venerdì 31 maggio 2013

I tweet di Mariolina


I tweet di Mariolina
di Paolo Pugni 

Ho avuto la fortuna di ascoltare diverse volte Mariolina Ceriotti Migliarese e ogni volta vorrei non finisse mai.
Ha un dono particolare per rendere eleganti e limpidi tutti gli argomenti che tratta, dandoti quella chiarezza che hai inseguito magari per settimane, e mettendoti dentro quella voglia di fare bene, e concretamente, che ogni genitore sogna quando pensa all’educazione e ai propri figli.
Per fortuna da qualche tempo a questa parte ha anche iniziato a scrivere e così dal giugno 2013 un nuovo volume – Cara dottoressa. Risposte a quesiti sull’educazione e la famiglia- affiancherà La coppia impefetta e La famiglia imperfetta (tutti pubblicati da Ares).

Lo scorso 25 maggio per le scuole Faes la d.ssa Ceriotti ha spiegato ad un folto pubblico che cosa significa ed implica oggi essere genitore.

L’intervento è così ricco che il primo consiglio è quello di ascoltarlo: lo trovate in rete a questo indirizzo e potrete ascoltarlo direttamente o scaricarlo, magari anche per condividerlo.

Oppure potete ascoltarlo direttamente qui



Per sintetizzare e spremere fuori dalla sua chiacchierata almeno qualche pillola utile ad una riflessione abbiamo pensato di proporvi una serie di.. tweet, brevi aforismi che riassumono il pensiero di Mariolina e ci invitano ad elaborare per crescere nel nostro ruolo di genitori.

Eccovene una raccolta. Non si tratta di uno sbobinamento letterale, ma di una rielaborazione delle sue frasi e pensieri a mio carico. 
Buona lettura.

I tweet di MCM

Esiste una differenza tra padre e madre? Esiste una differenza sessuale? È un valore? Dalla risposta a queste domande dipende il nostro modo di affrontare la genitorialità e l’educazione.

È il primo figlio che ci “nasce” genitori: prima siamo solo coniugi.

Diventare genitori non è un diritto, è un dono: la differenza è sostanziale. Se fosse un diritto io sarei portatore di un privilegio e avrei giuste pretese da far rispettare; se è un dono allora sono responsabile della sua conservazione e crescita, ho doveri e devo badare al suo bene.

Il miglior modo per essere genitore e fare come se si fosse genitori affidatari: è la distanza affettiva –un amore totale ma consapevole della realtà- il modo migliore per crescere ed educare un figlio.

Riprodursi è clonare, è animale: generare è dare la vita.

Il bambino non ha bisogno del genitore, ma dei genitori. Insieme.

La stabilità della coppia, la fedeltà, è un bene per tutta la famiglia e specialmente per i figli.

Quello che i figli temono della separazione dei genitori non è affatto quello che invece teme il genitore (perdere l’amore). Il bambino non ha paura che il genitore non lo ami più, ha paura di perdere il suo mondo di riferimento, che è fatto dai due genitori insieme in quello specifico “ambiente” fatto sì di luoghi, ma soprattutto di relazioni, tradizioni, abitudini, certezze.

In una separazione il mondo dei figli muore per sempre. E lascia strascichi.
Fare il bene del figlio non è colmarlo d’affetto, a volte troppo, ma dare loro cose buone: essere saldi nel mondo per lui importante.

Noi costruiamo sempre la nostra genitorialità a partire dalla nostra esperienza di figli e dal modello dei nostri genitori: per emulazione come per rigetto.

La differenza di sesso è sancita dalla genetica: ogni nostra cellula è marcata XX o XY e in nessun altro modo.

Una differenza genetica così marcata (ogni singola cellula della mia persona è marcata in modo inequivocabile) non può non avere una influenza nel mio stare al mondo.

La scelta del gender non è genetica, ma una decisione culturale.

Si nasce maschio o femmine, si diventa uomini o donne.

La pienezza dell’umano si costruisce nella relazione.

Disuguaglianza è diverso da differenza: disuguaglianza è disvalore, è offesa della pari dignitià di ogni essere umano, è discriminazione. Differenza è ricchezza, è valorizzazione, e specificità, è dono.

La differenza, come la scelta, comporta limiti ma soprattutto ricchezze.

È alla nascita di un figlio che donna e uomo si scoprono diversi: nel modo con il quale si pongono con la nuova creatura.

La madri sentono il mondo interiore del figlio, cosa che ai padri è negata.

Il codice materno è “ti proteggerò da ogni difficoltà”, quello del padre “ti insegnerò ad affrontare le difficoltà”

Diventare genitori non vuol dire perdere la coppia, anzi è doveroso rafforzarla per il bene dei figli

L’ipertrofia delle aspettative produce fragilità e depressione: un genitore che dice “bravissimo” al figlio per ogni cosa che fa produce un mostro incapace di mettersi in gioco. L’autostima si genera nel mettersi alla prova e lottare fino a che si ha successo: un genitore deve accompagnare il figlio in questo percorso, non precluderglielo.

Il figlio non è mai il terzo in una relazione paritaria.


Nel’immagine dei primi passi c’è il succo della genitorialità: la madre lascia il figlio perché si fida del marito; il padre c’è ed è lì che aspetta il figlio per prenderlo, spostandosi lentamente indietro per fargli fare un passo in più; il figlio lascia la madre e vede che c’è il padre pronto a prenderlo e si fida di entrambi.

giovedì 30 maggio 2013

Breaking news! Il Mercatino Monforte svende tutto per trasloco scuola



Grandissimo successo per il Mercatino Monforte… ancora libri e mobili in vendita a prezzi interessanti! Ti aspettiamo in questi giorni! Non mancate... possibilità di grandi affari!

Il centro scolastico Monforte trasloca a inizio luglio per spostarsi nella nuova sede di via Amadeo. 
Momenti come questo sono l'occasione per mettere a disposizione ciò che non troverà spazio nella nuova sistemazione: ecco l'opportunità da vagliare.

Vi aspettiamo
in via Ponzio angolo via Zanoia, presso la scuola Monforte, per il nostro mercatino.





mercoledì 29 maggio 2013

L'inventaLavoro, idee per inventarsi un lavoro e rispondere a tono alla crisi



L'InventaLavoro è la risposta di Andrea Sartori, classe 1972, consulente editoriale, giornalista freelance, saggista e scrittore, alla crisi che sta mettendo in difficoltà la ricerca di lavoro per i giovani italiani. 


Sartori offre una mappa per orientarsi nel mare magnum delle nuove professioni, uno strumento di analisi per scoprire dentro di sé un talento da portare alla luce, una fotografia, di certo non esaustiva, dell'attuale mercato del lavoro in Italia. "L'inventalavoro" è una cosa e l'altra, e insieme la testimonianza di come, in Italia, nel mezzo di un difficile guado originato da una crisi economica internazionale, gli individui non si rassegnino e anzi investano risorse per dare un esito concreto, remunerato, a una propria passione, a una propria inclinazione creativa. 
Ecco allora l'affacciarsi, il crescere e il consolidarsi di nuove professioni, come, tra le altre, quelle del personal trainer e del personal shopper, del progettista di eventi equo-solidali, del consulente filosofico e del designer di servizi per la co-abitazione, dell'allenatore e dell'accompagnatore di animali domestici alle esibizioni specializzate. Dai servizi alla persona a quelli per la casa, dalla sfera in costante mutamento del web alla cultura "verde", le strade che gli italiani percorrono per progettare o integrare una carriera sono molteplici, e non di rado risentono di sensibilità d'importazione estera. Come si evince dalle interviste in calce a ciascun capitolo, infatti, inventarsi un lavoro significa anche essere pronti al confronto con mondi diversi e apparentemente distanti dal nostro. 


Il libro prevede una quarantina di “nuovi lavori” che riguardano diversi settori, dalla vendita, alla cura della casa, alla cura degli animali domestici. Ogni lavoro viene presentato con una serie di paragrafi in grado di rispondere a qualsiasi dubbio o curiosità da parte del lettore: presentazione generale, gli attrezzi di lavoro, dove si impara, dove trovo i clienti, quanto mi costa, quanto mi rende e via dicendo.

Ragazzi che state cercando lavoro, inventarsi un lavoro non è mai stato così facile!! 


lunedì 27 maggio 2013

Copiare a scuola è sbagliato. Come spiegarlo ai figli?

Pubblichiamo questo interessante articolo tratto dal blog del Corriere della Sera "La Ventisettesima ora" in cui si danno dei consigli ai genitori sul come spiegare ai propri figli che copiare a scuola è sbagliato.

Negli Stati Uniti l’ultima a lanciare l’allarme sui bambini che copiano a scuola è stata la giornalista del Wall Street Journal Sue Shellenbarger in una delle sue rubriche Work & Family dedicate al lavoro e alla famiglia. A ogni età dell’alunno vengono abbinati suggerimenti per spiegargli che imbrogliare tra i banchi è sbagliato. Un vademecum che fa riflettere.
In Italia, dove i bambini che copiano (in modo abituale o saltuario) arrivano al 34% già alle elementari, l’atteggiamento diffuso è ben più tollerante: «I raggiri scolastici sono delle vere e proprie prove generali d’illegalità, ma vengono rappresentati come gesti sporadici insignificanti o episodi di costume e di folklore — denuncia il sociologo dell’Università di Urbino Marcello Dei, che pubblicherà sull’argomento uno studio sulla rivista Minori Giustizia —. Per dirla con una metafora teatrale, in Italia la rappresentazione degli imbrogli tra i banchi di scuola non ha il tono serio e doloroso del dramma, appartiene al genere della commedia leggera, all’italiana, per l’appunto».
Ma chi esagera? Sono troppo rigidi i genitori all’estero o siamo noi mamme e papà italiani troppo permissivi? Come bisogna comportarsi, insomma, con i bambini che copiano a scuola? Il fenomeno è stato sdoganato da noti imprenditori e scrittori di fama. Luca Cordero di Montezemolo, ai tempi in cui era ai vertici di Confindustria, aveva confessato agli studenti dell’università Luiss di Roma: «A scuola ero campione mondiale di copiatura e questo dimostra che anche chi copia ha speranza». Ancora prima, addirittura nel 1997, Claudio Magris sulle colonne del Corriere aveva fatto L’elogio del copiare«Copiare (in primo luogo far copiare) è un dovere, un’espressione di quella lealtà e di quella fraterna solidarietà con chi condivide il nostro destino (poco importa se per un’ora o per una vita) che costituiscono un fondamento dell’etica. (…) Chi, sapendo un po’ di più di informatica o di latino di quanto non ne sappia il suo compagno di banco, non cerca di passargli il tema resterà probabilmente per sempre una piccola carogna».
E indulgenti spesso lo sono anche i prof che, in occasioni come la maturità, girano la testa per non vedere chi copia. Così nei giorni scorsi l’Associazione nazionale dirigenti e alte professionalità della scuola è stata costretta a scrivere al nuovo ministro dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza: «Fra poco avranno inizio gli esami di Stato — rimarcano i presidi —. Un momento importante, previsto dalla nostra Costituzione, la cui credibilità negli ultimi anni è stata fortemente intaccata dalla segnalazione di numerosissimi casi in cui non è stato garantito il corretto svolgimento delle prove. (…) Pesa anche, purtroppo, una abbastanza diffusa mancanza di fermezza nel far rispettare le regole, che, insieme a una malintesa “comprensione” nei confronti degli studenti, ha indotto alcuni a tollerare e anche a giustificare indebiti aiuti».
L’appello «Non fate più copiare gli studenti», è il refrain appena (ri)lanciato dal Gruppodifirenze.blogspot che si batte per la scuola del merito e della responsabilità. Quel che emerge, forse, è che finora c’è stata troppa indulgenza. Il sociologo Marcello Dei è categorico: «Tra gli imbrogli scolastici e l’illegalità diffusa nella vita pubblica e privata del Paese sussiste un filo di continuità — ribadisce —. Il rispetto della legalità incomincia fra i banchi di scuola».
Spiegare al bambino come resistere alla tentazione diventa una sfida importante: «Il mio suggerimento è di non colpevolizzarlo mai, soprattutto quando ha 5/6 anni e difficilmente attribuisce al copiare il significato che gli danno gli adulti — spiega Emanuela Confalonieri, psicologa dello sviluppo dell’Università Cattolica —. È meglio fargli capire che ce ne siamo accorti e trovare insieme un modo originale per (ri)fare il compito copiato». Dopotutto uno studio del 2008 di Sara Staats, Julie Hupp ed Heidi Wallace, ricercatrici di psicologia della Ohio State-Newark University, aveva dimostrato che «Chi non copia ha più personalità».
Ma avere personalità oggi è un vantaggio? Questa, però, è un’altra storia.

venerdì 24 maggio 2013

La bellezza dello sport!



Gabriel ha un handicap. E’ nato senza piedi. E’ considerato un ragazzo disabile perchè non è “come gli altri”. Eppure a calcio, sport dove è necessario usare gli arti inferiori per colpire la palla, gioca meglio dei suoi coetanei.
I giocatori disabili sono persone incredibili!
Come Gabriel riescono a trasformare i propri limiti in punti di forza. Questo perchè in quanto diversamente-abili, sono dotati di abilità differenti rispetto alle altre persone e agli altri giocatori, ma non per questo meno abili in qualcosa. Sono infatti capaci di rendere queste abilità differenti talmente potenti da trasformale in veri e propri punti di forza.
La diversità consiste proprio in questo: sviluppare al meglio le abilità residue compensando ed in taluni casi migliorando quelle mancanti. Ed in questo senso possiamo affermare che siamo tutti un po’ diversamente abili, perchè ognuno di noi possiede qualità diverse dagli altri, da sperimentare e rendere ancor più uniche.
Esistono naturalmente differenti disabilità, come pure differenti livelli di gravità delle varie patologie, ma esiste allo stesso tempo la possibilità che queste persone recuperino tutte, o almeno in parte, le abilità necessarie a condurre una vita soddisfacente. 
In che modo? Attraverso per esempio la pratica di uno sport, come nel caso del piccolo Gabriel. Lo sport è uno strumento eccellente per il recupero delle diverse funzionalità “venute meno” – relazionalimotivazionalifisiche psicologiche.
A giovare della pratica sportiva, oltre agli aspetti di ordine fisico – come l’incremento della forza e della resistenza muscolare, cardiaca e respiratoria – è soprattutto la dimensione sociale che migliora attraverso lo sviluppo di nuove relazioni ed amicizie, mentre l’autostima e la fiducia in se stessi crescono man mano che la persona raggiunge piccoli ma significativi risultati, constatando che è in grado di compiere gesti sportivi che probabilmente non pensava minimamente di poter più effettuare.
Tutto questo riveste un’importanza fondamentale per chiunque abbia subito un trauma o visuto una malattia. In una parola significa tornare a vivere. Ecco perchè lo sport-terapia deve essere valorizzato ancora di più. La sua funzione è determinante.

mercoledì 22 maggio 2013

Essere genitori oggi, sfide e risposte


Genitori all'ascolto, la dottoressa Mariolina vi ha dato tanti suggerimenti nel post precedente, ma non potete perdere il suo contributo dal vivo. Venite sabato 25 maggio alle ore 10.00 presso l'Aula Magna dell'Istituto Maria Immacolata in via A.Visconti d'Aragona, la dottoressa sarà presente per un incontro tutto dedicato alle paure e alle gioie di essere genitori "Ci chiama mamma e papà, e adesso?" 
Inoltre se non sapete a chi lasciare i vostri bambini non preoccupatevi, sarà infatti disponibile il servizio babysitter durante l'intero svolgimento dell'incontro!

Aspettando di sentire i consigli sull'argomento dall'ospite di sabato mattina, vi lasciamo con una breve riflessione di Marco Manica, che risponde a una domanda che prima o poi ogni genitori si pone: 

Ai figli si deve dare sempre ragione?


Il “no” rivolto al figlio per motivi ragionevoli e in modo appropriato, può dimostrargli il nostro amore e contribuire a farlo crescere forte e sicuro di sé
“La maggior parte dei genitori vorrebbe sempre dire sì ai figli – afferma Jesper Juul, terapeuta familiare e autore di diversi libri per genitori -. Vogliamo dare loro tutto ciò che è in nostro potere e saremmo pronti a sacrificare la nostra vita per loro. Questo è del tutto logico, dato che il sì è, per eccellenza, l'emblema dell'amore” (J. Juul, I no per amare, Feltrinelli). Dire sì è efficace nell’educazione dei figli se è in vista del loro bene, se proviene dal profondo del cuore e se è libero da aspettative o secondi fini strategici.
La letteratura pedagogica e le esperienze ci confermano che i genitori hanno sempre avuto difficoltà a dire no. “Se oggi guardo indietro la mia vita privata e professionale, mi rendo conto che la maggior parte delle difficoltà e dei conflitti in famiglia nascono anche perché i componenti non sono in grado di dire no, pur desiderando farlo. Perché non si definiscono i propri confini personali e non si esprimono con sufficiente chiarezza. (J. Juul, cit.).
Un padre ha scritto di recente: “Ci sono genitori che insegnano ai propri figli che, se un vigile gli fa la multa perché in 14ª fila con il suv, devono poterla contestare perché il vigile è uno che non capisce nulla. Anche io ho il suv. Se un vigile vuole farmi la multa, inizio a piangere, a strapparmi i capelli, a dire che gli alieni hanno rapito i figli. Ma se il vigile quella benedetta multa la stacca, la pago. Entro in macchina e dico ai miei figli che io ho sbagliato. Dico loro che se quando avranno l'auto prenderanno la multa, dovranno pagarsela in qualche maniera. Tutto è opinabile ora. Tutto contestabile. Ma come si possono contestare insegnanti, forze dell'ordine, valori imprescindibili e chi più ne ha ne metta?
Mio figlio di qua, mio figlio di là... ma basta. Se io esco con gli amici, non parlo dei figli. Esco con gli amici perché voglio divertirmi con loro. Non faccio a gara sui risultati scolastici. Tempo fa hanno picchiato un professore di ginnastica: pazzesco. Ho personalmente assistito a genitori che duellavano circa il programma scolastico, a loro avviso non idoneo. A loro avviso? Ma di cosa stiamo parlando? Non ci sono più i ruoli. (Lettera di Alessandro Mozzati a Panorama, 14.03.12)
I genitori che vogliono risparmiare ai figli qualsiasi frustrazione non sono di solito motivati dall'amore ma dal sentimentalismo o dal desiderio di essere considerati un buon padre, una buona madre. Amare vuol dire offrire al figlio ciò di cui ha realmente bisogno per condurre una vita buona. Ecco perché un no è spesso la risposta più amorevole che un figlio possa ricevere, benché richieda ai genitori sacrificio di se stessi.

lunedì 20 maggio 2013

Come cambia la vita di un neo genitore: intervista a Mariolina Ceriotti Migliarese



Intervistiamo Mariolina Ceriotti Migliarese neuropsichiatria infantile e membro del Comitato Scientifico della Fondazione Happy-Child. Da molti anni si occupa di formazione di genitori e insegnanti ed esercita attività privata come psicoterapeuta per adulti e coppie.



Come la nascita di un figlio cambia la vita dei suoi futuri genitori?
La nascita di un bambino è un evento “forte” che mette in movimento tutto l’universo familiare intorno a lui: il primo figlio che arriva infatti non solo trasforma i membri della coppia in genitori, ma li mette a confronto in modo nuovo con la generazione precedente, quella dei futuri nonni, che sono stati per loro il modello positivo o negativo della genitorialità. Ciascuno di noi è stato figlio in modo diverso e sulla base delle relazioni che ha vissuto ha costruito dentro di sé modelli dei quali non siamo generalmente consapevoli e che ora emergono concretamente, portandoci a definire il nostro modo di essere padri o madri.
 Nello stesso tempo il neonato, così indifeso e così totalmente affidato ai suoi genitori, attiva in loro una forte responsabilità e mette in evidenza anche la necessità di ridefinire le priorità della vita della coppia.

E' più difficile diventare genitore al giorno d'oggi?
Non so dire se sia diventato più difficile: certo, il fatto di rinviare spesso molto a lungo la maternità e la paura di trovarsi davanti ad una responsabilità troppo grande sono elementi che rendono più ansiosa la relazione. Si ha l’idea di dover tendere ad una genitorialità perfetta: si desidera essere genitori perfetti di figli perfetti e si va alla ricerca di ricette, tecniche, consigli, che indichino una via sicura in questa direzione. Penso sia molto importante tornare ad alimentare la fiducia che è possibile essere dei genitori “sufficientemente buoni” e che per far questo non è necessario avere competenze specialistiche, ma imparare ad attivare le capacità potenziali che ognuno di noi possiede naturalmente in quanto uomo.

La nascita di un bambino può modificare il rapporto di coppia?
L’uomo e la donna vivono la nascita di un figlio  secondo codici diversi, e questa differenza è  fonte possibile di incomprensioni. Soprattutto la donna può trovarsi spiazzata dall’intensità imprevista del legame con il suo bambino, tanto da mettere in secondo piano il rapporto con il marito e da diminuire di fatto il valore primario del legame di coppia.
E’ perciò molto importante, per la salute di tutta la famiglia, che mamma e papà continuino ad essere sempre e comunque marito e moglie, ricordandosi giorno dopo giorno di fare un’attenta manutenzione della loro coppia. Non bisogna cedere alla tentazione di dedicare tutto il  tempo al bambino, magari spinti dalla preoccupazione di trascurarlo: la migliore garanzia di benessere per un figlio nasce dalla capacità dei suoi genitori di coltivare sempre il proprio rapporto.


Quali sono i motivi principali per cui si diventa genitori per la prima volta sempre più tardi?
Penso che i motivi siano molti e di natura diversa: la paura di costruire relazioni stabili, le concrete e purtroppo frequenti difficoltà economiche, la sfiducia nel futuro, l’idea che l’investimento professionale sia la principale chiave di realizzazione della persona.
Avere dei figli vuol dire avere passione per la vita, avvertire il suo valore e il suo significato,  tanto da desiderare di farla nascere e fiorire al di là di sé. La nostra non è certo una società che incoraggia questo tipo di sentimenti, ma è piuttosto portatrice di una evidente cultura di morte…
Per fortuna, malgrado tutto, una parte di noi continua a desiderare sempre ciò che è bene e ciò che è bello, e i bambini continueranno perciò a venire al mondo.

Che consigli darebbe a neo mamme e neo papà?
Non amo i consigli generici: mi piace di più rispondere alle domande concrete, condividere con i genitori ciò che li preoccupa o li interroga strada facendo.
Posso dire però almeno questo: non bisogna avere paura. Avere dei figli è davvero una sfida appassionante, qualche volta difficile, sempre interessante. Non ci si pente mai di avere messo al mondo un figlio, né di avere fatto la fatica necessaria per amarlo e farlo crescere.

Ricordiamo a tutti l'appuntamento per sabato 25 maggio alle ore 10.00 presso l'Aula Magna dell'Istituto Maria Immacolata in via A.Visconti d'Aragona con la Dott.ssa Migliarese.






































sabato 18 maggio 2013

Giovani scrittori crescono: Federico Scolari e il suo racconto "vincente" (terza parte)

Terzo e ultimo appuntamento con il racconto di Federico Scolari, primo classificato al Concorso letterario Ares Faes.

Qui trovate la prima parte 
e qui la seconda parte del racconto di Federico




Capitolo 11: Il sole era ormai bollente. Gli amici non sembravano essere condizionati dall’eccessivo calore, perché erano troppo concentrati nel seguire l’uomo davanti a loro. Dopo pochi minuti entrarono all’interno della piccola cittadina, osservando le case in muratura e le persone che vi abitavano. Attorno alla cittadina sorgeva una fortezza, dove nascevano canali che collegavano il paese alle oasi circostanti e quindi ai verdi campi coltivati dove già dalle prime ore del mattino lavoravano degli uomini abbigliati come la loro guida. L’uomo girò a destra e prese un vicolo, ordinando agli amici di fermarsi. Proseguì qualche metro e bussò alla porta di una piccola casetta; ad aprirgli c’era un uomo alto, scuro di carnagione, con cui dialogò per diversi minuti. Giunsero alla conclusione di ospitare i ragazzi nella casa dello sconosciuto, fino a quando non avrebbero trovato per loro una buona sistemazione. Lo sconosciuto e la moglie li trattarono nei giorni seguenti in maniera aperta, rispettosa, quasi come se i ragazzi fossero delle personalità importanti; l’atmosfera nella casa era tranquilla e spensierata, soprattutto per il riguardo che i due coniugi avevano verso gli amici. Qualche giorno dopo l’uomo che li aveva guidati fino alla cittadina venne a prenderli in compagnia di un uomo basso e tozzo, dall’aspetto bonario. “Il faraone vi ha convocati!” disse all’improvviso l’omino, con una voce che non gli si addiceva proprio “dovete recarvi al palazzo reale, nostra Eccellenza desidera parlarvi.” “Cosa? Chi siete voi? Perché dobbiamo andare dal faraone? Che storia è mai questa!” “Lo scoprirete seguendoci nel viaggio che vi porterà da nostra Altezza” “Ma cos…” “Senti Biro, è meglio seguirlo… forse lui sa come tirarci fuori dai guai… non abbiamo altre soluzioni” consigliò bisbigliando Giulia “Eh va bene, andiamo!” “Ottima scelta, Biro”. Così i nostri amici si incamminarono verso la residenza reale del grande faraone d’Egitto. 

Capitolo 12: dopo ore e ore di interminabili passi i ragazzi videro spuntare in lontananza un palazzo enorme, circondato da palme verdi come il giubbotto che Biro non trovava più. Man mano che si avvicinavano, i ragazzi scorgevano sempre più dettagli del palazzo, fino a quando furono così vicini da poter sfiorare le sue mura decorate con stupendi geroglifici. Per tutto il viaggio nessuno aveva detto una parola, ma adesso lo stupore era troppo grande. Non si era mai visto un palazzo del genere, così grande e così affascinante. Arrivati davanti al pesante portone di legno massiccio, le guardie fecero entrare i ragazzi inchinandosi esageratamente. Dopodiché li scortarono su delle infinite scale che portavano in cima al palazzo circondato da tre imponenti piramidi. “Mi sembra di averlo già visto questo posto…” pensava fra sé e sé Phil. Tutti lo avevano già visto quel luogo, ma non dal vivo, solo sui libri di storia, ed ora avevano l’occasione di vivere quella esperienza in quel posto affascinante, per giunta nel passato. Finito di salire le interminabili scale, i ragazzi, le guardie e le due guide si fermarono per riprendere fiato. “Ora dovete inchinarvi al grande faraone Kamur, intesi?” disse stremato l’omino tozzo “Va bene, ma come ci capiremo noi ed il faraone?” “Vi farò io da traduttore, ho imparato la vostra lingua durante i miei viaggi per il mondo; sapete, sono il segretario del faraone e sono costretto ad andare da un posto all’altro per controllare la situazione. E’ un lavoro faticoso, ma ben pagato” “Capisco, ma chi è l’uomo che ci ha ritrovato nel deserto?” chiese Giulia “E’ mio fratello; sospettava che vi foste persi nel deserto… proprio come dice la profezia, così vi ha portati nel nostro paese e vi ha fatti ospitare dai nostri genitori…” “quale profezi…” Giulia venne interrotta da una voce potentissima. Era il faraone Kamur. “Voi, stranieri, avvicinatevi!” tradusse l’omino tozzo. “Siete al mio cospetto perché la sacra profezia vi cita… voi siete gli unici che possono scoprire il mistero dei desideri.” I ragazzi si guardarono fra lo stupore e la curiosità. “La profezia dice che quattro ragazzi giunti da un paese straniero si smarriranno nel deserto e verranno ritrovati. Questi ragazzi dovranno essere convocati davanti al cospetto del faraone perché solo loro, con la loro abilità e con la loro intelligenza, potranno apprendere il mistero che si cela dietro il desiderio umano.” “Datevi da fare e portatemi qui la soluzione della brama dell’uomo. Con questo ho finito!” Il faraone fu portato nella sua stanza con una lettiga e nella stanza piombò il silenzio. “Ora che facciamo?” “Io vi consiglio di darvi da fare, altrimenti… io vi accompagnerò nell’impresa, nel caso in cui ci siano dei geroglifici da tradurre. Tutto chiaro?” “Va bene, il nostro gruppo risolverà ogni enigma! Ma da dove iniziamo?” 

Capitolo 13: i ragazzi decisero di iniziare la loro impresa nelle stanze segrete del palazzo del faraone, ma nulla da fare. Ormai erano giorni che cercavano qualche indizio o qualche segnale per venire a capo della questione, ma per ora era stato tutto vano. Qualche giorno dopo, però, l’uomo tozzo, di nome Amar, consigliò loro di recarsi nella piramide di Giza perché qualche strana incisione del seminterrato del palazzo rappresentava una pozione proprio all’interno della piramide. I ragazzi, ormai convinti, si trovarono davanti all’enorme costruzione sotto un sole cocente. “Ok, ora dobbiamo trovare tutti il coraggio di entrare. Ho escogitato un piano per non perderci all’interno della piramide: faremo proprio come Teseo nel labirinto; Chiara, che soffre di claustrofobia, rimarrà fuori insieme a Phil, mentre Biro, Amar ed io entreremo con le torce e con un lungo rotolo di seta. Chiara e Phil terranno una estremità del filo, mentre noi tre proseguiremo all’interno, così se ci perdiamo potremo ritrovare la strada del ritorno. Dobbiamo rimanere tutti concentrati e compatti, chiaro?” “Va bene, siamo tutti pronti. Andiamo!” “Aspetta Giulia” disse Chiara “Buona fortuna e… grazie!” Giulia le fece l’occhiolino e si inoltrò nella entrata scura, seguita dai suoi due compagni. L’aria era pesante, come se la piramide fosse stata chiusa per decenni, forse per secoli. La luce della torcia illuminava un profondo corridoio che sembrava non finire mai. Giulia teneva saldamente in mano una estremità del filo di seta e continuava decisa nel suo cammino. “Aspetta, fermati! Qui c’è qualcosa! Dice: -se le scale vuoi salire, l’indovinello devi scoprire-“ lesse deciso Amar “Che indovinello è? Sono bravissimo negli indovinelli!” esclamò Biro “Dice: -1613 è uguale ad 1+1+1?-“ “Facilissimo… certo che sì… se dici tre dici è uguale ad 1+1+1. Più facile di così!” Alle parole di Biro il muro davanti a loro crollò e apparvero delle scale in cima alle quali vi era una grande porta decorata con geroglifici stupendi. I ragazzi e Amar salirono le scale e arrivarono in prossimità dell’entrata. “Sei forse arrivato a destinazione. Sarà questo l’ultimo indovinello?” “Continua, Amar, continua” 
“Sette case contengono sette gatti. Ogni gatto uccide sette topi. Ogni topo avrebbe mangiato sette spighe di grano. Ogni spiga di grano avrebbe prodotto sette misure di farina. Quanto è il totale?” 
“Questa la so!” esclamò Amar “E’ il famoso indovinello di Ahmes lo scriba! Allora… secondo i miei calcoli… lo schema è questo! Le case sono sette, quindi, con un rapido calcolo… 


Anche questa volta la porta si aprì con un fragore indescrivibile. La stanza che videro i tre compagni era la cosa più stupefacente che avessero mai visto: le pareti erano dorate, proprio come il pavimento; dei geroglifici riempivano il soffitto e indicavano il centro della stanza. Lì si trovava un papiro di grandi dimensioni. “Il segreto del desiderio umano!” esclamarono in coro. “Finalmente mi… cioè, finalmente nostro!” disse Amar. Preso dalla foga, l’uomo corse verso il papiro ma inciampò in una piastrella rialzata, che rientrò nel pavimento facendo cadere dal tetto una teca di vetro che cadde proprio sul papiro. “E ora? Che facciamo?” chiese Biro, guardando storto Amar “Aspettate, qui c’è un altro indovinello” osservò il tozzo omino mentre si rialzava. “Dice: Un cavallo che traina il carro del faraone compie a ogni passo mezzo metro. Quanti passi dovrà fare per percorrere un chilometro?” “Mhh… difficile… allora… la risposta dovrebbe essere duemila passi a prima vista...” “No, Biro! La risposta è quattromila! Bisogna contare anche le zampe posteriori!”. In un secondo la teca si ruppe in mille pezzi e Giulia, che aveva risolto l’ultimo indovinello, prese saldamente in mano il papiro. “Complimenti Giulia, bel lavoro. Ma ora è tempo di consegnarmi il segreto del desiderio!” la voce di Amar rimbombò in tutta la stanza. “Cosa?” “Se io consegnerò per primo il papiro al faraone, diventerò il suo erede…quindi non fate storie bambocci, datemi quel tesoro!” Amar mostrò loro un pugnale affilato, minuziosamente decorato a mano, che rifletteva le luci delle torce. “Mai e poi mai!” “Biro, non fare storie, non vedi che ha un coltello in mano? Dobbiamo darglielo…” e Giulia appoggiò delicatamente il papiro nelle mani dell’impostore. “Bene, vedo che tu capisci, a differenza di quello stolto del tuo amico!” “Ehi, vacci piano con le parole! Quello che tu chiami stolto è mio fratello!” Dall’ingresso della stanza sbucò trionfante Chiara, seguita dalle guardie reali e dal faraone in persona. “Cosa? Ma come è possibile! Tu.. non puoi.. ma come hai fatto?” “A dopo le spiegazioni Amar, o forse dovrei dire carcerato numero 216”. Prontamente le guardie si scagliarono sull’impostore che, ormai circondato, si lasciò afferrare senza opporre resistenza. “Tu, proprio tu Amar, mio fedele servitore…non ci si può più fidare di nessuno, neanche del mio segretario. Sei un impostore, e tu lo sai meglio di me che fine fanno gli impostori… sarà già tanto se vedrai di nuovo la luce del sole! Presto, portatelo via, e non fatemelo più vedere!” esclamò risoluto il faraone. “Ora che siete al sicuro, cari i miei ragazzi, leggetemi il mistero del desiderio” il silenzio piombò all’interno della stanza. Quelli che erano geroglifici accuratamente scritti sul papiro divennero parole comprensibili ai ragazzi, proprio come desiderava il faraone. La tensione era altissima. “Giulia, sei pronta?” “Si, allora… IL DESIDERIO E’ IL NOSTRO PUNTO DI RIFERIMENTO, IL NOSTRO OBIETTIVO, LA NOSTRA STELLA. PER RAGGIUNGERE LA NOSTRA STELLA DOBBIAMO IMPEGNARCI E CONTINUARE A CREDERE NEL NOSTRO DESIDERIO. SOLO COSI’ SI PUO’ SCOPRIRE IL VERO MISTERO DELLA BRAMA UMANA. IL SEGRETO E’ DENTRO OGNUNO DI NOI. BASTA SEMPLICEMENTE GUARDARE DENTRO I NOSTRI CUORI.” Un nuovo silenzio penetrò fra le mura della stanza. “Tutto qui? Il desiderio è dentro di noi e dobbiamo impegnarci per raggiungerlo? Ah, tutte fandonie, stracciate quella cartaccia immediatamente!”. Le guardie reali si affrettarono e strapparono in mille pezzi il papiro. Subito dopo il solito fragore del black-out sovrastò le parole del sovrano: TRACK! Il faraone aveva rifiutato il mistero del desiderio! Chi non apprezza il desiderio, infatti, non è degno di conservare nel proprio cuore e nella propria mente il mistero che si cela dietro lo stesso .“Oh no, dove finiremo ora?”. Lo avrebbero scoperto pochi minuti dopo. 

Capitolo 14: Una debole luce filtrava dalle finestre della stanza dove erano finiti i ragazzi. Alle prima luci dell’alba, un brusio di voci confuse invase le orecchie degli amici che, ormai stanchissimi, si erano sdraiati a dormire per terra senza neanche accorgersi che erano finiti nel seminterrato della scuola, proprio dove era iniziato tutto. La prima a svegliarsi fu Chiara che, felicissima per essere ritornata a casa, svegliò tutti con entusiasmo. “Chiara, che bello rivederti qui! Ora dimmi, come hai fatto ad avvisare le guardie e ad arrestare Amar?” “Mentre Phil dormiva” disse Chiara guardando teneramente il suo “amico” “io mi sono accorta delle grida di quell’impostore di Amar, così, senza esitare, sono corsa dal faraone e dalle guardie reali che mi hanno aiutato senza indugi, trattandosi del mistero del desiderio. Così ho seguito il filo di seta fino ad arrivare alla stanza dove vi trovavate. Il resto è storia” “E che storia, sarebbe proprio bello scrivere un libro sulla nostra avventura!” “O forse è meglio un articolo? Il mio orologio segna che oggi è il 17 Gennaio e che quindi domani ci sarà l’open day della scuola Faes Argonne, quindi Phil ed io dobbiamo scrivere la prima edizione del giornalino scolastico e ci manca proprio la parte in cui inserire la storia del mese. E’ perfetto!” “Benissimo, è andato tutto come desideravamo, ma un dubbio mi assale: come ha fatto a passare solo un giorno dalla nostra partenza? Chiese Phil. “L’abbiamo desiderato, giusto? Ebbene, noi siamo gli unici al mondo che sono a conoscenza del mistero del desiderio e l’abbiamo apprezzato, non come il faraone, quindi possiamo desiderare qualsiasi cosa che essa si realizzerà solo con l’impegno e la partecipazione di tutti noi. Per questo è iniziata la nostra avventura! Desideravamo scoprire il mistero che si nascondeva dietro il black-out e siamo riusciti nel nostro obiettivo solo dopo grandi difficoltà, grazie al nostro impegno!” Così, chiariti tutti i dubbi e le domande, tutti tornarono a casa, eccetto Chiara e Phil che, dopo aver salutato il gruppo, si recarono in biblioteca, ormai aperta perché si era fatto giorno, e terminarono la stesura del loro giornalino. “Che bella avventura, vero Phil?” “Certo, ma manca un particolare, il mio. Tieni, è l’unico fiore che ho trovato nel deserto, ed è tutto per te.” Dette queste parole, Phil baciò Chiara senza esitare, ormai consapevole che fra i due era nata una romantica storia d’amore. 

Capitolo 15: Il giorno seguente i ragazzi si ritrovarono davanti all’ingresso della scuola Argonne. Due ragazzi gentilissimi con il sorriso stampato in faccia li accolsero e indicarono loro la strada per raggiungere il posto dove stava avendo luogo l’open day. L’edificio era stupendo e non si addiceva proprio al mondo uggioso di Milano, anche perché all’interno della scuola sembrava che tutto fosse vivo e colorato. Entrati nella scuola trovarono un lauto rinfresco che li attendeva e iniziarono subito a conversare piacevolmente con alunni, genitori ed insegnanti davanti a una bella fetta di 12 
torta. L’aria che si respirava era estremamente piacevole, soprattutto perché tutti collaboravano con gioia e disponibilità. Terminata la torta, Biro, Chiara e Giulia si occuparono della lezione de “Proteggiamo l’ambiente” organizzata dalla famosa rivista per ragazzi Focus Junior di cui i tre ricoprivano l’importante ruolo di incaricati del giorno, mentre Phil e Chiara furono convocati dal preside. Con il cuore in gola, i due innamorati salirono rapidamente le stupende scale di marmo, fino a giungere all’ultimo piano. Qui li attendeva, seduto in un aula, il preside della scuola Argonne. “Prego, sedetevi.” Pur essendo molto gentile, il preside era sempre il preside e quindi incuteva un certo timore ai due ragazzi. “Premetto subito che non sono qui per ammonirvi o per sgridarvi, quindi rilassatevi, vi ho visti un po’ tesi. Volevo semplicemente complimentarvi con voi per l’ottimo lavoro che avete svolto durante la stesura del vostro giornalino. Sta andando a ruba fra insegnanti e alunni! Mi è piaciuto soprattutto l’approfondimento che avete descritto relativamente alla divisione fra maschi e femmine all’interno dei licei Faes e l’accurata descrizione riguardante la disponibilità dei nostri ottimi tutor e quindi dell’eccellente collaborazione scuola-famiglia; è importante che tutti sappiano che è positivo ciò che abbiamo deciso di attuare. Complimenti ancora! Ma ditemi, qual è questo mistero del desiderio che è descritto nella vostra bellissima storia?” “Signor preside, lei desidera saperlo? Le dico solamente che non posso spiegarglielo così, su due piedi. Se si impegnerà nel suo intento lo scoprirà, proprio come abbiamo fatto noi!” 

venerdì 17 maggio 2013

Intervista Mamma & Lavoro



Nel nostro continuo scouting della rete, alla ricerca di risorse, notizie, provocazioni, idee che siano attinenti alla famiglia e ai valori che ci interessano, approdiamo oggi al portale Mamma & lavoro. Diretto da Patrizia Eremita con un folto staff, questo sito offre una visione ampia del mondo visto con gli occhi di una mamma. Non tutto quello che ci si trova e interamente condivisibile, come è normale, e ciò che colpisce è l'attenzione per la famiglia e la conciliazione dei due mondi, che a volte invece di accompagnare, sembra intrappolino la donna, schiacciandola tra due ruoli, quello di mamma e quello di professionista, che possono invece trovare una sinergia ordinata.
Abbiamo intervistato Patrizia chiedendole di aiutarci a comprendere cosa l'ha spinta a questo sforzo e come se lo immagina giorno dopo giorno.

Da dove nasce l'idea del portale mammaelavoro.it?
Quando non ero ancora mamma e lavoravo intensamente con orari abbastanza "indecenti" non mi rendevo assolutamente conto di come sarebbe stato se avessi avuto una famiglia e dei figli e ammetto senza vergogna che ero piuttosto critica delle colleghe o amiche con figli… Poi sono diventata mamma io stessa e c'è stato un cambiamento forte e una presa di coscienza: "ma questa è una rivoluzione"! Tutto completamente cambiato, il tempo per se stessi, il tempo da dedicare al piccolo, la casa ecc. ecc.  E il lavoro!
Per curiosità un giorno durante il mio periodo di maternità sono andata a vedere cosa c'era sul web che parlasse del tema donne, lavoro e maternità e ho trovato ben poco. Da lì a poco ho pensato di parlarne io stessa ed è nato il sito mammaelavoro.it

A quale pubblico si rivolge e con quale scopo?
Mamma&Lavoro si rivolge alle donne e alle mamme senza alcuna distinzione di età e vuole essere un contenitore dove si trovano risposte utili in merito alla maternità, al lavoro, alla gestione dei bimbi e alla formazione. La formazione online per esempio è quella che più adatta alla Mamma che spesso fa fatica a trovare tempo per partecipare a corsi di formazione fuori casa. Si possono trovare anche spunti, idee raccontate da altre donne che hanno deciso di partire con un progetto imprenditoriale piccolo o grande…insomma, si trovano tante informazioni che ci auguriamo siano utili per le nostre lettrici.

In che modo la rete può aiutare le mamme a sviluppare una propria carriera?
La mamma moderna è un'utilizzatrice molto attenta di tutto quel che gira sulla rete e ha capito che internet può essere uno strumento molto utile e importante per fare rete e/o per lanciare un'idea di impresa. Ormai è molto chiaro: il web è il supporto più importante per amplificare qualsiasi cosa. Tante le donne che dopo l'esperienza della maternità ha scelto di provarci e alcune hanno raggiunto un grande risultato.
Molte donne ci raccontano la loro scelta e la loro esperienza ed è sempre affascinante ascoltare come hanno realizzato "il sogno nel cassetto", grazie a un po' di coraggio, molta tenacia e il supporto di internet.

Quali gli ostacoli maggiori che una mamma deve affrontare nel conciliare questi due mondi?
Molto spesso una mamma si ritrova davanti a un bivio quando finisce il periodo di congedo di maternità: famiglia/figli o lavoro ?
E questo getta molto spesso nello sconforto perché spesso non si vorrebbe essere costrette a scegliere. In Italia purtroppo i servizi a sostegno della famiglia e della maternità sono sempre meno e quelli che ci sono sono privati e hanno costi elevati. Sarebbe bello avere un sistema simile a quello della Francia o del Nord Europa ma non è così.
A questo aggiungiamo il fatto che il mondo del lavoro in Italia non è proprio mamma-friendly e ci si ritrova a dover fare orari impossibili (anche quando non serve!), a non poter ottenere orari di lavoro più flessibili (approccio  diffuso all'estero) o ancora meglio poter lavorare, quando possibile, da remoto. Ci vorrà ancora molto tempo per cambiare questa cultura, temo.

Che cosa serve o quali  leggi ad una giovane mamma per trovare la sua dimensione nel mondo del lavoro?
Innanzitutto vorrei non sentir più parlare di dimissioni in bianco ("privilegio" delle donne che in questo modo possono essere lasciate a casa facilmente), piuttosto che sgravi fiscali per quelle aziende che assumono lavoratrici e  a favore della conciliazione famiglia-lavoro attraverso un piano di sviluppo dei servizi all’infanzia (asili nido, bonus bebè, voucher per baby sitter e badanti) e agevolazioni per tutte quelle aziende che introdurranno il “welfare aziendale” che spesso aiuta enormemente le donne che si ritrovano a fare acrobazie per tenere a bada tutte le loro responsabilità tra bimbi, casa e lavoro.

Come promuovete il vostro portale? in che modo utilizzate i social media per aiutare voi e le vostre lettrici?
Devo ammettere che sono abbastanza amica del web quindi mi piace scoprire sempre la novità quando si parla di social media.
Mammaelavoro.it è presente anche su Linkedin, su Twitter, Youtube  e Facebook…..attivamente! 

Fate uso di molti video: come mai questa scelta? tecnicamente come fate a realizzare così tanti video?
Il video sta diventando uno dei media più utilizzati anche da chi naviga su internet e si informa. E questo sappiamo diventerà sempre più diffuso come strumento di comunicazione online. Youtube ne è un esempio. Abbiamo quindi scelto di portare anche i video sul sito e sul canale youtube. 


Il vostro portale è davvero ricco: rubriche per la famiglia, per la pedagogia, per i consigli spiccioli, per la formazione, per aiutare a trovare lavoro. Avete un osservatorio ampio sulla realtà italiana: come appare dal vostro punto di vista la famiglia oggi? di che cosa ha paura? che cosa vorrebbe?
Quel che vedo spesso la coppia oggi ha paura di diventare famiglia…proprio perché non ci sono certezze, precariato e servizi sociali che non aiutano le coppie a prendere più serenamente la decisione di avere 1 o più figli. Questo è un grande limite e un fallimento per la nostra società…
Molti giovani si appoggiano alle famiglie di origine per poter affrontare spese o cercare di portare avanti un progetto di vita che prevede anche l'avere dei figli.

Che cosa è il… Piano C?
Il Piano A è rientrare al lavoro dopo la maternità e accettare di rientrare in una modalità di lavoro che non tiene conto delle necessità del singolo, il Piano B è scegliere la famiglia e lasciare il lavoro per riuscire a tenere in piedi tutto…. il Piano C è il primo spazio di coworking pensato per le donne (e aperto anche ai papà con al seguito i bimbi), prima esperienza in Italia di spazio di lavoro nato per “cambiare il lavoro”. Piano C è la possibilità per le donne con bambini (libere professioniste e non) di avere a disposizione un luogo dove poter lavorare, avere la possibilità di incontrare altre professioniste e stabilire delle sinergie (perché no…), rompere l'isolamento del lavoro da casa e, grande plus, poter portare il proprio figlio che verrà accolto da educatrici professionali all'interno dell'area Cobaby. 
www.piano.it


mercoledì 15 maggio 2013

Spazio alla ricerca: le scuole single sex aiutano i ragazzi e le ragazze ad entrare all'università?




Abbiamo trovato in rete questa interessante ricerca "Effetti causali delle scuole single-sex on universitari esami di ammissione e partecipazione del college: assegnazione casuale a Seoul scuole superiori." Ricerca effettuata da Park, H., Behrman, J., & Choi, J. nel 2012 (Estratto da: http://repository.upenn.edu/psc_working_papers/15)

Questa ricerca era dunque volta a valutare gli effetti che hanno le scuole single-sex sul punteggio di entrata all'università e sulla percentuale di iscrizione all'università.

La ricerca premette che a Seul gli studenti vengono assegnati in modo casuale nelle scuole superiori single sex  e in quelle miste. Questo è stato un vantaggio per i ricercatori perché le variabili che possono interferire con le ricerche, come background socio-economico e rendimento scolastico precedente dello studente, sono state tenute sotto controllo, " il che aumenta la credibilità delle stime di effetti causali per la valutazione delle scuole single-sex" (Park, Behrman e Choi, 2012, p. 1).




Le scuole single-sex a Seoul "sono prevalentemente private: circa l'80% delle scuole per soli maschi e per sole femmine, sono private, mentre solo il 30% delle scuole miste sono private. Anche le scuole private sono soggette alla assegnazione casuale degli studenti. Pertanto, non vi è alcuna differenza significativa nel contesto socio-economico degli studenti tra gli studenti che frequentano le scuole pubbliche e private "(p. 9).Gli studenti di scuole superiori possono fare richiesta di entrare sia alle università che prevedono due soli anni di corso che a quelle da quattro anni. Per entrambi i tipi di scuola, "i due elementi importanti per l'ammissione sono i punteggi per l'esame nazionale di ammissione all'università, College Scholastic Ability Test  (CSAT), e ai punteggi scolastici" (p. 11).

I ricercatori hanno analizzato i punteggi del CSAT di ragazzi Coreani e Inglesi ottenuti da parte degli studenti di Seoul che hanno effettuato il test nel 2009. 

Park, Behrman e Choi (2012) hanno notato che per "le studentesse dell'ultimo anno delle scuole superiori che frequentano scuole per solo ragazze mostrano punteggi medi significativamente più elevati rispetto alle loro coetanee che frequentano le scuole miste."(p. 19).

Nel complesso, questa analisi ha rilevato che "le scuole single-sex influenzano positivamente sia i punteggi dell'esame di ammissione all'università sia la presenza e l'iscrizione all'università da parte di ragazzi e ragazze" (p. 23). I ricercatori hanno concluso che "gli effetti positivi di scuole single-sex rimangono sostanziali, anche dopo aver tenuto conto di diverse variabili scuola di livello come la qualità degli insegnanti, il rapporto studenti-insegnanti, la percentuale di studenti che ricevono un sostegno per il pranzo, e se le scuole sono pubblico o privato "(p. 1)."


lunedì 13 maggio 2013

Partire dal cinema e finire a parlare di scuola? Si può!




Partire dal cinema e finire a parlare di scuola? Si può! Leggete questo articolo e capirete come è facile il collegamento.

Un articolo profondo che spiega come mai non si va più al cinema.
Ma non parla solo di crisi, che ormai sembra (e forse è) la soluzione a tutti questi cambi di cultura che stanno avvenendo negli ultimi anni. La causa, secondo Luigino Bruni autore, è anche attribuita al mancato senso del bello, dell'arte e del piacere di qualcosa di bello da fruire ed esperire per il semplice desiderio. Tutto deve essere riconducibile al sociale, senza gli altri non riusciamo a vedere le cose belle che la vita e il mondo ci offrono.

Forse inizieremo anche a pensare che andare al cinema da soli non è poi così male!

Buona lettura


Ci serve tutto un altro film
Impressiona vedere quante sale cinemato­grafiche stanno chiudendo in questi tem­pi di crisi. La chiusura di un cinema non è so­lo la fine di un’impresa. Il cinema è anche l’i­cona di un uso relazionale del tempo, che og­gi trova sempre meno posto in una società dove il consumo sta sempre più assumendo le sembianze dell’individuo solo e solitario. È la legge di mercato, si dirà. Di un certo mer­cato anonimo, occorre aggiungere, che riem­pie con le sue merci quelle solitudini che in larga misura esso stesso crea.

Non occorre scomodare economisti e socio­logi per capire che c’è una differenza radica­le tra l’esperienza che fa chi vede un film al ci­nema e chi vede lo stesso film a casa, soprat­tutto se il primo è visto con amici e il secon­do da soli, magari al pc. Quando si esce per andare al cinema insieme ad amici, ci si pre­para, si investe tempo nella scelta che è frut­to di dialogo con gli altri, un dialogo che por­ta spesso a vedere film che non avremmo mai visto se avessimo seguito solo i nostri gusti personali (ho scoperto film splendidi per far contento un amico). Si parla prima, durante e soprattutto dopo il film, un film che da sem­plice prodotto si trasforma così in un incon­tro, dove alla 'merce' si aggiungono altri be­ni, tra i quali, fondamentali, sono quei beni re­lazionali che produciamo e consumiamo in­sieme. Succede anche che si torni al cinema per rivedere lo stesso film con altri amici, per­ché ci piace vedere se il nostro amico si com­muove proprio in quei passaggi nei quali mi sono emozionato (e mi ri-emoziono) anche io. La mutua «corrispondenza di sentimenti» (essere consapevoli che si sta provando in­sieme la stessa emozione), diceva Adam Smith due secoli e mezzo fa, è una delle principali fonti di felicità. Questo intreccio di beni­emozioni- rapporti generalmente non acca­de, o accade in maniera più impoverita, nel consumo individuale di home-video, per non parlare della visione di capolavori in tv. Tut­ti sappiamo che 'la visione di Amarcord al ci­nema' e 'la visione di Amarcord al pc' sono due cose, due beni molto diversi – peccato che ci vengono presentati, e venduti, come identici.

E qui si apre una riflessione molto più gene­rale. Fino a tempi recenti, per poter 'consu­mare' alcuni beni (arte, cultura, festa, musi­ca, religioni, sport, politica, gioco, scuola, cu­ra, e molto altro) dovevo necessariamente sta­re insieme agli altri. A quei beni erano indis­solubilmente legati anche i beni relazionali. La musica si ascoltava in concerti o in sale da ballo, lo sport nei campi e nelle palestre, e si andava al cinematografo assieme. L’inven­zione del mercato consente oggi, e sempre più, di separare in molti beni la componente relazionale da quella più propriamente indi­viduale. Posso ascoltare da solo musica con l’i-Pod, e poi, quando e se voglio, uscire con gli amici. Posso correre da solo (con l’iPod), in­crociando nei parchi molti altri corridori so­litari senza incontrarne nessuno, e poi, se e quando voglio, coltivare le mie amicizie. Lo stesso accade con i film, con la politica (si è passati dai comizi in piazza a monologhi sul divano con politici televisivi), e ormai con l’u­niversità (stiamo già cominciando a 'com­prare' esami e titoli online senza il bisogno di incontrare nessuno), in una progressiva se­parazione delle merci dai rapporti umani. So­stituiamo il rapporto 'io-tu' (tramite le mer­ci), con il rapporto 'io-merce' e 'tu-merce', rimandando il 'noi' a un secondo, futuro, momento.

E’ questo l’umanesimo del mercato capitali­stico (non di tutto il mercato), dell’individuo, della libertà di scelta. Anche questi sono va­lori dell’Occidente e delle sue radici cristiane, che hanno svolto una funzione decisiva nel­la liberazione degli individui da molti, troppi, rapporti non scelti, da 'balli' con le persone sbagliate e non amate. Ma gli studi sul be­nessere delle persone ci dicono però delle co­se che è bene tener presente per valutare be­ne i benefici del mercato insieme ai suoi co­sti, e magari cercare di riformarlo. L’offerta di molti beni depurati e sterilizzati dai rapporti personali negli ultimi decenni sta vedendo u­na accelerazione impressionante. La concor­renza di mercato, unita al progresso tecnico, abbassa i costi dei beni, i costi monetari ma soprattutto i costi in termini di tempo.

Costa così sempre meno tempo vedere un film a casa: non devo neanche uscire, neanche alzarmi dal letto. Invece – e qui sta il punto – uscire di casa per andare al cinema, o a fare sport con gli amici, costa più o meno come cento anni fa, per non parlare del 'costo' dell’investimento (di tempo, risorse, a­more…) in una amicizia o in una famiglia, che costa, più o me­no, come mille anni fa. Inoltre il tempo e le risorse investite in un’a­micizia è rischioso, può ferirci quando manca reciprocità. Da u­na semplicissima legge economica sappiamo che quando il prez­zo di un bene (merce) scende molto e il costo dell’altro (beni re­lazionali) resta costante, è come se il secondo costasse molto di più. In altre parole, un mercato che, per aumentare le mie libertà, mi separa le merci dai rapporti, in realtà mi sta anche rendendo molto costosi i beni relazionali. «L’altro giorno – mi ha racconta­to un mio collega – avevo chiesto a papà di andare insieme al con­certo del coro di mia moglie. Suono il citofono, e lui mi dice che aveva cambiato idea. Lo capivo, pioveva, vestirsi, uscire, era mol­to più 'costoso' che stare sul divano di fronte ad un film». E poi ha aggiunto: «La mattina dopo si sarà pentito». Che fare allora? Possiamo fare poco, ma qualcosa sì. Innanzitutto con la tassazione dei beni, che ha anche lo scopo di favorire i beni socialmente me­ritori (e oggi i beni relazionali lo sono, in un mondo di crisi di le­gami e quindi di felicità). Ma anche con l’educazione.

Un primo passo potrebbe essere inserire nelle scuole l’educazio­ne al consumo e al rapporto con i beni, insegnando a distingue­re tra il consumo di merci che sono merci e basta, dai beni rela­zionali che sono anche un investimento in vita buona. E poi met­tiamo la tecnologia al servizio dei rapporti. Penso a quei circoli culturali, a quelle parrocchie, dove oggi con una spesa molto con­tenuta possono acquistare un proiettore video di qualità e ricreare nuovi 'cinematografi'. E così possono ricreare la magia del cine­ma, la gioia dei rapporti, delle comunità che oggi si stanno trop­po impoverendo, impoverendoci tutti.


Luigino Bruni