lunedì 20 ottobre 2014

Social network, in arrivo anche in Italia l’educazione digitale

di Valentina Santarpia, da corriere.it


Portare Facebook e Twitter a scuola significa avere una classe di ragazzi e ragazze distratti dai propri smartphone? Niente affatto, perché social network non va confuso con socializzazione, e esistono almeno dodici modi giusti che i docenti possono adottare per usare in maniera proficua le piattaforme digitali in classe. 
E’ questa la tesi sostenuta su Edutopia, un sito Usa dedicato all’educazione, da Vicky Davis, un’insegnante americana esperta di nuove tecnologie. Il decalogo della Davis, tra il serio e il faceto, stimola i docenti a «ricordare che siamo nel 21° secolo» e che è inutile continuare a predicare che è necessario aiutare i bambini a superare il gap digitale, se poi gli insegnanti non sono i primi ad essere disposti a comunicare online. «I social media sono qui, sono solo un’altra risorsa e non una distrazione dalle materie di insegnamento», spiega la curatrice dell’articolo, snocciolando consigli. Qualche esempio? «Twitta o posta degli interventi a nome della classe», oppure «Usa i social network per connetterti alle altre classi», o ancora «Crea un account twitter per un progetto speciale», o «Usa Youtube per pubblicare una presentazione o un’esibizione dei tuoi studenti». Tutti esempi validi per la scuola statunitense, che è all’avanguardia nell’uso del digitale. 
Ma in Italia, a che punto siamo? Secondo il decimo rapporto Censis/Ucsi sulla comunicazione, il 90,3% dei giovani a partire dai 14 anni utilizza Facebook e il 54,8% possiede uno smartphone. Eppure, da uno studio realizzato dalla rete dell’istruzione europea, Eurydice, l’Italia è uno dei pochi Paesi che non ha previsto alcuna forma di insegnamento relativo all’educazione digitale a livello di scuola primaria e secondaria.

Un gap che potrebbe essere risolto a breve: è stata appena depositata una proposta di legge che punta proprio a introdurre nelle nostre scuole «l’insegnamento di educazione e cittadinanza digitale», con tanto di individuazione di un «docente educatore digitale» individuato nell’ambito del collegio dei docenti, che collabori con tutti gli altri insegnanti a realizzare progetti digitali nell’ambito delle proprie materie. Una sorta di tutor, che stimola gli altri docenti meno preparati o motivati nel settore informatico a usare gli strumenti tecnologici moderni per arricchire e integrare i propri insegnamenti, rendendoli più adeguati al mondo moderno.

La legge dovrebbe servire a dare un approccio digitale nazionale ad un Paese come il nostro che invece, sul digitale, viaggia «a due velocità», come spiega Caterina Policaro, insegnante in un istituto tecnico agricolo di Potenza ma soprattutto formatrice di docenti sul fronte digitale e attivissima blogger. «Ci sono scuole attrezzatissime, che usano Facebook, molto meno Twitter, per affiancare i siti istituzionali e presentare le iniziative della scuola, per fare orientamento, per condividere le esperienze. Poi ci sono le scuole dove, grazie a docenti illuminati, si usano social network chiusi, come Edmodo, oppure Moodle, per fare esperienza didattica: in questo caso si riesce a diversificare la lezione usano il social come piattaforma virtuale dove insegnanti e studenti lavorano insieme a progetti e si scambiano in tempo reale pareri e informazioni. Ma poi ci sono anche le scuole assolutamente legate alla burocrazia, ai vecchi modelli tradizionali, dove il digitale è visto come un mondo lontano e complesso». La solita Italia spaccata in due, insomma, dove però stavolta non è la linea geografica a segnare il confine, ma la volontà e la preparazione culturale dei presidi e dei docenti.

«Negli ultimi due anni la situazione sta migliorando, grazie anche alle novità introdotte sulla possibilità di adottare i libri digitali, ma soprattutto perché i social network stanno diventando parte della vita di tutti noi: gli insegnanti finalmente stanno passando dal punto di vista dell’osservatore- di abitudini giovanili- a quello dell’utilizzatore- di uno strumento che può aiutare la condivisione col resto del mondo». Certo, quando un prof vede arrivare sulla propria pagina Facebook la richiesta di amicizia di uno studente o una studentessa, può trovarsi in imbarazzo: «Non è questione di vietare o non vietare relazioni di amicizia su Facebook tra docenti e alunni- spiega Policaro- E’ questione di capire come dovrebbero rapportarsi i docenti in una relazione in primis sociale, poi didattica, che include, a qualunque livello, anche i social network e quindi l’interazione online attraverso mail, chat, social network ecc. Io sono dell’idea che un docente debba operare sempre secondo ben precisi standard comportamentali e presentarsi quindi sempre all’esterno come professionista dell’educazione e quindi modello per i ragazzi. Aggiungo: ed essere sempre se stesso. In classe, come online».

Quando comincia l’uso dei social network a scuola? 
L’utilizzo più massiccio riguarda le scuole superiori: anche se a volte si comincia un po’ prima dei tredici anni, mentendo sull’età, sono i ragazzi tra i 13 e i 18 anni i maggiori utilizzatori, e quindi le scuole superiori quelle dove si svolgono gli esperimenti più interessanti e avanzati.


Di fronte a tanta vitalità, però, ci sono ancora tantissimi punti deboli: «I social potrebbero essere usati molto meglio- spiega Elena Pacetti, ricercatrice in Didattica e Pedagogia speciale del Dipartimento di Scienze dell’Educazione Università di Bologna- Negli altri Paesi ci sono molte altre esperienze, abbiamo ancora tanti margini di miglioramento per mettere in comune le nostre conoscenze e uscire dalla logica della scuola tradizionale. I nodi critici? L’alfabetizzazione degli insegnanti, che dovrebbero essere istruiti per capire limiti e potenzialità dei mezzi. E poi il fattore tempo, che spesso frena il cambiamento: come ho scritto in diverse ricerche, per poter far crescere l’uso dei social a scuola, i docenti devono dedicarvi tempo, non possono liquidarli sostenendo che non fa parte dei loro compiti. Al giorno d’oggi, i ragazzi sono sempre connessi, i social network fanno parte della propria quotidianità, ed essere on line come educatori fa la differenza».

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