domenica 13 gennaio 2013

Intervista a Gini Dupasquier (seconda parte)

Riprendiamo la chiacchierata con Gini Dupasquier, iniziata mercoledì 9 gennaio. La trovate cliccando qui.

Come promemoria ricordiamo che Gini Dupasquier è la fondatrice di DONNALAB, società di consulenza specializzata nell’inclusione e sviluppo delle donne nelle aziende. 
Nata a Milano, si è laureata in Economia Aziendale presso l'Università Bocconi. Ama viaggiare, i gatti, i cavalli e ha due figlie piccole. Prima di dedicare le sue energie a promuovere il valore del “gender balance", Gini ha lavorato in Accenture e IMS Health dove ha maturato la propria esperienza di consulenza e ricerca di mercato. Dal 2012 è nel Board di PWA - Professional Women Association of Milan con il ruolo di Professional Development Director & Mentoring Program Leader.
La trovate ovviamente anche su Twitter.

Ci interessa molto sapere come Gini agisce dato che si impegna per assicurare a tutte le donne una equa e corretta opportunità nel mondo del lavoro. Lungi dal pretendere quote di qualsiasi colore, cerca di ottenere un cambio di mentalità che permetta alle donne di non dover scegliere tra professione e vocazione, ma di favorire un ambiente professionale che valorizzi la genialità femminile senza che questo comporti la necessità di fare scelte di vita radicali. O viceversa. 

Nella prima parte di questa intervista ci ha raccontato quella parte della sua storia che l'ha spinta a dare vita a Donnalab e a impegnarsi per il work-familylife balance. Proseguiamo dunque la chiacchierata con lei.






Che caratteristiche ha una azienda "women best friend"? Ce ne sono in Italia? e nel mondo? 
Le stiamo cercando!
Un’azienda women-friendly dovrebbe essere:
realmente meritocratica 
- con un’organizzazione del lavoro flessibile in termini spazio-temporali 
con possibilità di carriera non lineari 
con servizi di supporto alla genitorialità 
capace di gestire i periodi di maternità e paternità in modo strutturato e razionale
Aziende che si sono avvicinate con successo a questi temi in Italia sono, ad esempio, Luxottica, Nestlé, Microsoft.


Nuria Chinchilla, professoressa dello IESE di Barcellona, recentemente intervenuta a Milano nell'ambito del congresso svoltosi in occasione del VII Incontro Mondiale delle Famiglie, insieme a numerosi studi sul work-family life balance, ha promosso un concorso per individuare l'azienda europea che facilita maggiormente l'equilibrio tra vita di famiglia e vita professionale.   Pensi che attività come questa siano d'aiuto?
Certamente! Conosco il lavoro della Chinchilla, opinion leader in materia di work life balance, e sono convinta che pubblicizzare le best practices abbia il duplice beneficio di fungere da ispirazione per alcune aziende e da stimolo competitivo per altre.
Oltre alla Chinchilla, trovo estremamente interessante il lavoro di Avivah Wittenberg Cox, l’inventrice della womenomics.

Come esergo al suo libro, che non mi risulta tradotto in italiano dall'orginale spagnolo  L'ambicion feminina, Nuria Chinchilla ha posto questa frase "la donna che vuole assomigliare ad un uomo manca di ambizione": secondo te è vero?
Mi hai strappato un sorriso. Quello che penso però, seriamente, è che la vita delle donne oggi sia realmente molto più complicata di quella di un uomo…

Equilibrare vita professionale e vita di famiglia è davvero possibile? Come? Anche sognando come sarebbe il mondo ideale per permettere questa conciliazione?
Se immaginiamo un mondo ideale, per avere un miglior equilibrio vita-lavoro serve un cambio nella cultura aziendale, più servizi, ma soprattutto è importante affrontare il nodo della condivisione delle responsabilità familiari. Scardinando il concetto che la cura della famiglia sia compito esclusivo della donna. E quindi ben venga qualunque esperimento sul congedo di paternità obbligatorio, un provvedimento simbolico ma di sicuro impatto.

Che cosa gli uomini dovrebbero cambiare assolutamente nel modo di affrontare la questione? Che cosa rimproveri loro?
Molti uomini in realtà non affrontano affatto la questione. Pensano, più o meno in  buona fede, che sotto sotto alle donne non interessi veramente la carriera e che appena potranno si chiameranno fuori per dedicarsi alla  famiglia. Vivono in pratica tutto quello di cui abbiamo parlato fino ad ora come un “non problema”.

E che cosa le donne dovrebbero cambiare assolutamente nel modo di affrontare la questione? Che cosa rimproveri loro?
Le donne devono “crederci” e non iniziare a “rallentare” o porsi limiti nel loro sviluppo di carriera pensando che tanto comunque alla fine verranno fatte fuori: “don’t leave before you leave” diceva Sheryl Sandberg, la COO di Facebook, nel suo famoso TED Talk.


Come può la scuola aiutare le bambine e le ragazze a sviluppare il sano senso di orgoglio per la propria femminilità, intesa come qualità specifiche della donna, e valorizzarle al meglio? E la famiglia? Che cosa dovrebbe fare?
Trovo che sia a scuola che in famiglia bisogna stare attentissimi a non rafforzare gli stereotipi inducendo divisioni e differenze che i bambini piccoli non sentono. Quante volte vediamo genitori che prendono in giro o scoraggiano un bimbo se gioca con le bambole insieme alla sua amica? Oppure rimproverano il bambino pauroso o insicuro dicendogli di non fare la “femminuccia”?
Molti anni sono passati dal libro della Bellotti “Dalla parte delle bambine” e trovo che oggi bisogna stare attenti soprattutto al condizionamento che si esercita sui maschietti ed evitare  che già in età prescolare si gettino le basi per una separazione artificiale.

In che modo la rete può aiutare a costruire la consapevolezza su questa differenza che deve essere il presupposto per pari dignità e valorizzazione delle peculiarità?
La rete è un amplificatrice del dibattito sull’importanza di accrescere la presenza delle donne nel mondo del lavoro di cui io sono, insieme a tanti altri, appassionata partecipante.

Hillary Clinton si batte da tempo per sostenere l'importanza delle scuole single sex come strumento per il rafforzamento dell'indennità femminile e per offrire maggiori opportunità alle ragazze. I risultati negli USA hanno dimostrato che nelle minoranze e nelle zone a rischio questa soluzione ha permesso a molte ragazze di ottenere risultati straordinari e accedere a college prestigiosi: l'intervento della Clinton è stato decisivo in questo. Che cosa ne pensa?
Ho assistito recentemente alla presentazione di una ricerca in Bocconi che discuteva la stessa tesi. Si dimostrava che nelle classi esclusivamente femminili la percentuale di studentesse che sceglie materie scientifiche è molto superiore a quella delle classi miste, e tale differenza sembrerebbe imputabile ad un inconscio condizionamento che le studentesse delle classi miste subiscono verso la scelta di materie più tradizionalmente “femminili”. E’ uno spunto di riflessone interessante, però allo stesso tempo penso che nell’età formativa sia importante imparare a relazionarsi con occhi curiosi e aperti a tutte le diversità. 

Come vedi il futuro del nostro paese da qui a 5 anni sul tema donne e lavoro?
La mia visione a 5 anni del nostro paese è per principio e per mia filosofia di vita positiva!
Siamo in un momento di grande cambiamento, il dibattito e la spinta sull’importanza di valorizzare la presenza delle donne nell’economia è quanto mai attuale.
Quindi ci sono le premesse per realizzare da qui a 5 anni un paese migliore.
Con alcune aree di attenzione:
- Non sprechiamo l’occasione della legge sulle quote di genere. Aziende: utilizzate davvero il criterio meritocratico e scegliete donne nuove e con le competenze giuste. Ce ne sono molte, come dimostrano le liste di nomi eccellenti promosse da diverse associazioni femminili, ad esempio PWA e la lista Ready For Board. Non utilizzate sotterfugi solo per riempire la casella “donne” nominando delle innocue “presta faccia”, datevi una chance per sperimentare un possibile miglioramento della governance dei vostri board.
- Uomini: senza di voi nessun cambiamento è possibile. Se siete padri avete la possibilità di ritagliarvi un ruolo nuovo nella famiglia e forse negli anni vedremo l’impatto positivo di questo modello sulla personalità degli uomini e delle donne di domani.
- Donne: non rinunciate in partenza. C’è bisogno di nuovi role models, noi possiamo esserlo per le nostre figlie o per le giovani donne che entrano nel mondo del lavoro. E voi, donne che siete già al top, sta a voi sostenere e spianare la strada per quelle che verranno.

















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