti iconografici e testuali, che include anche una particolare sezione dedicata ai libri d’artista per bambini.


“Una provocazione sorge dalla pratica artistica: il gioco non può essere una modalità per recuperare un’integrità della persona da riconoscersi innanzitutto nella condizione infantile, in quel tempo in cui tutto è esistente e possibile, nel quale si ha il mondo a disposizione? Forse in quel tempo "felice" ciascuno colloca la sua visione ideale e profonda della realtà, trascorrendo il resto della vita a cercare di ricostruirla. Si tratta forse di una delle possibili vie di fuga dalla realtà e dalla razionalità, che individua in una ideale "età dell’oro" il modello al quale aspirare, al quale conformarsi. Del resto siamo tutti portati a riconoscere nel gioco infantile una componente formativa, per cui vediamo in esso un modo in cui il bambino si prepara all’età adulta, apprendendo, per imitazione, competenze e atteggiamenti, ma non è detto che tutto debba essere finalizzato all’acquisizione di una condizione adulta, di maturità, di potere, di aspirazione a un’altra e forse "seconda" compiutezza, irraggiungibile in termini esistenziali o umani (il Citizen Kane del film Quarto Potere di Orson Welles ne può essere un valido esempio: l’uomo che ha tutto, ma che rimpiange, nel ricordo, la slitta perduta che aveva da piccolo).”
(F. Tedeschi, dal catalogo della mostra)

Fortemente consigliata ai “minori”, la mostra è inoltre corredata da una pubblicazione per bambini, curata da Civita Servizi ed edita da Skira, che saràdistribuita gratuitamente a tutti i “piccoli visitatori”.
In occasione dell’esposizione verranno proposte attività collaterali fra cui numerosi laboratori didattici e tre incontri: uno dedicato all’opera di Max Ernst in mostra, alla sua storia e al suo recupero; un secondo con lo psichiatra Gustavo Pietropolli Charmet, che interverrà sul ruolo del gioco nel rapporto fra la condizione adulta e quella infantile; il terzo sarà con Stefano Bartezzaghi, attorno allo spirito del gioco.

La mostra Homo ludens. Quando l’arte incontra il gioco è a ingresso libero come l’intera proposta espositiva delle Gallerie di Piazza Scala.

venerdì 24 gennaio 2014

"Il Campioncino" alla Monforte!


Giovedì 30 gennaio 2014, alle ore 12.00, presso la Sala Alessi di Palazzo Marino a Milano, nell’ambito della premiazione del premio "Il Campione", verrà assegnato alle nostre ragazze della secondaria Monforte il premio "Il Campioncino", un riconoscimento attribuito a studenti o classi che si sono distinte per il loro impegno solidaristico che può consistere nell’aiutare un compagno di classe in difficoltà, nel fare volontariato, nel sostenere la propria famiglia.

Il premio, giunto alla tredicesima edizione, nasce da un’idea di Mario Furlan, fondatore dei City Angels, ed è organizzato dalla sua associazione di volontariato, con il patrocinio del Comune di Milano, della Provincia di Milano e della Regione Lombardia.

Come consuetudine delle scuole Faes da alcuni anni, i consigli di classe delle terze secondarie di primo grado della Monforte hanno voluto coinvolgere le alunne in alcune attività concrete di aiuto al prossimo.


Nasce così il progetto "Incontrare una persona, per incontrare il suo bisogno. Proposta di gesti di solidarietà e di volontariato".

I gesti concreti per i quali le nostre ragazze verranno premiate sono:
- la visita agli anziani ricoverati nella casa di riposo "Il Nuovo focolare" di via Martini 29
- la raccolta di cibi per l’Associazione San Vincenzo della Parrocchia San Nereo e Achilleo

Complimenti ragazze!!!







giovedì 23 gennaio 2014

Monfortine terze classificate!

Lunedì 20 gennaio, presso la Sala consiliare della circoscrizione di Zona 3, si è svolta la premiazione del Concorso “Natale in Zona 3”.  

Le nostre ragazze di seconda secondaria si sono classificate al terzo posto nella sezione "Presepi", intitolata alla memoria del vigile urbano Alessandro Ferrari, vittima dell’esplosione di via Palestro.  

Presente alla premiazione una piccola delegazione della classe.
Ecco alcune foto.





mercoledì 22 gennaio 2014

Cattolicesimo e chiesa ortodossa russa. Passato e presente.

di Federico Cenci (Zenit.org)

Si è tenuto lunedì scorso, a Milano, presso la Scuola FAES Monforte, un incontro dal titolo “Cattolicesimo e chiesa ortodossa russa. Passato e presente”. Relatore è stato il Cav. Lav. Ing. Rosario Alessandrello, Presidente della Fondazione Centro per lo sviluppo dei rapporti Italia-Russia.
La conferenza ha ripercorso la storia del Cristianesimo in Russia, con particolare attenzione ai rapporti tra le Chiese sorelle. Alessandrello ha iniziato la sua relazione ricordando che lo scisma del 1054 segna il distacco da Roma delle Chiese cristiane di rito bizantino fedeli ai primi sette concili ecumenici. “La più numerosa tra queste - ha spiegato Alessandrello - è la Chiesa russa”. “Le Chiese ortodosse, che contano oggi otto patriarcati e molte Chiese indipendenti (dette autocefale o semiautonome), riconoscono un primato di onore al patriarca di Costantinopoli. I fedeli sono circa 230 milioni”, ha proseguito Alessandrello.
Il quale ha poi spiegato che “Kiev, in particolare, è la culla storica dell’ortodossia russa perché qui nel X secolo si compì l’evangelizzazione dell’antica Rus’, evento culminato nel 988 nel battesimo del Principe Vladimir di Kiev, quando il popolo russo ricevette la sua identità cristiana. Per secoli Kiev fu sede del primate della Chiesa russa (fino al suo trasferimento a Mosca nel XVI secolo) e rimane ancora oggi città carica di retaggio simbolico”.
Si è poi parlato dei tentativi, nel corso della storia, di riunificare la Chiesa Ortodossa alla Chiesa Cattolica, tuttavia sistematicamente “caduti nel vuoto”. Una svolta è stata rappresentata dal Concilio Ecumenico II, laddove il tema dell’unità dei cristiani è stato posto al centro delle discussioni.
A Concilio concluso, infatti, “è avvenuta l’abolizione reciproca della scomunica dell’anno 1054 in un incontro tra il patriarca Atenagora e Papa Paolo VI”, ha ricordato Alessandrello. “In effetti, nel Novecento - ha proseguito il relatore -, per il Cristianesimo pochi giorni sono storici come il 5 gennaio 1964. Cinquant’anni fa Paolo VI e il patriarca ortodosso di Costantinopoli, Atenagora, si incontrarono e si abbracciarono a Gerusalemme. Il 6 gennaio il Papa rese la visita al patriarca. Si chiudeva quasi un millennio di scomuniche e d’incomunicabilità. Era una svolta”.
Ma nuove azioni sono attese in futuro per consentire di respirare insieme ai “due polmoni d’Europa” - mutuando una definizione di Giovanni Paolo II. “La personalità del patriarca Kirill e il Pontificato di Ratzinger - è stato ricordato - hanno contribuito a spostare l’asse del rapporto tra Roma e l’ortodossia sui temi della collocazione del Cristianesimo nel mondo contemporaneo, in particolare accettando la sfida di rivivificare il rapporto tra Cristianesimo ed Europa, in una prospettiva che Mosca concepisce come euro-russa. Un cambiamento rilevante anche da un punto di vista geopolitico”.
Risalgono al passato più recente una serie di significativi episodi: l’appello di Papa Francesco al presidente russo Putin perché difenda i cristiani in Oriente, la manifestazione di una comune devozione di Francesco e Putin alla Vergine Maria e l’annuncio del Santo Padre di un viaggio in Terra Santa per celebrare con il Patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo, i 50 anni dall’incontro tra Paolo VI e il patriarca Atenagora e riaffermare così l’unità dei cristiani nel mondo come essenziale traino di pace.

Il concorso che insegna l'arte ai ragazzi

Disegnami.it  è un concorso rivolto ai bambini/ragazzi dagli 0 ai 14 anni e ai loro genitori, e vuole aiutare a combattere i malanni di stagione in modo simpatico, divertente e perché no premiante. Infatti il concorso punta a stimolare in modo simpatico e divertente la creatività dei bambini toccando anche un argomento molto importante, la prevenzione dei malanni stagionali. 


Quale modo migliore per imparare a conoscere e sconfiggere la febbre, la tosse, il mal di gola, il mal di pancia e il mal di orecchi se non attraverso il disegno?! Il concorso è infatti promosso e sponsorizzato dalla nota azienda farmaceutica Bracco, settore pediatria.

Come funziona questo concorso? Semplice, ci sono 5 temi a disposizione che possono essere il soggetto dei disegni inviati: la febbre, la tosse, il mal di gola, il mal di pancia e il mal di orecchi. Ovviamente i concorrenti verranno divisi in fasce d'età: da 0 a 5 anni compiuti, da 6 a 11 anni compiuti, da 12 a 14 anni compiuti. I premi in palio sono tantissimi: 300 premi in palio, suddivisi nelle diverse fasce, verranno infatti premiati 100 autori per ogni fascia; nel sito dedicato al concorso è possibile leggere il regolamento completo.

La partecipazione e l'invio dei disegni può avvenire tramite il sito www.disegnami.it  fino al 26 agosto 2014 o con la più tradizionale busta e francobollo spedita entro il 31 luglio 2014 a: Bracco S.p.A., C.P. 17052, 20128 Milano. Oltre a caricare i propri disegni, sul sito è possibile scegliere i vincitori attraverso la votazione on-line.  

Ma non sono stati coinvolti solo bambini e genitori in questo progetto, infatti anche i pediatri italiani hanno un ruolo: Bracco sta consegnando a seimila studi medici nelle diverse Regioni oltre 250.000 kit da disegno, che i medici regaleranno ai loro giovani pazienti, per far si che anche questi bambini partecipino e che i pediatri siano parte attiva della promozione di questa iniziativa.

In bocca al lupo a tutti!!



martedì 21 gennaio 2014

Tornano le Diet Conferences. Gli appuntamenti del 2014


E' fissato per lunedì 10 febbraio il primo incontro del ciclo "Diet Conferences - investigazioni culturali a basso contenuto di noia" del 2014.


Si tratta di un ciclo di eventi che si tengono ogni anno presso le scuole Faes ed ogni anno il successo che raggiunge è sempre maggiore dell'anno precedente. 

L'idea è quella di regalare momenti di cultura, nel senso più bello, vivo e fresco del termine, senza pesantezze accademiche o seriosità. 

Questo il calendario dei prossimi eventi, che si terranno tutti presso il Teatro del centro scolastico Monforte di via Amadeo 11:

Lunedì 10 febbraio, ore 18.30: "Dall'ideologia alla realtà. Sorpreso dalla vita"
Ospite Arrigo Cavallina (protagonista dei difficili anni Settanta e autore del libro
"La piccola tenda d'azzurro che i prigionieri chiamano cielo. Anni di piombo, carcere, ricerca d'identità").

Lunedì 3 marzo, ore 18.30: "Suite 200 - L'ultima notte di Ayrton Senna"
Ospite Giorgio Terruzzi (giornalista e inviato Mediaset, autore dell'omonimo libro in uscita ad aprile).

Mercoledì 9 aprile, ore 18.30: 
"Il gioco, le regole, la bellezza"
Ospite 
Gianluca Aureliano (arbitro di calcio di serie B alle soglie della serie A).

Partecipate numerosi, vi aspettiamo!


lunedì 20 gennaio 2014

Le nuove app educative che "insegnano" le emozioni!

Una delle persone che figura tra i capi di Electronic Arts, che è anche un ex sviluppatore di Apple, è una sicurezza in quanto creatore di applicazioni e conoscitore del web. Infatti è proprio così per Trip Hawkin, guru informatico, che si è messo in testa di inventare un videogioco ‘vero’ ma a fin di bene. Tutto questo è possibile perchè Hawkin ha sfruttato il SEL, ovvero Social emotional learning, l’apprendimento attraverso l’empatia e le relazioni sociali, capace di fare leva non solo sulla razionalità e l’intelligenza ma anche sui valori del cuore e sulle emozioni.
Ancora un paio di giorni e la proposta di Hawkins sarà sul mercato. Questo primo prodotto creato dalla mente di questo guru si chiama “If” – “Se” in italiano. “If” è un’applicazione per Ipad (qui qualche anticipazione http://www.ifyoucan.org/) rivolto ai bimbi delle elementari e ispirato alla famosissima poesia di Kipling dal titolo, appunto, «Se» (qui, da Wikipedia, trovate il testo completo in italiano e in inglese http://it.wikipedia.org/wiki/Se_(poesia)).
Ciò che il gioco si da come obiettivo è quello di rafforzare l’intelligenza emotiva dei bambini tra i 6 e gli 11 anni, attraverso prove e giochi di ruolo.
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Il tutto si svolge all’interno della città immaginaria di Greenberry e il protagonista è un cagnolino esploratore, che parte per un viaggio di scoperta nella immaginaria città di Greenberry: i bambini sono messi alla prova e devono sfruttare abilità utili nella ‘vita reale’ come il dialogo, il confronto con i coetanei e con i genitori, la capacità di mettersi in sintonia con gli altri e anche quella di sapere gestire emozioni forti e contrastanti, come il successo o il fallimento. Non solo prove di velocità (o di mira o di astuzia) come nei normali videogiochi ma domande, quiz e richieste che fanno leva sulla personalità più che sull’abilità a digitare.
Siamo già abituati, e molti di voi conosceranno già perchè utilizzate dai figli, a vedere app che vanno nella categoria edu-taiment, ovvero quelle app che intendono veicolare valori positivi e favorire l’apprendimento non solo di nozioni ma anche di comportamenti socialmente utili “allenando” i ragazzi attraverso il gioco a sviluppare la loro capacità di immedesimazione nella vita di tutti i giorni.
Questa app è per ora la prima app che insegna ai bambini a sviluppare emozioni all’interno di un contesto giocoso e interattivo.
Chissà se questa app sarà all’altezza delle aspettative dei media e degli esperti di educazione infantili!
Staremo a vedere!

venerdì 17 gennaio 2014

La nuova generazione di bambini vegani

Sul primo numero del 2014 del settimanale GIOIA ( N°1 – 15/1/2014) è presente un interessantissimo articolo su un recente fenomeno: i bambini vegani. Alessandra Di Pietro racconta la storia di 3 bambini italiani che nel pieno dell’infanzia/ pre adolescenza hanno deciso di non mangiare più carni e prodotti animali per motivi etici.
 Tobia, sette anni, ha deciso di non magiare più carne e pesce dopo che gli è stato spiegato che il maialino Tommy, che lui nutriva e curava, sarebbe stato ucciso per farlo diventare prosciutto o quant'altro.
Poi c'è Nilo, di nove anni che abita a Firenze. Sono due anni che è vegano. Non solo non mangia cibo proveniente da animali, ma non si fa comperare neanche scarpe di pelle o altri oggetti/vestiti che possano aver fatto del male agli animali. "Nel Paleolitico la caccia aveva un senso, ma già dal Neolitico siamo in grado di nutrirci senza uccidere e per me è più giusto così".
Infine c'è Carlotta, 13 anni, vegetariana da un anno. La sua famiglia non segue le sue preferenze di cibo ma la ha aiutata nel tempo a organizzare e decidere una dieta che le apportasse la quantità giusta di alimenti rinunciando a carne e derivati animali.

Tale scelta, ha inizialmente fatto preoccupare i genitori di tutti e tre questi bambini: si sono ritrovati spiazzati di fronte ad una decisione così importante e presa con determinazione.
Anche perchè molto spesso non si è informati adeguatamente su quanto comporti e cosa voglia dire essere vegani: si rischia di modificare la dieta del bambino senza prevedere però integrazioni che vadano a sopperire alla mancanza di proteine. 


La società italiana di pediatria manifesta perplessità sulla sicurezza di una dieta vegetariana nei primi anni di vita, per il rischio di carenze e squilibri nutrizionali. Dopo i tre anni il rischio è minore, ma serve sempre uno stretto controllo pediatrico. E' importante tenere sotto controllo i valori di ferro e supplementare la dieta con le vitamine del complesso B, e assolutamente non fare di testa propria ed eliminare semplicemente carne e pesce. 

Sono scelte che possono essere valutate a patto che ci sia sempre un costante monitoraggio sulla salute.



mercoledì 15 gennaio 2014

Piccoli scacchisti crescono: sabato 25 gennaio torneo di scacchi in Argonne


Sabato 25 gennaio, si svolgerà, dalle 9.30 alle 12.30 presso la Scuola Argonne di via Fossati, un Torneo di Scacchi, aperto anche ad esterni, organizzato dal Professor Francesco Carvelli.

La pratica degli scacchi potenzia caratteristiche mentali come la memoria, la concentrazione lunga, il pensiero creativo, il problem solving, l'analisi e la sintesi. Mentre dal punto di vista formativo vengono sviluppati il rispetto dell'avversario, la valorizzazione del confronto e la valorizzazione dell'equipe nell'analisi di un problema.
Proprio per tutti questi motivi le scuole Faes danno tanta importanza a questa antica disciplina.

A tal proposito ripubblichiamo un estratto dell'intervista al Professor Carvelli di qualche mese fa. 

In che modo la disciplina degli scacchi si inserisce nella didattica scolastica?
Per rimediare all'eccessiva brevità dei moduli di insegnamento usiamo il computer collegato ad un proiettore per le spiegazioni, le verifiche e i tornei. Le spiegazioni durano circa dieci minuti e sono seguite immediatamente dalla verifica corrispondente. I risultati delle verifiche sono registrati su una tabella che permette agli alunni di verificare in tempo reale i propri progressi. Gli argomenti e gli esercizi sono graduati in modo da permettere a tutti gli alunni di salire di livello in modo semplice. Agli alunni è richiesto solo un po' d'attenzione:il metodo didattico  è basato sullo sviluppo della memoria mediante la ripetizione di figure simili. 

Ci sono differenze nell'approccio con gli scacchi tra i maschi e le femmine?
Nelle prime classi delle elementari le bambine sono molto più attente dei maschi durante le spiegazioni, inoltre hanno un rendimento parecchio più alto nella soluzione degli esercizi proposti. I maschi, al contrario, preferiscono giocare subito e si divertono molto di più durante le verifiche che non durante la presentazione dei concetti.I maschi arrivano prima delle bambine a ottenere buoni risultati nei tornei, ma le bambine giocano partite più corrette dal punto di vista teorico.
Le differenze diventano meno evidenti dopo la quarta elementare, anche se le ragazze continuano a essere più ortodosse nella conduzione delle partite.

Quanto tempo della settimana scolastica dedicate a questo "sport"?

Nella scuola Monforte dedichiamo agli scacchi due moduli orari per settimana, ma solo per metà anno scolastico. In Argonne invece i corsi durano tutto l'anno, ma solo per un modulo settimanale. 

I ragazzi partecipano unicamente a sfide all'interno della scuola o si misurano anche in incontri extrascolastici?
I tornei mensili aperti a tutte le scuole di Milano integrano il lavoro scolastico e fanno fare un salto di qualità agli alunni che li frequentano.
Nella scuola FAES gli scacchi sono una disciplina rivolta a tutti come musica, educazione fisica, matematica ecc. Nelle altre scuole un gruppo ristretto di alunni sceglie di seguire l'attività scacchistica con finalità prevalentemente agonistiche. Nelle altre scuole, quindi l'attività è diretta ad un target di eccellenza. Da noi è il contrario perché il bambino meno portato ci dice che siamo lì per lui. 
Comunque anche sul piano agonistico abbiamo ottenuto ottimi risultati a livello regionale e nazionale.

martedì 14 gennaio 2014

“Palestra di Botta e Risposta”. Liceo Monforte primo a Milano ad aderire all'iniziativa.


Il Liceo Monforte ha deciso di aderire ad un progetto iniziato nel 2006 dalla Cattedra di Teoria dell’Argomentazione dell’Università degli Studi di Padova.

Si tratta di un percorso di formazione al dibattito per studenti liceali, pensato per migliorare le capacità argomentative, linguistiche e retoriche, utili sia per sostenere le prove d’esame di maturità e universitarie, sia per sviluppare le competenze necessarie nella vita professionale e nella partecipazione alla vita pubblica. Gli studenti che negli anni passati hanno partecipato al progetto hanno ottenuto miglioramenti nell’esposizione orale e risultati eccellenti agli esami di maturità.

Il metodo utilizzato è costituito da tornei di “dibattito regolamentato”, scanditi secondo un protocollo che prevede due squadre fronteggiarsi su un tema, secondo un’alternanza di presentazione delle proprie tesi e replica alle tesi della squadra avversaria.

Il progetto, nato in un college texano nel 1935 e ripreso nel celebre film "The great debaters", è ispirato all'idea 
che la discussione non sia solo un diritto e un dovere, ma anche un piacere.

Inizialmente il torneo verrà svolto all’interno della scuola, ma l’obiettivo è estendere la disputa ad altri licei milanesi, a partire dal prossimo anno scolastico. La Scuola Monforte è il primo liceo di Milano ad aderire al progetto, già diffuso in diverse città italiane.

Nei giorni 16 e 22 gennaio dalle ore 11.20 alle h. 14.00 le classi 3^, 4^, 5^ liceo parteciperanno agli incontri di formazione tenuti dal Prof. Adelino Cattani e dal Dott. Manuele Di Conti, del Dipartimento di Filosofia, Sociologia, Pedagogia e Psicologia Applicata dell’Università di Padova, ideatori dell’iniziativa.
Nel corso degli incontri verranno presentate le regole principali dell’argomentazione, alcuni aspetti del linguaggio non verbale, e il metodo più efficace per raccogliere e utilizzare il materiale per preparare un dibattito.


Ulteriori informazioni sul progetto, con filmati dei tornei organizzati in altre città, sono disponibili alla pagina: http://www.educazione.unipd.it/bottaerisposta/

lunedì 13 gennaio 2014

Settimana Bianca di Carnevale: Soraga 2014

Fare vacanza in posti belli ed insieme ad altre famiglie piace sempre ai figli, dai più grandi ai più piccoli, perché trovano la compagnia che desiderano.

Da diversi anni alcune famiglie FAES organizzano delle vacanze invernali. Esse nascono dalla voglia di proporre momenti di famiglia, momenti di crescita, momenti di conoscenza e collaborazione, perchè conoscendoci e confrontandoci ci si rende conto che tra amici tutto è possibile.

La Settimana Bianca di Carnevale 2014, dal 2 al 9 febbraio, si svolgerà a Soraga (TN) in una splendida struttura alberghiera interamente riservataci capace di contenere un centinaio di ospiti, con trattamento a pensione completa (www.albergovaldifassa.com). L'albergo è situato ai bordi del paese, a due passi  dagli impianti sciistici di Moena e Passo San Pellegrino. 


La vacanza è aperta alle famiglie FAES e a famiglie amiche.
La prenotazione delle camere è per l'intera settimana (salvo casi particolari che verranno presi in esame singolarmente).

Le quote di partecipazione sono state leggermente modificate rispetto allo scorso anno, diversificandole tra famiglie FAES ed esterni/amici/sostenitori.

Costo giornaliero per componenti famiglie con figli al FAES:
Da 0 a 3 anni: gratuito
da 4 a 7 anni: 30
 
da 8 a 11 anni: 37 (38 per componenti famiglie senza figli FAES)
da 12 a 17 anni: 40 (41€ per componenti famiglie senza figli FAES)
da 18 anni in su: 44 (45 per componenti famiglie senza figli FAES)

Per ulteriori informazioni contattare gli organizzatori Fabio e Isabella Valdrè
valfa@fastwebnet.it

tel. 022665661
fax 02700410064

"... e per le vacanze estive ci risentiamo più avanti!"




L'informatica la si impara già alla elementari...per ora (purtroppo) solo in Gran Bretagna!

Una bella novità arriva dalla Gran Bretagna in questo nuovo anno. Infatti a partire dal 2014, i bambini del Regno Unito potrebbero imparare  programmare i computer già alle elementari. 

Lo prevede una riforma annunciata dal segretario all'Educazione Michael Gove che ha detto «Invece che usare programmi ideati da altri è vitale che i bambini imparino da soli a crearli». 



La riforma prevede anche che alle medie si insegni l'uso di strumenti come le stampanti 3D, il laser e i robot.

Già alle elementari invece la riforma prevede che vengano insegnati concetti fondamentali delle scienze come l'evoluzione, e aumentano le esercitazioni pratiche in biologia e matematica.

Il nuovo programma dovrebbe essere varato nei prossimi mesi, per entrare in vigore nelle scuole pubbliche con l'anno scolastico che inizia nel 2014.

Che dire, sembra un programma che vada verso il futuro, verso l'insegnamento di quelle materie che sono sempre più utili in questo momento, e che possono portare le nuove generazioni ad affrontare le sfide del futuro in maniera sempre più efficace!



venerdì 10 gennaio 2014

Marco Scarmagni: quando la realtà è teatro. Imparare a vivere insieme nelle differenze divertendosi.




Quando l’intelligenza si fa teatro… Come coinvolgere sempre più per trasmettere elementi chiave della relazione, dell’educazione, della vita in ultima analisi in modo brillante? Marco Scarmagni c’è riuscito e ha messo in scena l’amore coniugale, la differenza tra i sessi, la bella fatica della relazione. Marco, veronese, classe 1971, sposato alla tenera età di 24 anni, tre figli e alcune esperienze di affidamento familiare è innanzitutto giornalista per l’Editore Sempre della Comunità Papa Giovanni XXIII della quale dal 1991 è membro e per la quale dal 2013 è il delegato al Forum delle Associazioni Familiari. È laureato in Scienze dell’Educazione (Tesi: Maschile e femminile negli studi di gender, una lettura sociologica) e baccalaureato in Psicologia dell’Educazione (Tesi: Psicologia della Personalità e differenze di genere). E ha uno studio di Mediazione e Consulenza Familiare a Legnago (VR).  

Ma soprattutto è formattore (con due t) e autore di alcuni spettacoli e attività interattive di grande valore. 

Ecco come si racconta

Qual è la tua mission personale?
Personale? Essere un marito, un padre, un professionista “sufficientemente  buono” tanto per citare Winnicott. La mission del mio studio di consulenza familiare me l’ha spiegata un bambino di nove anni che ad un incontro in una scuola è intervenuto dicendo “Il consulente familiare consola le famiglie: consulente- consola, si capisce”. Se invece ti riferisci alla mission delle attività di formazione, è quella di dare sostegno ed empowerment alle famiglie tradizionali (eterosessuali, monogame, stabili, tanto per capirci), rivolgendomi in particolare alla coppia. Mi piace proporre in maniera laica, talvolta ironica e scanzonata, i temi cari alla visione antropologica cristiana. Da quando ho sposato una donna mi intriga molto approfondire la differenza e la dinamica relazionale tra uomo e donna.


Ma uomini e donne sono davvero diversi?
Certo! Anche quando sono vestiti uguali e fanno le stesse cose. I cervelli di uomini e donne cominciano a differenziarsi già dall’ottava settimana dopo il concepimento. È un fatto che mi suscita stupore e al quale ho dedicato due tesi. La diversità – o meglio la differenza – è un dato ineliminabile della natura umana, ciò che rende la persona biologicamente e psichicamente feconda. Ogni tentativo di negare questa realtà è un esercizio inutile prima che dannoso. Dovremmo casomai sviluppare l’integrazione, la complementarietà, la dialettica, la parità, non l’uguaglianza.

Lo si può affermare o è politically uncorrect?
Non importa. Lo si “deve” affermare, perché è necessario ravvivare ciò che uomini e donne sentono nel profondo del  loro essere. La correttezza politica va e viene, la verità resta. E la verità è agganciata prima di tutto ad un dato biologico, poi anche psicologico, culturale, e per chi vuole anche spirituale.

Come è nato Io Tarzan tu Jane? Che cosa è concretamente? A che cosa serve?
Lavorando con coppie e famiglie mi trovavo a spiegare la differenza tra uomini e donne ai fidanzati, agli sposi, agli uomini e donne che incontravo, che in questo periodo storico sono confusi e hanno bisogno di rassicurazioni. Ho pensato che raccontare le mie tesi poteva risultare piuttosto noioso e allora – avendo un po’ di passione per il cinema – ho cominciato a guardare e riguardare tutti i film chiedendomi cosa mi potevano raccontare del maschile e del femminile. Ne è uscito “Io Tarzan, tu Jane”, un format che porto in giro per l’Italia da qualche anno che non è altro che presentare, in rapidissima successione e in dialogo con il pubblico, brevi spezzoni di film che mostrano il maschile, il femminile, come uomini e donne si rapportano, come si comportano i padri e le madri, come si litiga e si fa la pace in maniera differente. È stato – ed è – un lavoro divertentissimo perché mi accorgo poi che i registi, anche i produttori di cartoni, magari inconsapevolmente, presentano uomini e donne secondo i più tradizionali stereotipi. E così c’è una conferma: se fai uscire l’Uomo e la Donna e dalla porta ti rientrano dalla finestra.

L’amore per sempre è una illusione, una follia, una violenza o la sola possibilità? Perché?
Dipende da che cosa intendiamo per amore. Anche qui chiarire non è facile, ma la tua domanda aiuta. Se per amore intendiamo “piacersi”, allora è ovvio che piacersi sempre e per sempre è una pia illusione. Se per amore intendiamo “sentimento”, tenere un sentimento costante è una follia e porta al paradosso (mi costringo a “sentire”). Se per amore intendiamo “passione” – magari soprattutto passione di tipo sessuale – se non è regolata può diventare una violenza, fisica o psicologica non importa. Se per amore intendiamo invece desiderare il maggior bene dell’altro e il bene della relazione ecco che l’amore per sempre (ah, c’è anche un libro: “Per Sempre. Ingredienti per vincere la sfida di una vita insieme” – se n’è parlato anche qui) diventa una meta desiderabile, assolutamente integrata con un progetto di crescita personale e di apertura alla vita. A scanso di equivoci va detto che “piacersi”, “sentimento” e “passione” sono elementi che fanno parte della vita di ogni coppia, sono belli e desiderabili, ma l’esercizio continuo è di non considerarli la base ma un ornamento, un condimento. Sono come gli ingredienti della pizza. Facciamo pomodoro, mozzarella e olio per far calzare il paragone. Senza di loro la pizza è solo un pezzo di pane tondo, ma nessun pizzaiolo si sognerebbe di portarti su un piatto pomodoro, mozzarella e olio senza la base dicendoti che quella è la pizza.

A proposito di cibo… Sono cotto di te: che cosa è e come funziona?
Sono cotto di te” è un’esperienza, intensa, divertente e formativa. È un pranzo


o una cena che attraverso la preparazione e la consumazione del cibo aiuta i coniugi e i fidanzati a ripercorrere metaforicamente le tappe di formazione e di sviluppo della coppia. L’ho elaborato con uno psicologo e uno chef, entrambi amici con i quali dall’adolescenza condivido i valori. Concretamente una decina di coppie passano 4-5 ore insieme, alternando momenti di coppia ad altri di gruppo in un clima sempre cordiale e un po’ festoso, intimo ma anche – per chi vuole e moderatamente – di confronto. È più semplice da provare che da spiegare. Dove l’abbiamo portato è piaciuto, da qualche parte abbiamo dovuto fare il bis.

I nuovi progetti per il 2014?
Consolidare i format di cui abbiamo parlato, svilupparli e diffonderli ulteriormente, perché mi piace continuare a modificarli anche con le sollecitazioni che mi arrivano dalle persone che incontro. Poi ci sono alcune nuove frontiere, tipo lavorare in maniera più approfondita sull’essenza dell’essere uomini e padri Ho fatto delle esperienze molto positive recentemente, probabilmente è un viaggio che sto facendo prima di tutto dentro di me.

Perché c’è così tanta sofferenza oggi secondo te?
La sofferenza fa parte della vita, di ogni vita. Ma se parliamo di sofferenza coniugale allora cambierei la domanda: Perché non riusciamo più a soffrire? A sopportare? Gli sfasci delle famiglie ce li abbiamo davanti gli occhi e non è il momento di riparlarne. Ma pensa una cosa: rispetto a chi sceglie di interrompere il proprio matrimonio (o anche di viverlo in maniera depressa) siamo passati negli ultimi decenni dal disprezzo alla compassione. Da “che scandalo” a “poverini”. Ritengo siano atteggiamenti entrambi scorretti. Ma possibile che tutta sta gente si sia trovata a fianco una persona insopportabile? Se guardiamo le singole situazioni è ovvio che proviamo empatia, ma se allarghiamo lo sguardo e leggiamo – ad esempio qui nella mia romantica Verona – che delle nuove coppie ormai saltano una su due… insomma un po’ di riflessione è necessaria. Allora, capisco che sono troppo semplicistico e l’argomento merita ben altri approfondimenti, però una cosa posso dirtela: sento il bisogno di qualcuno capace di un atteggiamento “paterno”. Un padre che noi uomini dobbiamo riscoprire, che sappia prendere l’amico che ti viene a raccontare le sue pene coniugali e dirgli senza tanta delicatezza: “Ragazzo, gira i tacchi, torna da tua moglie e prenditi le tue responsabilità, combatti per quello che hai scelto”. Detto da uomo a uomo è salutare. Facciamo la nostra parte;  l’empatia, la comprensione, lasciamola alle nostre mogli che sono ben più dotate. Una donna si motiva se la capisci, se la ascolti; un uomo se gli squadri la realtà e gli indichi una strada da percorrere, meglio se impervia, faticosa, ma possibile. Si può dire “da sfiga a sfida”?

Tre consigli alle famiglie per vivere in serenità, in speranza, in..sieme
Con il limite della sintesi, tre me ne chiedi e tre te ne do:

Circondatevi di amici con i quali condividere il cammino. L’amicizia rinforza la motivazione, aiuta a mettere sullo sfondo alcuni problemi, amplia le opzioni di soluzione.

Ridimensionate la portata di ciò che oggi viene definito “insopportabile”. E, se proprio è doloroso, accoglietelo e attraversatelo. Non c’è altra via.

Ricercate tempi solo per la coppia, sempre! Anche quando i bambini sono piccoli. I tempi di coppia non sono i tempi di famiglia. Meno se ne hanno più difficili sono da trovare e soprattutto da gustare.

mercoledì 8 gennaio 2014

Educare al femminile e al maschile. Crescere nella propria identità.

È da poco uscito, per le edizioni Paoline, un interessante saggio che analizza, con rigore universitario e molti studi sul campo, l’educazione differenziata per sesso. Si sta parlando anche di educazione omogenea scolastica, più in generale dell’educazione della persona e della personalità.   

Il saggio è firmato da Marco Scicchitano, psicologo e psicoterapeuta, ricercatore clinico presso l’ITCI di Roma e da Tonino Cantelmi, psichiatra e psicoterapeuta, docente presso la LUMSA e presso la Pontificia Università Gregoriana. Cantelmi è stato il primo ricercatore italiano ad occuparsi dell’impatto della tecnologia digitale sullo sviluppo cognitivo e affettivo dei bambini.

Abbiamo rivolto alcune domande al dr. Scicchitano  sull’argomento e ne è nata questa interessantissima conversazione che vi proponiamo nell’attesa di avere la possibilità di invitare i due autori, del testo Educare al femminile e al maschile,  ad un incontro presso il Faes.

 
Da dove nasce lo spunto per il vostro studio? C’è davvero una differenza tra il modo di essere e apprendere di maschi e femmine?

Sia io che il Prof. Cantelmi siamo clinici, lavoriamo molto in contatto stretto con le persone che si rivolgono a noi presentandosi con il loro modo di vivere ed affrontare i problemi, le loro relazioni e la loro storia. Una disposizione importante per essere un buon clinico, come noi cerchiamo di essere, è quella di avere la capacità di “decentrarsi”, uscire dal proprio modo di essere e dai propri schemi mentali e cercare di entrare in contatto il più possibile con l’unicità irripetibile che è la persona che di volta in volta ci troviamo di fronte. Capire le sue peculiarità originali e le caratteristiche che gli sono proprie è il modo concreto in cui manifestiamo concretamente l’accoglienza: “ac-cogliendo” la ricchezza di cui è portatrice. Nel nostro lavoro abbiamo imparato a svincolarci dagli schemi preconfezionati e mantenere uno sguardo il più possibile “pulito” e scevro dai condizionamenti che derivano dalle posizioni ideologiche. In questo modo è risultato evidente che ci sono delle differenze irriducibili tra maschi e femmine e che è importante tenerne conto in contesti come quello della psicoterapia, laddove ogni elemento è utile per favorire il benessere della persona.
Lo stesso discorso vale in contesto educativo in cui la missione degli operatori è proprio quella di valorizzare le specificità del bambino e formarlo rispettando le caratteristiche che lo contraddistinguono, tra cui c’è l’essere maschio o femmina. Nell’ambito dell’apprendimento per poter fare un buon servizio educativo al bambino bisogna tenere presente varie dimensioni della persona quali gli interessi, gli stili cognitivi, gli aspetti motivazionali. In ognuno di questi ambiti che hanno grande influenza nell’apprendimento è possibile individuare delle tipicità maschili e femminili che sarebbe utile e funzionale sfruttare a favore dei ragazzi.
Spesso infatti ci siamo trovati a rispondere a domande di genitori ed insegnanti che si sono interrogati proprio su questo argomento, e, una volta sollecitati dalla casa editrice abbiamo pensato che fosse necessario dedicare un volume snello ed agile da usare come introduzione all’argomento. 
Ci sono studi che confermano questa posizione?
Si, certo. L’impostazione che abbiamo voluto dare al libro è esattamente fondata sull’evidenza scientifica, pertanto, nel parlare della diade maschile e femminile, e della differenza e della ricchezza che la caratterizza, abbiamo fatto sostanzialmente riferimento ad articoli e contributi di natura scientifica, per lo più in campo psicologico e neurobiologico. Nel libro ne citiamo molti anche se ci siamo limitati per non dare pesantezza al volume soffermandoci soprattutto sugli ottimi contributi e spunti che abbiamo trovato nei volumi pubblicati dal pediatra e psicologo americano Leonard Sax che sono ricchi di riferimenti a studi scientifici e che consigliamo a chi volesse approfondire il tema. Comunque gli studi che attestano differenze tra maschile e femminili sono molti, ma ne citiamo uno tratto dal libro che è significativo perché prende in esame bambini neonati, sui quali è difficile immaginare influenze culturali.
Nel 1980 una studentessa americana ha svolto una ricerca per verificare la correlazione tra l’ascolto di musica in bambini prematuri e migliori condizioni di crescita e sviluppo dei bambini stessi. Per appurare la veridicità dell’ipotesi fu fatta ascoltare ai bimbi musica leggera monitorando contemporaneamente i valori di crescita e sviluppo. Gli stessi valori furono registrati anche per un gruppo di controllo (bambini non esposti all’ascolto della musica), composto sempre di ventisei bambini prematuri. Al termine del periodo di osservazione si riscontrò che i bambini che avevano ascoltato la musica in culla erano cresciuti più rapidamente, avevano avuto minori complicazioni ed erano stati dimessi dall’ospedale cinque giorni prima rispetto ai bambini facenti parte del gruppo di controllo.  Sax riporta nel suo Why Gender Matters, che consultando direttamente i risultati dello studio, ha notato una particolarità interessantissima che era sfuggita stranamente anche alla stessa autrice, Janel Caine. Le bambine che avevano ascoltato musica in culla  avevano lasciato l’ospedale nove giorni e mezzo prima delle bambine del gruppo di controllo, mentre per i bambini maschi non era riscontrabile alcuna differenza, tra quelli che avevano ascoltato la musica in culla e quelli che non l’avevano fatto. Risultati simili, ma ancora più marcati che confermano i dati emersi nel 1980, vengono riportati in uno studio di Pediatria Neonatale,  nel quale le bambine alle quali veniva sistematicamente canticchiata la ninna nanna di Brahms, al termine dell’osservazione riportavano delle condizioni cliniche per le quali venivano dimesse dall’ospedale dodici giorni prima rispetto alle bambine a cui non era stata cantata. Con i maschi non andava altrettanto bene. In media i bambini maschi che avevano ascoltato la musica non avevano lascito prima l’ospedale rispetto ai bimbi che non avevano ricevuto il trattamento. Per capire la ragione di questa differenza tanto evidente quanto apparentemente inspiegabile, non è necessario richiamare ipotesi e teorie: è sufficiente partire dalla fisiologia umana, costatando semplicemente che le bambine hanno un udito migliore per la musica, o quantomeno, per determinate frequenze. Diversi studi hanno infatti evidenziato che l’udito delle bambine è sostanzialmente più sensibile di quello dei maschi, specialmente nella gamma di frequenze che va dai 1000 ai 4000 Hz, che tra le altre cose è anche la gamma fondamentale per la discriminazione dei suoni nel linguaggio parlato. Inoltre è possibile osservare che la reazione cerebrale all’ascolto di suoni all’interno di questa gamma è nelle bambine neonate superiore a quella dei maschi anche dell’80%. Questa differenza tende ad aumentare nel corso dello sviluppo ed è stato possibile evidenziare che la superiorità femminile nell’ascolto di frequenze intorno ai 2kHz diventa maggiore con il passaggio all’adolescenza e all’età adulta.
Le femmine, dunque, sentono un’importante gamma di frequenze meglio dei maschi, beneficiano dei trattamenti di musicoterapia in modo molto più evidente e hanno una migliore risposta dei maschi nel percepire il tono della voce dell’altro, come ad esempio il padre o l’insegnante in classe. 
Che sostegno danno le scuole single sex a questa specificità sessuale?
Possono darne molto e i risultati e le evidenze scientifiche cominciano ad affiorare soprattutto nel mondo anglosassone. I dati Britannici di questo anno indicano in modo evidente che è una buona strada da percorrere dato che tra i migliori 25 istituti privati, 21 sono omogenei per sesso. Anche qui in Italia si sta muovendo qualcosa. Peri ed Anelli hanno analizzato 30 mila studenti italiani su un periodo di osservazione di quindici anni, dal 1985 al 2000. Le loro analisi hanno preso in considerazione gli stipendi, le scelte professionali e accademiche. E sono arrivati a stabilire alcune conclusioni importanti:
1. Una quota più alta di persone dello stesso sesso in classe aumenta la probabilità di scegliere facoltà che fanno guadagnare di più. Per le donne aumenta del 5-6 per cento, per gli uomini del 6-7 per cento.
2. Migliori risultati accademici e maggiore preparazione, dato che le ragazze delle scuole omogenee abbandonano più raramente l’università e tendono a laurearsi prima.
Secondo il saggio appena pubblicato, che raccoglie dati e informazioni a livello statistico è più probabile che una ragazza che sia stata in una classe «ad alta percentuale femminile» scelga una facoltà come Economia o Ingegneria piuttosto che Lettere cambiando sensibilmente le sue possibilità di avere uno stipendio maggiore. Il discorso, fra l'altro, non vale solo per le donne: anche i maschi tendono a preferire facoltà che garantiscano loro un percorso professionale più soddisfacente, dal punto di vista retributivo, se nei cinque anni di liceo la percentuale di donne in classe è stata bassa.

Si fa un po’ di confusione tra differenza e disuguaglianza: ci aiuta a capirne il senso?
Steven Pinker, celebre psicologo e divulgatore scientifico nel libro per il quale ha vinto il premio Pulitzer, Tabula Rasa, si chiede come mai alcune frange del femminismo lottino strenuamente contro l’idea che uomini e donne siano differenti, che abbiano abilità differenti e quindi inclinazioni e propensioni specifiche. Forse, si chiede l’autore, dietro a questo accanimento contro la differenza tra maschi e femmine si nasconda il timore che «differente» corrisponda ad «ineguale» e quindi «ingiusto». Probabilmente nel movimento di conquista dei diritti civili femminili è stata fatta una sovrapposizione concettuale tra “uguaglianza di diritti” e “uguaglianza delle caratteristiche” che ha portato a distorsioni notevoli ed ora controproducenti, arrivando a negare non solo il buon senso, ma anche i dati e le ricerche scientifiche. Pinker sostiene che il femminismo di genere, nella sua lotta contro l’ineguaglianza si sia messo in rotta di collisione con la scienza, perdendo di vista i criteri di una rigorosa e serena ricerca scientifica a favore di una fervente e ideologica battaglia, e noi siamo d’accordo con lui. Come abbiamo già detto non pensiamo che differente corrisponda ad ineguale, anzi. Cogliere le caratteristiche proprie di qualsiasi cosa permette di relazionarsi con essa a partire dalle sue peculiarità, ed è, quindi, arricchente. Sapere come è fatto un oggetto ci suggerisce come trasportarlo senza danneggiarlo e conoscere le caratteristiche di una pianta, ci aiuta a curarla bene, ad avere le giuste attenzioni e a farla crescere rigogliosa e sana. Forse è proprio partendo dalle differenze specifiche che si può realizzare una uguaglianza che non sia omologazione che appiattisce ma fioritura di talenti individuali.

Come si devono comportare i genitori per favorire le specificità sessuale?
Una buona prassi è essere ben informati in modo da affrontare responsabilmente il compito di essere genitori, ma allo stesso tempo pronti a farsi sorprendere dalla novità che porta ogni nuova persona in modo da essere saggi e centrati sull’educando, più che sugli schemi appresi e consolidati che compongono il nostro bagaglio di esperienze e conoscenze. È importante ricordare è che le variabilità individuali sono elevatissime all’interno di un insieme di persone, per cui non abbiamo nessun problema a riconoscere che ci possono essere maschi poco attratti dal sesso, caratterialmente miti e non aggressivi, così come donne competitive ed esplorative.

La persona umana è sempre talmente ricca e profonda che deve essere riconosciuta anzitutto come individuo con risorse e caratteristiche proprie ed uniche. Tuttavia, essendoci delle costanti riconoscibili, documentate che caratterizzano il maschile e il femminile, è utile stabilire quali sono e come possono essere valorizzate. L’educazione familiare ha un valore essenziale in questo processo.

Ciò che va evitato è la forzatura, il cercare di piegare il dato di realtà ad esigenze ideologiche. Non ascoltare e non vedere il proprio bambino per chi è e per ciò che gli piace è una grave responsabilità. Con i comportamenti spontanei, i primi sguardi e sorrisini e gli iniziali modi di giocare i bambini esprimono quelli che sono inclinazioni e primi passi nel mondo, timidi e ancora insicuri modi di entrarci in rapporto, gemme primeve del carattere e della personalità che sarà. Il bambino deve trovare una collocazione all’interno del suo ambiente di vita e le sue spontanee e innate caratteristiche non sempre bastano a sé stesse, ma necessitano della conferma e rassicurazione da parte degli adulti di riferimento, genitori parenti ed educatori, attraverso la “validazione”.

La validazione è un processo fondamentale nello sviluppo e aiuta i bambini a sviluppare un senso della propria identità integro e sicuro. Il rinforzo positivo ha in questo un ruolo fondamentale e arricchente. Nella prima infanzia è necessario che l’adulto si ponga come guida e fonte di riconoscimento delle caratteristiche del bambino e regalare macchinine ai maschi e bambole alle femmine si inscrive perfettamente in questa cornice di significato, così come giocare alla lotta con i maschi e a “mamma e figlia” con le femminucce. Sono questi dei rinforzi positivi che permettono al bambino di radicare più in profondità quelle che sono sue inclinazioni naturali e innate aiutandolo nel costruirsi la propria identità.

Alcune linee di pensiero hanno ipotizzato che dovrebbe essere un dovere dell’adulto porsi come elemento neutro rispetto alla costruzione dell’identità di genere, ma questo è un grave errore pedagogico. È infinitamente più importante tutelare il ruolo di “validatore” dell’adulto rispetto all’assumere quell’atteggiamento di neutralità che avocano i sostenitori della teoria del “genere che si sceglie”. Mancare questo ruolo per esigenze di aderenza a forme ideologiche è secondo il mio punto di vista una grave responsabilità.

Nel libro citiamo un caso in cui un padre ha cercato involontariamente di proporre strategie educative non consone alla figlia, e i risultati lo hanno costretto a cambiare.

In una mattina fredda e uggiosa, Isabella, particolarmente assonnata e stanca, non aveva alcuna intenzione di andare a scuola, e manifestava il suo diniego con una sorta di reticenza e ostruzionismo passivo che logorava il papà già di prima mattina. Tuttavia il papà non era totalmente nuovo e impreparato a queste «giornate no» e aveva già imparato una tecnica fondamentale: al di là dell’importanza di trasmettere il senso del dovere e della responsabilità, se vuoi che un bambino ti segua, devi attrarre la sua curiosità e stimolare la sua naturale propensione al gioco. Così recuperando le sue personali esperienze di gioco, propose alla piccola di andare con la bici, spiegandole che avrebbero fatto finta di essere guerrieri con archi e frecce. Avrebbero dovuto superare ostacoli, combattere contro i nemici, evitarli, correre ed inseguire. La cosa parve funzionare, ma solo dal letto fino al parcheggio della bici, dove nuovamente Isabella aveva cominciato a fare resistenza passiva. Il padre aveva avuto allora un’illuminazione: «La bici ha freddo!» Anzi no. «Il cavallo-bici ha freddo! Poverino… e si sente solo a stare li ad aspettare tutta la notte», «vedi Isabella?» Immediatamente i lineamenti della bimba avevano cominciato a distendersi improvvisamente e lo sguardo era divenuto un po’ complice con il padre, e un po’ preoccupato per il povero cavallo-bici infreddolito e triste. E così, nel nuovo gioco, la bici che prima era solo un mezzo di trasporto tutta salti e velocità, si riempiva istantaneamente di contenuti emotivi e relazionali. Allora Isabella, gli si era avvicinata sussurrando: «Povero cavallo-bici, adesso ti do la colazione calda calda eh?». E i problemi di accompagnamento a scuola, ci racconta il padre, finirono per un bel po’ di tempo.