lunedì 17 giugno 2013

Qual è l’età giusta per la prima vacanza da soli dei nostri figli?

Quando è opportuno che i figli comincino a sperimentare una vacanza lontani dai loro genitori?
Forse è meglio prima di tutto che siano gli stessi genitori a convincersi che un breve periodo di distacco dai propri figli fa parte integrante della loro formazione. Non ci si misura con il mondo senza cominciare a esplorarlo, prima accompagnati dalle persone più care e poi, pian piano, con qualche breve soggiorno fuori casa, da amici, con la scuola, con gli scout o altre organizzazioni di provata competenza.
Giorni fa, in una scuola hanno organizzato la «notte dei remigini» per festeggiare il passaggio dalla materna all’elementare. I bambini hanno dormito tutti insieme nella scuola, lontani — si fa per dire — dalle loro famiglie. L’eccitazione e la gioia di questa prima notte fuori casa era visibile in tutti i piccoli che attendevano l’evento da giorni. Un bell’inizio di quella che sarà una lunga serie di nottate passate a casa di amici, viaggi in compagnia o da soli, lontani da Itaca ma con Itaca nel cuore.
Non c’è genitore che affiderebbe a sconosciuti o sprovveduti i propri figli, ma una volta che tutte le precauzioni sono state prese, padri e madri dovrebbero essere contenti che i loro figli comincino a soddisfare il loro bisogno di autonomia e di avventura in un ambiente sorvegliato. L’iperprotettività e l’idea che soltanto accanto ai loro genitori i figli stiano al sicuro sono all’origine di tante difficoltà che i bambini provano a staccarsi da casa. I figli non vanno forzati ad andarsene ma preparati fin da piccoli a considerare l’autonomia e l’avventura come preziosi valori che vengono prima sperimentati con i genitori, poi con gli amici e infine anche da soli. Questo non eviterà che piccoli e grandi avvertano la reciproca mancanza, ma quando si è sicuri che la lontananza non significa perdita, la nostalgia delle persone care non ci impedirà di muoverci e di esplorare, certi come siamo che presto ci incontreremo di nuovo.
I genitori attenti, dunque, cureranno la gradualità dei distacchi e noteranno che i tempi e i ritmi di maturazione non sono uguali per tutti i bambini. Eviteranno quindi di spingere prematuramente i piccoli a separarsi «perché tutti alla loro età sanno stare lontani dalla famiglia».
Rispettiamo i tempi dei bambini ma non dimentichiamo di far capire loro che si cresce mettendosi alla prova, e la provvisoria separazione è una delle prove principali. Tutto questo riuscirà più facile se fin dall’inizio avremo esplorato il mondo con loro, intendendo per mondo la nostra strada, il nostro quartiere, un parco, e se avremo giocato con loro. Il gioco, soprattutto all’aria aperta, è il modo migliore e più naturale per allenarsi alla vita, perché prevede distacchi e unioni, sorprese, avventure e movimento.
Se, vivendo accanto a loro fin dall’inizio della vita, saremo riusciti a conoscerci bene reciprocamente, sarà più semplice capire, quando saranno più grandi, se sono pronti per la prima vacanza da soli. Saranno loro stessi a chiederlo e noi avremo maggiori possibilità di concedere il permesso a ragion veduta, perché hanno già fatto con noi un’esperienza guidata di distacco dalla famiglia. Ecco perché è difficile individuare quale sia l’età giusta per la prima prova di viaggio lontano da casa. Alcuni non sono pronti a 15 anni, altri potrebbero provare già a 10 anni, se i genitori sono sufficientemente sicuri della capacità dei figli di non scambiare l’avventura con la temerarietà, di saper pensare con la propria testa, di non seguire pedissequamente le regole del gruppo.
Più di questo, come genitori, non possiamo fare: non elimineremo certo i rischi dalla vita dei nostri figli ma potremo, nei limiti del possibile, minimizzarli. Le alternative, del resto, sono entrambe perniciose: tenerli sotto le nostre ali senza farli crescere o non dare loro né guida né esempio.

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