lunedì 18 febbraio 2013

La guerra tra scuola e famiglia (parte terza di tre)







III Ma che cosa è l’educazione?
Che cosa vuol dire educare oggi, in Italia?
C.S.Lewis ci spiega anche nel medesimo saggio che cosa sia l’educazione e il suo scopo. O per lo meno che cosa sia stato fino a pochi anni fa: “Aristotle says that the aim of education is to make the pupil like and dislike what he ought. When the age for reflective thought comes, the pupil who has been thus trained in 'ordinate affections' or 'just sentiments' will easily find the first principles in Ethics; but to the corrupt man they will never be visible at all and he can make no progress in that science” (Aristotele dice che lo scopo dell’educazione è far comprendere al fanciullo ciò che deve apprezzare e cosa rifiutare. Quanto arriverà l’età della ragione il ragazzo che è stato educato secondo una ordinata comprensione delle cose secondo "un sentimento ordinato" facilmente scoprirà i primi principi dell'etica, ma per l'uomo corrotto questi non saranno mai visibili e non riuscirà mai a progredire in questa scienza)
Educare non è dunque dare sempre ragione, coccolare fino a imbambagire, bomboccionare instupidendo i figli, facendo credere loro che il mondo non solo è sempre bello, ma ruota ogni singolo istante attorno a loro. Che tutto è fatto per essere colto, senza sforzo, senza fatica, senza spine. Del resto l’esatta conseguenza di una cultura –sì, insegnamento degli intellettuali- che ha prodotto slogan di grido come “io esiste” “l’uomo che non deve chiedere mai” “il lusso è tuo diritto” o profumi come “arrogance” ed “egoiste”.
Una educazione che non ha nemmeno il diritto di chiamarsi con questo nome.
Se dunque mettiamo insieme le due cose ci rendiamo conto di quale sia il vero problema del conflitto in atto tra genitori e professori e ne scorgiamo anche la vera radice. Vale a dire l’esaltazione dell’io, anzi dell’ego. Da un lato il genitori che si arroga di sapere, solo lui, il meglio per i propri figli che non devono essere turbati: gli chiedi di spegnere il cellulare e ascoltarti mentre parli? Sei un dittatore!



Dall’altro quello dell’insegnante che ha studiato per raccontare la sua favoletta sempre allo stesso modo (un problema ricorrente: ricordate la canzone di Venditti?) che vede prevaricato dall’adolescente, o addirittura dal bambino, il proprio ruolo e ha sempre più paura di esercitare una autorità che nessuno sembra più riconoscergli.E quindi sclera.
Tragica l’epoca in cui, con la pretesa di avere distrutto la gabbia delle leggi della morale, vede sempre più spesso la necessità di risolvere i conflitti non con il buon senso, ma con il codice civile quando non addirittura penale!
Ma torniamo al punto: per riscoprire non dico la sintonia, ma addirittura la sinergia, famiglia e scuola devono accordarsi sul senso dell’educazione e sui ruoli che tocca ad ognuno di loro, per raggiungere il medesimo scopo. Capire che insieme possono fare il bene del figlio. Spostare l’attenzione dal loro interesse a quello del ragazzo.  
E devono ricordarsi, soprattutto i genitori, che educare non significa dire sempre di sì e spianare tutte le strade. Semmai esattamente il contrario: preparare i figli per il cammino. Il che comporta rimproverare, pretendere, castigare. E se a farlo sono i professori ben venga il loro prezioso aiuto.
Ecco perché ci sono le scuole Faes.

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