di Michael Dall’Agnello
La scuola propone spesso ai nostri figli corsi di educazione
sessuale, e noi, come genitori, ci domandiamo se sia giusto e chi lo debba
fare? Lo psicologo? Il sessuologo? E ci troviamo disorientati di fronte a certa
invadenza auto referenziata.
Che fare? Prima di tutto non confondere i termini. Se
sappiamo cos’è l’educazione, attività che coinvolge tutta la persona, anima e corpo,
non ci può essere vera educazione se non in sintonia con i genitori.
I primi educatori sono i genitori, sono loro che
devono educare all’amore che è ciò che dà significato al sesso e, in secondo
luogo, molto in secondo luogo, la scuola.
Senza pretese di completezza, propongo un decalogo
sull’educazione all’amore.
1. Testimoniare l’amore, amando il coniuge. E’ lo
sguardo limpido, da innamorato -sì da innamorato! Si può essere innamorati per
tutta la vita della stessa persona-, che rivolgo a mia moglie, a mio marito,
che educa mio figlio all’amore, prima ancora delle spiegazioni e delle
raccomandazioni che posso fargli sull’amore.
2. Sapere che non esiste amore se non un “amore
esigente” che sa rinunciare, perché ha scelto un bene maggiore.
3. Amare è un “verbo”, che deve essere coniugato tutti
i giorni, come il respiro, non posso smettere, devo volerlo ogni giorno.
4. Questo amore deve essere alimentato costantemente,
come si alimenta il fuoco, con ceppi sempre nuovi e non con paglia, e il
combustibile è la fatica che faccio per “conoscerti” al di là del “mi piace” o
“non mi piace”, lì dove sei unico (unica) e irripetibile, perché lì ritrovo ciò
che a me manca.
5. Avere l’umiltà di accettare che per amare devo vivere
la castità, cioè avere gli occhi e il cuore limpidi. E, se a volte sbaglio, non
confondo l’amore col possesso, ma so chiedere scusa al coniuge e a Dio, e
ricomincio.
6. Educare i figli fin da piccoli alle virtù, che sono
la strada che conduce all’amore: la modestia nel vestire (che non deve essere
sciatteria, ma un modo per dire: “Anche
se non appaio valgo lo stesso!”), la sobrietà nell’uso delle cose (l’utilizzo
dei cellulari ne è l’esempio negativo più eclatante), la morigeratezza nel cibo
e nell’impiego dei mezzi di comunicazione… Tutto questo li aiuta a fortificare
la volontà e a saper dire di “no”. Altrimenti come possiamo sperare che, una
volta cresciuti, sappiano rinunciare a qualcosa per “qualcuno”?
7. Educare alla speranza. A due anziani signori è
stata posta questa domanda: “Come avete
fatto rimanere assieme per 65 anni?” La loro risposta è stata: “Ai nostri tempi le cose si aggiustavano e
non si buttavano!”. C’è sempre tempo per ricominciare; nulla è
irreparabile, a meno che non lo vogliamo; oggi invece si getta via tutto ciò
che non funziona, sentimenti compresi.
8. Educare all’amicizia, che è l’anticamera dell’amore.
“Gli uomini non hanno più tempo per conoscere
nulla -disse la volpe al piccolo principe-. Comprano dai mercanti le cose già fatte. Ma siccome non esistono
mercanti di amici, gli uomini non hanno più amici”. E’ con l’amicizia che si educa a capire
che l’amore non si compra… nonostante le incomprensioni e gli screzi.
9. Educhiamo i nostri figli a scegliere, a porli di
fronte a delle scelte, e ad essere responsabili delle loro scelte,
assumendosene le conseguenze, perché non esiste amore senza responsabilità: “Tu sei responsabile per sempre della cose
che hai addomesticato –dice la volpe al piccolo principe-. Tu sei responsabile della tua rosa!”.
10. Insegniamo a saper attendere, a non voler tutto
subito. L’attesa è l’apprendistato dell’amore, perché è la forgia che purifica
i sentimenti, bruciando le scorie delle suggestioni passeggere.
Non dimentichiamo infine che
educare, deriva da “ex-ducere”, cioè tirar fuori… il meglio, che c’è in ogni
persona; il suo negativo è sedurre, che deriva da “se-ducere”, cioè attirare a
sé, dalla propria parte; oggi, spesso per paura, si educa poco e si seduce
molto, con il risultato di ingannare e ingannarci.
Buon lavoro, allora!
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