Social media: la rete può comunicare buoni consigli
Usarla anche per scambiare
informazioni utili per le famiglie
“Ci sono due
modi per reagire ai problemi. Il primo è chiudersi. Il secondo è aprirsi. Quando due anni fa un gruppo
di pescatori gli raccontarono le drammatiche condizioni del Golfo del Messico
per la perdita della petroliera Deepwater Horizon, Cesar Harada si mise a
progettare una barca robot in grado di navigare tra le chiazze come un serpente
portandosi via il petrolio. E lo ha fatto aprendosi:
ha pubblicato il suo piano on-line, ha
chiesto consiglio in rete su
come migliorarlo e, adesso che funziona, il progetto protei è su Internet a disposizione di chiunque voglia replicarlo.
"Dobbiamo condividere le informazioni" ha spiegato Harada, “sostituire la competizione con la
collaborazione”. Questa cosa ha un nome preciso: si chiama open source, e open è la parola magica.
Vuol dire aperto”. (Riccardo Luna, la Repubblica, 15. 07. 12).
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Accade,
nonostante tutte le campagne di privacy che ci siamo sorbiti. Andrea ha sei
anni. Da quando è iniziata la scuola, la
mamma racconta su Facebook la giornata del figlio: la maestra «un po' in
aria» e il «compagno povero», i capricci a mensa e la «bidella burina».
Un’altra mamma ha raccontato nel suo profilo del brutto voto ricevuto dal
figlio. Poi un' amica l' ha invitata a riflettere: «Che diresti se fosse lui a
spiattellare su un sito i fatti tuoi?». Mamme (e papà) che raccontano troppo.
Un po' come da sempre in ufficio, ma con qualche complicazione in più.
E’ vero che la
mamma desidera la condivisione con
il figlio, però non può sacrificare il
senso del pudore del figlio, che è una
difesa naturale della propria intimità.
(fonte: Paolo Casicci, I
segreti dei figli raccontati su facebook,
la Repubblica, 21 ottobre 2012. http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2012/10/21/segreti-dei-figli-raccontati-su-facebook.html?ref=search).
Redazione www.comunicareinfamiglia.it
La fuga non è mai
la soluzione. Si deve stare lì e "bonificare" con pazienza, fermezza
e senso di giustizia
Una lettrice di Io
Donna (12.05.12) scrive:
“Dopo un po' che stavo in rete mi sono tolta da tutti i social network. C'è
troppo odio, troppa cattiveria, troppi insulti gratuiti, troppa
irresponsabilità. Uno va lì e crede di poter dire quello che vuole. Facevo il
pieno di cattiveria tutti i giorni, e mi avvelenava. A un certo punto non ce
l'ho fatta più...”
Lo so, lo so – risponde Marina Terragni - . Si
tratta di cyberstalking, fenomeno conosciuto benissimo da noi blogger donne. Ma
io non credo che si debba scappare. La fuga non è mai la soluzione. Si deve
stare lì e "bonificare" con pazienza, fermezza e senso di giustizia.
Chiamiamola autodifesa non-violent.
Bonificare, rendere buono
o meno pericoloso un terreno insidioso. In situazioni che “avvelenano” una soluzione è quella di scappare:
prudente, se rischio di essere contaminato. In questo modo però il veleno
dilaga, non ha chi lo fermi. Se sono abbastanza immunizzato posso provare a
mettere parole commestibili e nutrienti in mezzo alle parole tossiche scagliate
da altri. Vale per il cyberspazio, ma anche per molte altre situazioni della
vita in cui incontriamo altre persone che non sempre sono guidate da intenzioni
buone.
Internet in
famiglia: i rischi e le precauzioni
Un’indagine europea ha
fotografato il rapporto con Internet di oltre 25 mila ragazzi
“Antonio
Brighenti ha 49 anni e due figli adolescenti: «La raccomandazione che faccio
loro più di frequente quando escono di casa? Casco in testa e se fate tardi
telefonate». Scusi, e quanto a Internet? «Beh, cosa devo raccomandare?
Di non starci troppo, forse».
La strada
virtuale fa meno paura di quella reale.
Almeno ai genitori italiani. Illusi, analfabeti digitali o solo meno apprensivi
rispetto agli altri europei?. Otto genitori italiani su
dieci lo hanno dichiarato ai ricercatori del progetto Eu Kids Online: «È altamente improbabile che mio figlio
possa imbattersi in una situazione spiacevole su Internet». (Alessandra
Mangiarotti, La 27a ora).
L’indagine, finanziata dall’Unione
europea e coordinata dalla London School of Economics and Political Science, ha
fotografato il rapporto con Internet di oltre 25 mila ragazzi tra i 9 e i
16 anni (e loro genitori) di 25 Paesi europei. Ne viene fuori un ritratto con abitudini e rischi: dalla pornografia
al bullismo, dal sexting (l’invio di messaggi a sfondo sessuale) agli incontri
con persone conosciute online.
L'uso di Internet è profondamente radicato nelle abitudini dei ragazzi. Il 93% va online almeno una volta
alla settimana, in Italia il 60% dei
ragazzi usa Internet tutti giorni o quasi. I bambini cominciano a usare
Internet sempre prima, tra i sette e i 10 anni.
Continua a leggere l'articolo qui.
Marco Manica
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