Si fa un gran parlare (giustamente) dell'“emergenza educativa” e del ruolo centrale ed insostituibile nell’educazione dei figli da parte dei genitori.
Cosa significa una scuola a misura di famiglia ?
Vuol dire una scuola che ponga, con la dottrina sociale della Chiesa, al centro la verità e la tutela della persona ed il ruolo inalienabile della famiglia quale primario e necessario corpo intermedio.
Con questa analisi, suffragata da numerosi studi scientifici, si vogliono sottolineare i vantaggi di una formazione differenziata e le peculiarità di un’educazione personalizzata, come la potrebbe offrire, ad esempio, una scuola single-sex. In questo senso bisognerebbe confrontare in modo serio e rigoroso i risultati ottenuti dagli allievi di scuole miste (maschi e femmine) e quelli di scuole differenziate o single-sex (soli maschi o sole femmine).
Per fare questo basilare e onesto confronto occorrerebbe sbarazzarsi in fretta di quel corrosivo abito ideologico che ha permesso, attraverso la rivoluzione sessuale e dei costumi del 1968, la diffusione generalizzata e scientificamente poco riflessiva delle scuole miste.
Nella realtà, la cosiddetta emancipazione della donna e l’allargamento delle “pari opportunità”, auspicato anche attraverso la coeducazione, non ha prodotto buoni risultati, in quanto le aspettative per coltivare le specifiche differenze maschili e femminili sono state disattese proprio (riferendosi alla scuola) all’interno delle scuole miste. Si è coltivata l’idea che la scuola mista potesse essere l’unico modello educativo valido; non si è valutato, in libertà e verità, come la scuola differenziata potesse costituire una autentica risorsa per il bene comune della società e della istituzione familiare.
Non solo, si è voluto imporre un modello di scuola illiberale proprio perché non si è accolto in pienezza il pluralismo benefico dei modelli educativi. Non si ha nulla, di per sé, contro le scuole miste; si vorrebbe solamente produrre uno stimolante confronto con altre iniziative educative per poter dare la possibilità agli alunni e alle famiglie di poter scegliere. Da numerosi studi effettuati in alcuni Stati (Gran Bretagna, Francia, Germania, Australia, Stati Uniti) si evince in modo chiaro quanto qualitativamente migliore sia l’apprendimento nelle scuole omogenee rispetto a quelle miste, tanto da far decidere ad alcune significative Nazioni (ancora Gran Bretagna, Germania, Australia, USA, ma anche Svezia ed Austria) di indicare a modello educativo la scuola differenziata per genere.
In Italia il FAES (Associazione Famiglia e Scuola) è impegnato da molti anni in questa battaglia a favore della libera scelta educativa, in appoggio alle famiglie ed ai ragazzi, avendo scelto di proporre l’educazione omogenea, non senza innumerevoli sforzi, quale modello per la maturazione organica degli allievi. Si potrebbero citare molti altri studi che, da più parti, sostengono in modo convincente la scuola differenziata o omogenea; occorre però ribadire che il punto di partenza sta nel prendere sinceramente atto, contro ogni falso ed ideologico egualitarismo, che uomini e donne sono naturalmente diversi.
Sono diversi fin dalla nascita, con ritmi diversi di apprendimento e di maturazione personale. Sono diversi come sensibilità, come reazione agli stimoli, come modi distinti di percepire e di vivere il reale. Dinanzi alla diversità innata nulla può l’ottusità dei pregiudizi; dinanzi agli studi scientifici che attestano la diversità (nobile) ad esempio dell’intima struttura cerebrale, nulla può lo strepito irrazionale e banale.
Risulta evidente che la sana passione per l’apprendimento è alimentata laddove i contenuti educativi considerino le preferenze naturali e oggettive. Maschi e femmine hanno bisogno di tempi e spazi diversi poiché lo sviluppo naturale, biologico e psichico, avviene in modo diverso.
A nulla valgono le pretestuose considerazioni che avallerebbero le scuole miste quale supporto all’equilibrio emotivo dei ragazzi; al contrario, l’anticipata convivenza coeducativa nella scuola non migliorano affatto le capacità relazionali e l’equilibrio emotivo. Proprio perché viviamo in una società estremamente “erotizzata” è quanto mai opportuna una scuola in cui sia possibile assicurare una formazione differenziata di ragazzi e ragazze.
Le ricerche più evolute hanno verificato che le donne educate in scuole solo femminili sviluppano maggiore autostima, autocontrollo, competenza e sicurezza. La vera uguaglianza richiede quindi una pedagogia oculata e differenziata, una educazione personalizzata dove venga posto al centro, assieme alla famiglia, la persona (sia maschio sia femmina) con le proprie specificità.
Dal punto di vista legislativo, in Italia, la libertà di insegnamento è riconosciuta dall’articolo 30 della Costituzione, ma è risaputo quanti ostacoli (di natura culturale, sociale ed economica) sono frapposti alla libera scelta educativa da parte delle famiglie. Anche per l’educazione differenziata non ci dovrebbero essere limiti al libero esercizio educativo, come recita l’articolo 2 della Convenzione dell’UNESCO, nel quale si cita come non discriminante il mantenimento di centri di educazione che separano gli alunni di sesso maschile da quelli di sesso femminile, sempre nel rispetto dell’uguaglianza di opportunità.
Di fatto le famiglie soffrono anche in merito alla scelta educativa, che, seppur garantita sulla carta, rimane lontana nei fatti. Allo Stato spetterebbe garantire la libera scelta dei genitori (scuola statale e non, scuola mista e scuola omogenea, ecc.), i quali potrebbero e dovrebbero esercitare il proprio improcrastinabile ruolo di principali educatori dei figli.
La centralità della persona, i principii complementari di solidarietà e sussidiarietà riconosciuti e valorizzati dalla Dottrina sociale della Chiesa attengono anche alla libera scelta educativa della scuola ed al coinvolgimento essenziale delle famiglie.
Siamo tutti chiamati a favorire e sviluppare un efficace pluralismo educativo, affinché le famiglie e gli allievi possano esercitare ciò che a loro spetta: un autentico diritto allo sviluppo armonioso delle virtù per concorrere al bene comune, cioè al bene integrale di tutte le persone e di tutta la persona (maschio e femmina).
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